Dalla nuova carne al nuovo sangue

Tutto sommato, facendo i dovuti confronti con altri media e generi, nell'horror non abbondano i figli d'arte, al punto che quando qualcuno emerge in modo così prepotente, come è riuscito a fare Brandon Cronenberg con un singolo film, suscita ancora più interesse e curiosità. E dire che il buon Brandon ha cercato in tutti i modi e per parecchio tempo di resistere all'eredità paterna, tentando di percorrere qualsiasi sentiero artistico che non si chiamasse “cinema”: dalla musica alla pittura passando in modo particolare per la scrittura, il figlio di David Cronenberg ha pensato per molto tempo a se stesso come a un “nerd” probabilmente destinato a pubblicare qualche romanzo.
Ma vivere da sempre a contatto con il set, sentir parlare di cinema ogni giorno e aiutare il padre in alcuni progetti ha alla fine avuto la meglio sul giovane regista canadese che ha firmato recentemente uno dei titoli “horror” più importanti del 2012-2013, Antiviral.

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E a questa pellicola, a dimostrazione che non si tratta né di un ripiego in seguito a possibili fallimenti né di un appiattirsi su certi sentieri in parte già percorsi dal padre, Brandon ci arriva con una evoluzione durata anni, che l’ha portato a interessarsi di determinati argomenti molto tempo fa e maturare un’ottima conoscenza della materia ed evoluzione del discorso sulla stessa.
Discorso che fra l’altro, veicolato in forma-cinema, permette all’autore la perfetta fusione fra le varie forme d’arte cui si era precedentemente interessato, mixando immagini con parole e suoni.

 

In Antiviral si immagina un futuro, non molto distante o diverso dalla nostra epoca, nel quale la venerazione e l’ossessione nei confronti delle celebrità si è sviluppata a tal punto che esistono cliniche specializzate in grado di inoculare, in chi ne faccia richiesta e abbia la somma necessaria, l’esatta malattia appartenuta a qualche star, prelevata dalle stesse e conservata per i fan adoranti.
Esistono anche macellerie “speciali” che sintetizzano pezzi di carne dal dna dei divi, offrendo quindi alla clientela vere e proprie “bistecche della star preferita”, trasformando quindi il processo di cannibalizzazione dei personaggi famosi da figura retorica a realtà quotidiana.

 

Il protagonista, che lavora in uno di questi istituti, contrabbanda quegli stessi virus per guadagnare sul mercato nero, e per superare i duri controlli della clinica se li inocula diventando portatore delle varie malattie.
Quando si inietterà una malattia che diventerà mortale per la diva che ne era afflitta, per lui comincerà una corsa contro il tempo nel tentativo di trovare una cura...

 

Brandon Cronenberg arriva a questo manifesto della “nuova nuova carne” dopo anni di avvicinamento e perfezionamento, come detto. L’ispirazione, a sentire l’autore in alcune interviste, arriva durante un periodo di forzato riposo a letto causa, ovviamente, malattia.
Da lì si scatena una serie di considerazioni e riflessioni che, innestata su due notevoli cortometraggi (Broken Tulips, 2008 e The Camera and Christopher Merk, 2010) porta infine a Antiviral, naturale e logica evoluzione di molte indagini paterne, e mi sembra molto appropriato che parte dell’attenzione si sposti dalla paterna Nuova Carne a un Nuovo Sangue, infetto e capace di spargere il virus con modalità che si collegano in modo pesante e importante con la Rete, principale fautrice di certo cambiamento nelle modalità attuali di adorazione (e stalking, per alcuni versi) delle celebrità.

 

Se John Dies at the End ha già segnato in modo indelebile questi ultimi mesi per quanto riguarda un modo anarcoide e free di guardare all’horror, ecco che Antiviral ne rappresenta in certo senso l’opposto, fra estremo controllo della messa in scena e fortissimo rigore compositivo.
Entrambi sono titoli imprescindibili per comprendere i possibili sviluppi dell’horror contemporaneo (Elvezio Sciallis)

Elvezio Sciallis: Non vi deve interessare chi sono. Leggete quanto scrivo e discutete di quello: chi sono non è importante, sono solo (cambia una consonante) una persona qualunque, appassionata di cinema e letteratura, specie quel cinema e quella letteratura che giocano e dialogano con il Perturbante. Ho all'attivo alcune pubblicazioni in antologie collettive e personali. Ho collaborato con diverse riviste cartacee e online. Traduco dall'inglese all'italiano videogiochi e testi per alcune società estere.



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