Paolo Prevedoni - L'intervista

Paolo Prevedoni, classe 1981, è un fan dell’horror di serie B, di Dylan Dog, di Stephen King e dei Nirvana. Vive e lavora in una cittadina della provincia padana. Fuma Chesterfield e non mangia carne.
Informazioni aggiuntive in esclusiva per Scheletri: si è eclissato dai social network, dove ormai scrive solo post relativi alle sue nuove pubblicazioni. Odia fare promozione ai suoi romanzi. Le frasi nelle dediche dei suoi libri sono tutte citazioni di canzoni presenti in un famoso disco degli anni Novanta. La maggior parte dei cognomi dei personaggi che appaiono nei suoi romanzi sono ispirati a quelli di attori e registi del cinema di genere anni Settanta e Ottanta. Legge circa cento libri all’anno, perlopiù romanzi.

OPERE PUBBLICATE

2017 - Una storia dell'orrore italiana
2018 - Le Streghe
2019 - La Notte delle anime perdute
2021 - L' Alba dei vampiri
2022 - Tenebre

L'INTERVISTA

[S] Quando hai scoperto la passione per la scrittura?
[PP] Da bambino, come conseguenza del fatto che leggevo molto: King, Grisham, Wilbur Smith e naturalmente Dylan Dog, il concentrato perfetto di horror, violenza, sesso e ironia. Era l’era pre-internet, la creatività era stimolata diversamente. Ricordo che disegnavo fumetti e me li leggevo da solo. A tredici anni poi ho scritto il mio primo racconto. Era lungo duecento pagine: una cazzata violentissima che era un mix tra “L’uomo in fuga” e “Hunger Games”. Molto figo.

 

[S] C'è un autore che ti ha particolarmente ispirato?
[PP] Ovviamente Stephen King: tra romanzi e film ha avuto un impatto sulla cultura pop della mia generazione che credo sia paragonabile a quello di Elvis Presley e del rock ‘n’ roll per gli adolescenti degli anni Cinquanta. Poi, tecnicamente parlando, ci sono autori da cui più che trarre ispirazione rubo tutto quello che posso. Truman Capote, Ellroy, Bukowski, Cormac McCarthy, Palahniuk, Sclavi. La lista è lunga.

 

[S] Tra i libri che hai scritto qual è quello che ti ha dato più soddisfazioni indipendentemente dalle vendite?
[PP] Se uno scrittore dice di scrivere solo per se stesso e non per piacere agli altri, spesso nessuno gli crede. Per quanto mi riguarda invece è proprio così. Potrei smettere di pubblicare domani, e dopodomani sarei al computer a raccontare le mie stronzate. Quindi tutto ciò che ho fatto mi ha dato soddisfazione. Poi è ovvio che se uno sconosciuto ti contatta per dirti che si è commosso fino alle lacrime per il tuo lavoro... be’, ti vengono i brividi, cazzo. È una specie di telepatia. Quindi se devo dare una risposta secca: “L’alba dei vampiri” mi ha dato molte soddisfazioni. Invece la storia che mi ha emozionato di più in fase di stesura è “Tenebre”.

 

[S] E qual è quello che ti è costato più fatica a scriverlo?
[PP] Sempre “L’alba dei vampiri”. Ero ormai a tre quarti della storia quando è scoppiata la pandemia. Mi sono chiesto più volte, considerato l’argomento trattato nel romanzo, se era il caso di cambiare qualcosa in corsa. Avevo fatto delle ricerche sui protocolli di emergenza sanitaria e alcune delle cose che accadevano nel libro stavano avvenendo anche nel mondo reale. Non volevo che ciò influenzasse l’intenzione del mio racconto. Alla fine comunque ho tirato dritto, e ho scritto esattamente il romanzo che volevo scrivere. Se il Covid, oltre ai danni ben più terribili che ha combinato, ne ha alterato il senso tra i miei lettori, purtroppo non posso farci nulla. Anche se mi dispiace.

 

[S] Ho adorato "Le streghe" ma con "L'alba dei vampiri" hai superato te stesso. Puoi raccontarci brevemente la genesi di questo libro?
[PP] In realtà lo schema è lo stesso de “La notte delle anime perdute”, solo inserito in un contesto più ambizioso. Che poi è il metodo che un genio come George Romero, alla cui memoria tra l’altro il libro è doverosamente dedicato, ha utilizzato per tutte le sue opere. Ho preso dei personaggi, cercando di raccontare meglio che potevo le loro caratteristiche più umane, e li ho ficcati in una situazione assurda e ingestibile. I vampiri sono il contorno action e horror, ma il libro parla delle sfaccettature dell’animo umano. Niente di nuovo, è un tema piuttosto abusato: le persone, quando si trovano nella merda, quasi sempre si comportano in maniera irrazionale e a volte spietata. C’è un contrasto morale irrisolvibile. “L’alba dei vampiri” è il mio punto di vista sulla faccenda. Ho lavorato molto sui dialoghi e sull’ironia, per cercare un buon equilibrio nel racconto tra l’azione e il significato.

 

[S] Parentesi marketing! Fai finta di essere un pubblicitario e con massimo 20 parole scrivi uno slogan per pubblicizzare l'uscita del tuo nuovo romanzo "Tenebre".
[PP] Questa è facile: “Tipo Inception, ma con i fantasmi”. Però se volessi vendere più copie forse sarebbe meglio stampare sul retro di copertina una famosa frase di Clive Barker: “Chi cazzo è Paolo Prevedoni?”

 

[S] Qual è la storia, libro o film, che avresti voluto scrivere tu?
[PP] Quelli che ho scritto e quelli che scriverò. I miei romanzi e film preferiti sono perfetti così come sono proprio perché io non ci ho messo le mani. Mi piacerebbe riuscire a inventare un’icona, quello sì, ma è difficile tirar fuori dal cappello un Pennywise, un Pinhead o un Candyman se non sei un cazzo di fenomeno. Io mi reputo più un artigiano che un visionario. Alla Lucio Fulci, per usare uno dei miei idoli cinematografici come esempio. In alternativa avrei voluto scrivere Harry Potter: ora sarei milionario.

 

[S] Oltre alla scrittura hai altre passioni?
[PP] Mi piacciono i film. Mi piace la musica rock. Mi piacciono i romanzi ma anche i saggi e i fumetti. Mi piacciono le sigarette e il vino e anche... no, questo non si può dire.

 

[S] Domanda di rito. Secondo la tua esperienza qual è il livello di salute della narrativa horror in Italia?
[PP] Non ho le competenze per rispondere a questa domanda, ma la mia opinione è che sull’argomento spesso si faccia confusione tra successo commerciale e contenuti. Per come la vedo io, ci sono molti autori che scrivono narrativa di genere di qualità: gente come Vergnani, Musolino, Sartirana, per citare i miei preferiti, che hanno solo il difetto di scrivere poco. Secondo me manca in realtà tutto il contorno di supporto, e in particolare una stampa critica professionale, che dovrebbe avere il compito di valorizzare gli artisti e proporli al pubblico, oggi sostituita dalle recensioni amatoriali su Amazon. Però, voglio dire... chissenefrega. Fino a quando ci saranno autori come Danilo Arona, il mondo avrà ottime alternative alla biografia di Mauro Repetto. Quindi credo che l’horror sia in buona salute. Ciò non toglie che, a mio avviso, artisticamente e culturalmente parlando l’Italia si trovi in una situazione piuttosto imbarazzante. Ma questo è un altro discorso.

 

[S] Progetti per il futuro?
[PP] Sto scrivendo un altro romanzo. Spoiler: è una storia dell’orrore. Poi probabilmente ne scriverò un altro. E poi immagino un altro ancora. Com’è che si dice? «It’s a long way to the top, if you wanna rock ‘n’ roll.»

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