Duel

Tratto dall'antologia Echi dall'ignoto

Faceva caldo la notte in cui Max vinse la finale di Duel.
Nei viali e nelle piazze le falene sbattevano impazzite contro le luci delle insegne al neon, ma nella cameretta di Max le uniche luci erano i led rossi e verdi del casco neurale e dei sensori dei guanti di controllo.
Tutto era pronto: sia il casco che i guanti erano iterfacciati con il sito web.
Mancavano meno di cinque minuti alle dieci.
A quel punto abbassò il visore e premette il pulsante Start con la grazia tesa che può avere solo un ragazzino di sedici anni che sa di poter entrare nell’olimpo del più famoso ologioco di combattimento online per lonly gamer: Duel.
Ci fu un attimo di buio, poi si ritrovò nell’ologramma del terreno di scontro scelto dai
game - master: la cripta di un castello medioevale.
Bene! Conosceva già quell’ambientazione.
Soffitto basso con archi a volta sorretti da colonne e muri di pietra antica illuminati dalla luce gialla di torce appese alle pareti.
Lui a sua volta era già mutato nel suo avatar: Nikiren, il ninja.
Si guardò le braccia e la vista della katana già sguainata e ben stretta tra le mani guantate di nero gli infuse un confortante senso di sicurezza.
Max sentì montare dentro di sé la tensione.
Il duello veniva trasmesso in olovisione dal sito di Duel.
Questo significava che, di li a poco, lui e il suo avversario si sarebbero ritrovati migliaia di invisibili occhi puntati addosso, in particolare quelli di tutti gli altri partecipanti al torneo, oltre ai master del gioco.
Passarono un paio di minuti, che a Max sembrarono eterni, e finalmente apparve l’ologramma del suo avversario, l’altro finalista del torneo: Ronan il guerriero celtico, la testa coperta da un elmo dal quale spuntavano due corna ricurve e una fessura che lasciava intravedere due sinistri occhi blu fosforescenti.
Aveva il torso nudo, muscoloso e la mano destra stretta intorno all’impugnatura della sua falcata makhaira .
Il solo vederlo incuteva timore e rispetto, qualità che gli andavano sicuramente riconosciute, considerando che era riuscito ad arrivare in finale.
Dopo una manciata di secondi la scritta Ready che era comparsa tra i due contendenti sparì, comparvero i numeri analogici dei punti- vita dei duellanti e lo scontro ebbe inizio.

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Max era il classico adolescente che i suoi coetanei generalmente classificano come “un perfetto sfigato”. Il suo corpo sgraziato e la faccia brufolosa lo rendevano repellente per le ragazze, inidoneo per qualunque tipo di sport e perfetto per le canzonature degli altri ragazzini.
A scuola non eccelleva in nessuna materia e il suo carattere timido e introverso non gli facilitava certo le relazioni sociali.
In parole povere era un solitario.
I suoi erano separati e lui viveva con la madre in un trilocale di periferia, lontano da qualunque attrattiva.
Non c’era dunque da stupirsi se gli ologiochi, soprattutto quelli di combattimento, fossero diventati inizialmente la principale forma di divertimento, per poi trasformarsi nella sua maggiore fonte di auto-gratificazione.
Nella violenza e nella competitività di quei giochi Max aveva trovato una valvola di sfogo alle sue frustrazioni adolescenziali, oltre ad un modo per allontanarsi dalla grigia realtà che lo circondava.
Dopo averne provati diversi, aveva scoperto Duel e sin dall’inizio aveva iniziato ad esercitarsi nei duelli simulati con il personaggio che più lo aveva affascinato: Nikiren il ninja.
Piano, piano era riuscito a uscire vittorioso dagli scontri con tutti i quaranta diversi tipi di spadaccini che il sito web offriva, anche con il massimo livello di difficoltà.
A quel punto, superando le incertezze che la sua profonda insicurezza gli procurava, decise di cimentarsi con i duelli online, contro dei veri giocatori.
Dopo alcune sconfitte cominciò a vincere sempre più incontri e iniziò a farsi un nome tra gli altri appassionati tanto che, sempre più spesso, nel suo spazio sulla bacheca di Duel, riceveva richieste di amicizia, consigli sulle tecniche di combattimento, perfino le proposte di incontro da parte di alcune ragazze.
Max non rispondeva quasi mai a queste richieste ma questo inaspettato interessamento per lui, lo galvanizzò a tal punto da fargli vincere anche la sua innata timidezza e a convincerlo ad iscriversi al torneo annuale, ufficiale, organizzato dai curatori del gioco.
Rammentava ancora il suo primo avversario: si trattava di Cedric, un cavaliere medioevale munito di uno spadone a due mani.
Non fu un duello facile.
D'altra parte, tutti gli iscritti alla competizione erano in possesso di un elevato livello di bravura.
Pertanto, quando lo vide a terra, sconfitto, si sentì invadere da un misto di stupore e di euforia.
Mano a mano che le sue vittorie aumentavano sentiva crescerli dentro un senso di sicurezza e di autostima che non aveva mai provato in vita sua.
Ora non si sentiva più uno “sfigato” qualsiasi, il bersaglio preferito delle canzonature dei suoi coetanei.
Adesso era diventato QUALCUNO e poco importava se questo qualcuno era solo il personaggio di un gioco olografico.
Ormai il suo io era diventato un tutt'uno con il suo avatar, allontanando così tutte le delusioni e le amarezze che la vita reale gli aveva riservato finora.
Dopo aver vinto il duello della semifinale, una settimana prima dell’ultimo scontro, si recò al negozio di Fabio per far pulire i sensori dei guanti di movimento, in modo che fossero in perfetta efficienza.
Fabio era un nerd sulla quarantina che gestiva un negozio di riparazioni e vendita di PC, caschi e guanti per ologiochi.
Max era da tempo suo cliente e quando gli chiese se per cortesia poteva effettuare il lavoro il prima possibile, Fabio incuriosito gli chiese il motivo di tanta premura.
Max dapprima fu reticente nel dargli spiegazioni. Poi, però, l'orgoglio di essere uno dei finalisti del torneo lo spinse a raccontargli tutto di Duel e della sfida che lo attendeva di lì a poco.
Fabio, dopo averlo ascoltato, gli rivolse un mezzo sorriso e fece un gesto con la mano come a dire: “Tranquillo. Ci penso io!“.
Sparì per un attimo nel retro del negozio e vi fece ritorno tenendo tra le mani una scatoletta nera, quadrata, di circa dieci centimetri di lato e spessa pochi millimetri. Prima che Max potesse fare domande, Fabio iniziò a spiegargli di cosa si trattava.
- E' un amplificatore del segnale di rete modificato. Li fabbricano in Cina questi apparecchi. In pratica basta che lo colleghi via bluetooth ai guanti e i movimenti del tuo personaggio, trasmessi in rete, acquisteranno una velocità doppia del normale. Per attivarlo è sufficiente che tu chiuda a pugno i guanti di movimento per un paio di secondi.
Improvvisamente il tono di di Fabio si fece serio:
- Attento però! E’ vietato usare questi apparecchi durante i tornei ufficiali. Se dovessi farlo per più di una manciata di secondi, i game - master, che seguono l’incontro, se ne accorgerebbero e verresti immediatamente squalificato. Quindi, se decidi di utilizzarlo, cerca di farlo solo nel caso in cui tu debba cambiare rapidamente le sorti della partita.“
Max guardò il congegno che l’altro gli porgeva e il primo pensiero che gli attraversò la mente non era esattamente edificante: usare quell’aggeggio equivaleva a BARARE.
Poi però la sua insicurezza di adolescente frustrato fece emergere prepotentemente in lui la paura della sconfitta, di perdere quell’unica occasione che la vita gli stava offrendo per dimostrare che anche lui poteva essere un vincente.
Questo bastò a convincerlo.
Prese l'amplificatore, pagò a Fabio il dovuto e lo salutò.

Affondi, parate, fendenti: la finale andava avanti ormai da sette minuti, come recitavano i numerini rossi del timer digitale posto al di sotto del pavimento olografico della cripta.
Il cozzare metallico delle lame l’una contro l’altra era incessante.
Ronan si stava dimostrando un vero osso duro, il miglior combattente che aveva incontrato sino ad ora.
Ancora tre minuti e sarebbe scaduto il tempo concesso al duello poi, se nessuno dei due contendenti avesse sconfitto l’altro, il gioco avrebbe assegnato la vittoria a chi era in possesso del maggior numero di punti-vita.
Max per la tensione sentiva grosse gocce di sudore scorrergli sotto il casco, sulla fronte e lungo le tempie.
A Nikiren restavano soltanto due punti vita, mentre il suo avversario ne aveva ancora otto.
Fu allora che Max prese la decisione che in partenza, quando aveva connesso il congegno comprato da Fabio, non avrebbe mai voluto prendere: fece allontanare Nikiren il più possibile dal suo avversario e chiuse i guanti a pugno per un paio di secondi come gli era stato detto di fare.
Fatto!
La differenza fu subito evidente. La velocità del suo avatar raddoppiò sia nell’eludere i colpi dell’altro che a sferrare gli attacchi.
Crebbe al punto tale che lo stesso Max rimase stupefatto.
Furono sufficienti una manciata di secondi.
Il corpo di Ronan, terminati i punti vita, si accasciò sul pavimento e, in mezzo alla cripta, comparve l’ologramma della scritta: You Win.
Max tirò un sospiro di sollievo, sentì sciogliersi la tensione che lo aveva accompagnato durante tutto il duello, si tolse i guanti e il casco. Si asciugò rapidamente i capelli madidi di sudore, poi accese la webcam del PC-3D.
Come previsto dal regolamento di ogni finale del torneo ufficiale, al termine del duello i due contendenti dovevano mostrarsi l’un l’altro per presentarsi e farsi reciprocamente gli encomi.
Nel riquadro al centro della pagina del sito comparve l’ologramma di un ragazzino dall'espressione seria, biondiccio e grassottello. Dimostrava qualche anno meno di lui ed era seduto su una sedia che, anche se inquadrata solo per metà, a una prima occhiata sembrava avere qualcosa di strano.
Max zumò su quel particolare, osservò meglio l’immagine e capì di cosa si trattava:
era una sedia a rotelle.
Confuso da quella scoperta, se ne uscì con una frase di circostanza:
- Piacere, io sono Max. E’ stato un gran bel duello. Complimenti. Sei davvero bravo.
Nulla!
Dall’altra parte solo silenzio.
Una crepa sottile, come la tela di un ragno, iniziò a formarsi sul muro della sua coscienza.
- Come mai sei su quella sedia? Hai avuto un incidente? Ti sei fatto male a una gamba, per caso?
Adesso nella sua voce era presente una nota di angoscia.
Ma non ottenne nulla. Nessuna risposta.
All’improvviso il ragazzino infilò fulmineamente la mano destra in mezzo alle cosce e quando ricomparve stringeva un lungo e sinistro coltello da cucina.
Prima che Max, resosi ormai conto dell'immane tragedia che stava per compiersi, riuscisse a profferire anche soltanto un: - NO! Ti prego. NON FARLO – il ragazzino repentinamente si squarciò la gola con un unico taglio netto e contemporaneamente.spense la webcam lasciando Max, impietrito dalla raccapricciante follia di quel gesto, a fissare il riquadro nero al centro dello schermo.
Ora la crepa si era allargata e Max iniziò a comprendere quello che aveva fatto.
Fu come se una massa di materia oscura, pesante come cemento, iniziasse a colargli lentamente sulla testa e sulle spalle.
Quel ragazzino senza nome non era un semplice “sfigato” come lui.
Aveva una condanna a vita da scontare e Max gli aveva tolto una delle poche vittorie che probabilmente la sua esistenza gli avrebbe concesso, se lui non avesse barato.
Sul sito web di Duel in tanti lo stavano aspettando: i curatori del gioco, gli altri concorrenti, tutti in attesa di fargli festa, di celebrare il suo trionfo.
Ma lui non riusciva a sentire nulla di quello che si aspettava di provare da una vittoria come quella.
Dentro di sé regnavano solo la vergogna e il rimorso.
Sentì le lacrime che iniziavano a rigargli le guance e il suo corpo iniziò ad essere scosso da singhiozzi irrefrenabili.
Una falena entrò dalla finestra aperta e andò a posarsi sullo schermo ancora acceso del PC, unica testimone della sua disperazione.
No! Non c’era niente da festeggiare.
Proprio niente.

Cristiano Venturelli



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