L’americana Elizabeth Hand, classe 1957, ha una lunga ed onorata
carriera come autrice di narrativa fantastica, con all’attivo una lunga lista di
titoli e un buon numero di premi tra cui il James Tiptree Award e lo Shirley
Jackson Award. Come molti mid-lister ha in catalogo anche novelizations e tie-in
con franchise popolari come X-Files e Star wars, ma è nelle sue opere
originali che si ritrova la scintilla di originalità e di meraviglia che più
giustificano il successo di critica e i premi.
“Wylding Hall”, del 2015, è una novella, che tuttavia cattura in meno di
150 pagine e offre più trovate, sorprese e twist di molti romanzi sei volte più
massicci.
Per quanto l’autrice sia americana, la storia si innesta nell’attuale
rinascimento del folk horror britannico, e può ricordare il “December” di Phil
Rickman. Anche in “Wylding Hall” abbiamo una band, i Windhollow Faire (molto
simili ai Fairport Convention) che dopo la morte traumatica della loro cantante
(echi di Sandy Denny, appunto, dei Fairport) si rintanano in un’antica dimora
nella campagna inglese per incidere un nuovo album, con un nuovo front man. Il
disco, intitolato “Wylding Hall” è un successo epocale, e diventa un vero e
proprio oggetto di culto per il pubblico. È anche segnato da un mistero: la
scomparsa, durante la registrazione, del leader della band. Che letteralmente
svanisce come inghiottito da Wylding Hall.
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Ciò che Elizabeth Hand ci offre, a cose avvenute, è una sorta di dossier, una
collezione di interviste ai membri superstiti dei Windhollow Faire. Una faccenda
bassamente commerciale, messa in piedi dall’etichetta per celebrare
l’anniversario dell’uscita del disco. Ma nelle memorie dichiaratamente
inaffidabili dei musicisti - tutti quanti, durante quell’estate a Wyling Hall,
erano prevalentemente ubriachi o drogati - si annidano presenze inquietanti, a
cominciare da una donna in bianco che compare solo nelle fotografie della band,
e che nessuno ricorda di aver mai visto.
Wylding Hall è discendente diretta di Hill House, è un luogo malevolo la
cui stessa geografia interna sembra mutare per intrappolare i malcapitati e
inconsapevoli membri della band e il loro corteggio di groupies. Ma l’edificio
ha anche dei debiti con i lavori di John Crawley e di Robert Holdstock, per il
modo in cui le mura, le fondamenta e i corridoi paiono intrecciati con la storia
stessa del territorio.
La Hand costruisce la sua storia con una economia ammirevole, e rispettando
l’antica regola di M.R. James, per cui deve esistere uno spiraglio attraverso il
quale la ragione possa spiegare ciò che apparentemente inspiegabile. Purché,
sosteneva James, quello spiraglio non sia così minuscolo da essere in pratica
inutilizzabile.
“Wylding Hall”, coi suoi richiami alla campagna inglese, alle tradizioni ed alle
superstizioni popolari, con l’inaffidabilità dei suoi narratori, con la logica
che ad ogni passo combatte contro il sovrannaturale, potrebbe essere “solo” un
thriller psicologico. Ma quando l’autrice solleva l’ultimo velo, anche il
minuscolo spiraglio di James si chiude ermeticamente, e il sovrannaturale
trionfa, causando un lungo brivido lungo la schiena del lettore (Davide Mana)
Davide Mana: nato a Torino nell'ormai lontano 1967, Davide Mana è un geologo e paleontologo. Una malsana passione per il fantastico lo ha spinto con gli anni a scrivere e tradurre letteratura di genere. Non ci sono invece giustificazioni per il fatto che gestisca due blog.
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