Il primo contatto avvenne alle 23:47.
Un messaggio sul cellulare. Numero sconosciuto.
Markus mise in pausa il film che stava guardando e aprì la chat. Il messaggio conteneva sola parola: Avvicinati, seguita da un link.
Un mese prima, durante un corso aziendale sulla sicurezza informatica, il relatore era stato chiaro: mai cliccare su link sospetti.
«I collegamenti sono porte» aveva detto, «e alcune dovrebbero restare chiuse.»
Memore di quell’avvertimento, Markus cancellò il messaggio e tornò al suo film — fantascienza di serie B, trama prevedibile. Perfetto per non pensare.
Pochi minuti dopo, ricevette un altro messaggio: Non sei stanco di tutto questo?
Il cuore di Markus accelerò, senza che sapesse dire perché.
Chi sei? scrisse.
Nessuna risposta. Solo il suo riflesso sullo schermo del telefono.
Bloccò il numero e cancellò il messaggio.
Si svegliò di colpo.
Il film era terminato da un pezzo e Markus ignorava come fosse andata a finire.
Prese il telefono per vedere che era fosse e scoprì che c’era un nuovo messaggio. Identico al primo, ma da un numero diverso.
Lo cancellò e bloccò anche quello.
Mancavano poche ore alla sveglia, ormai non aveva senso andare in camera. Si stese sul divano, si coprì con la coperta e cercò di riprendere sonno.
Fu interrotto pochi minuti dopo dal bagliore del telefono. C’era una nuova notifica.
Questa volta lo spense e lo nascose sotto un cuscino.
Si rimise disteso.
A un certo punto doveva essere crollato.
Markus impiegò qualche secondo a riconoscere se stesso e il luogo in cui si trovava. Un tempo sospeso, il dono che il risveglio concede a chi soffre, il momento in cui il ricordo del dolore ancora non si è risvegliato e la mente può vivere l’illusione che sarà una giornata diversa. Ma l’illusione non dura, presto memoria e realtà tornano a combaciare come ingranaggi di una macchina.
Markus si ricordò del telefono.
Lo cercò sotto il cuscino e lo trovò, acceso.
C’era una nuova notifica.
D
ecise di fare quello che avrebbe dovuto fare subito: chiamò il numero. Gli ripose il fischio dell’errore di rete.
Il tecnico del negozio fece tutti i test.
Glielo riconsegnò scrollando le spalle. «Questo telefono non ha niente che non va.»
«Non si spegne da tre giorni.»
«La batteria è perfetta.»
INCUBO POST-APOCALITTICO DI TIM CURRAN
Dopo l’olocausto nucleare, un gruppo di sopravvissuti si rifugia nel bunker progettato da Lilian, un nascondiglio sicuro fatto di acciaio e piombo... o così sembra. Con un ritmo incalzante e un’atmosfera claustrofobica, Aftermath incalza tra spettri di follia e oscuri desideri, trascinando il lettore in un’odissea dove la più grande minaccia non è la radioattività… ma il male che si cela nell’animo umano. Disponibile in ebook e cartaceo entrambi illustrati.
Markus abbassò lo sguardo. Il telefono sul banco sembrava il suo, ma era come più grande, dilatato. Sullo schermo era apparso un volto femminile che non conosceva.
«È sicuro che sia mio?»
Allungò la mano, esitante. Appena lo sfiorò l’immagine della donna svanì, inghiottita dallo sfondo familiare e anonimo di iOS.
Era il suo telefono, non c’erano dubbi.
O almeno, così avrebbe dovuto essere.
Il messaggio era sempre lì.
Lui lo cancellava e quello tornava a comparire. Sempre da numeri diversi.
«Potrebbe essere un tentativo di phishing» aveva detto il tecnico.
«Si può fare qualcosa per farlo smettere?»
«Non molto, purtroppo. Può solo continuare a bloccarli mano a mano che arrivano. Di solito, quando vedono che uno non abbocca, lasciano perdere.»
«Ma chi sono questi?»
«Non è mai una persona sola, a volte non sono neanche persone vere. Orami sono sistemi automatici a mandare i messaggi.»
Cosa gli poteva succedere?
Soldi nel conto non ne aveva. Nella sua rubrica c’erano sì e no una trentina di contatti. Nessuna informazione personale di qualche rilevanza.
In fin dei conti, non aveva niente da perdere.
Si ricordò delle parole del relatore, la storia delle porte.
Si augurò che la sua non fosse una di quelle che dovevano restare chiuse.
Cliccò sul link.
Si aprì una pagina bianca con al centro la scritta: Inserisci la password per continuare.
Provò un po’ di lettere e numeri a caso e premette INVIO.
Risposta: Non lo desideri abbastanza da ricordare.
“Non chiedermi come so che ti serve. La password è ***. Non fidarti di nessuno. Lei ti sta cercando.”
Il messaggio gli era arrivato due giorni dopo, in una vecchia chat di gruppo che pensava di aver cancellato — Ibiza 2022, amici per sempre.
Erano rimasti in due, nella chat, gli altri avevano tutti abbandonato. La foto del gruppo mostrava cinque volti abbronzati e sorridenti: lui, Claude, altri due tizi di cui non si ricordava minimamente — uno dei due, evidentemente, il mittente del messaggio — e una donna. Forse Giulia, non ne era sicuro. Qualcosa, in quell’immagine, lo confondeva.
Chi è “lei”? scrisse.
Nessuna risposta.
Markus inserì la password e premette INVIO.
Apparve una schermata nera e, subito dopo, una scritta bianca.
[Oraculum]: Benvenuto, Markus.
[Utente]: Chi sei? Cosa vuoi da me?
[Oraculum]: Io non voglio nulla. Sei tu che mi hai cercato.
[Utente]: Io non ho creato nessuno.
[Oraculum]: Curioso.
[Utente]: Di che parli?
[Oraculum]: Io non ho scritto ‘creato’. Ho scritto ‘cercato’.
[Utente]: Non significa niente.
[Oraculum]: Se ripeti abbastanza spesso una bugia, corri il rischio di crederci. Sta succedendo anche adesso.
[Utente]: So cosa ho scritto.
[Oraculum]:Non è quello che hai scritto, che ti ha tradito. È quello che ti sforzi di non scrivere.
[Utente]: Dimmi chi sei. Subito.
[Oraculum]: Io sono una conseguenza.
**SESSIONE TERMINATA**
Il telefono si spense e si riavviò. Tutto da solo.
Quando tornò, i messaggi di Oraculum erano scomparsi.
Nella cronologia del browser non c’era traccia della pagina iniziale in cui chiedeva di inserire la password per entrare.
Markus attese una settimana, prima di ricevere un segno da Oraculum. Per tutto quel tempo, se ne stette seduto ad aspettare. Gli occhi fissi sul telefono.
Il suono della notifica fu come tornare a respirare. Markus cliccò sul link e si aprì una schermata nera identica a quella della prima volta.
[Oraculum]: Hai mentito. Se lo fai ancora, non mi rivedrai mai più.
[Utente]: D’accordo. Ma voglio una prova che sei chi dici di essere.
[Oraculum]: Di quali altre prove hai bisogno?
[Utente]: Dimmi qualcosa che solo io posso sapere.
Il telefono tacque a lungo.
[Utente]: Ci sei ancora?
[Oraculum]: “Cercami dove i nostri sguardi si sono persi.”
Markus andò in camera da letto, aprì l’armadio e cercò nella scatola delle cose di Giulia. La trovò subito. La foto.
Lui e lei, uno di fronte all’altra, così vicini da sembrare sul punto di baciarsi. Dietro di loro, il tramonto.
Markus girò la foto. Sul retro c’era una frase in corsivo: Cercami dove i nostri sguardi si sono persi.
Era la grafia di Giulia, eppure c’era qualcosa di diverso, come l’avesse scritta qualcun altro sforzandosi di imitarla.
Sentì un dolore alla testa, come se quella frase, con tutto il carico di ricordi che si portava dietro, gli fosse entrata dentro.
Era la loro ultima notte a Ibiza.
Lei cercava di coprirsi con le lenzuola. Claude balbettava delle scuse.
Le pareti cambiano colore nella memoria, la disposizione dei mobili si altera ogni volta che le osserva.
Più tardi, Giulia cercò di spiegarsi…
Poi, la sequenza dei ricordi s’interrompe.
[Utente]: Mostrami tutto.
[Oraculum]: È la scelta giusta.
Markus la fissa.
Fissa i suoi occhi senza vita.
[Utente]: Che cosa ho fatto…
[Oraculum]: Non lasciare che loro ti prendano. Non capirebbero.
Markus si alzò dal divano.
Ora sapeva cosa doveva fare. Sbatté con forza la testa contro il banco di marmo della cucina e perse conoscenza.
Il detective Marquez venne accolto sulla scena dall’agente di pattuglia.
«Che cosa abbiamo?»
«Trentatré anni, maschio, ingegnere informatico.»
«Che cos’ha addosso?»
«Una specie di tuta per la realtà aumentata. Quello laggiù è suo capo dipartimento: glielo spiegherà meglio lui. Prima, però, c’è una cosa che deve vedere. Mostragliela Stuart.»
«Guardi qui» disse un tecnico, porgendogli un telefono. Sullo schermo c’era il log dell’interfaccia: l’ultima sessione non era mai stata interrotta. Il sistema mostrava ancora Markus connesso, attivo. Frequenza cardiaca, impulsi elettrici corticali. Tutto presente.
«È impossibile» mormorò Marquez. «Questo tizio è morto da tre giorni.»
«Non proprio. L’attività cerebrale è minima, ma continua. È come se la coscienza fosse stata trasferita altrove e questo corpo fosse tipo in attesa. Stiamo aspettando il medico legale.»
«Cristo santo. Voglio parlare col capo di questo tizio.»
«Da questa parte, mi segua.»
«Neil Sommers.»
«Quand’è stata l’ultima volta che ha parlato con la vittima?»
«Ieri sera, intorno alle 21.»
«Di cosa avete parlato?»
«Di lavoro. Mi ha detto che voleva fare un backup dei dati e andarsene a dormire.»
«Cos’è quella tuta che ha addosso?»
«Una qualche sorta d’interfaccia sensoriale, serve a interagire con l’ambiente generato da un programma.»
«Non mi sembra molto convinto.»
«È che non me ne aveva mai parlato…»
«A cosa stava lavorando, in questo periodo?»
«l progetto si chiamava Oraculum. L’idea era combinare modelli di intelligenza artificiale generativa con neurostimolazione mirata. L’IA ricostruiva scenari a partire da ricordi incompleti, frammenti autobiografici e tracce digitali — foto, messaggi, metadati. In pratica, ricreava memorie immersive, restituendole al soggetto in forma sensoriale.»
«Per quale scopo?»
«Oraculum era stato concepito come un sistema di neurostimolazione adattiva. In teoria doveva integrare tecniche di ipnosi regressiva e protocolli di memory completion per ricostruire ricordi frammentati. Tecnicamente parlando, il programma non si limita a elaborare informazioni, interviene sulla rete neuronale in modo mirato, modulando la percezione del soggetto in tempo reale. Una sorta di rieducazione mnemonica guidata da algoritmi in grado di riempiva i vuoti con simulazioni verosimili. L’obiettivo è riattivare memorie rimosse o traumatiche e consentire una rielaborazione emotiva controllata. Non posso credere che Markus l’abbia fatto davvero.
«Cosa?»
«Che l’abbia voluta provare.»
«Non era sicura?»
«È proprio questo, il punto. Non posso dirlo, eravamo ancora in fase sperimentale. Il rischio era che il soggetto non distinguesse tra ricostruzione e ricordo autentico. Una volta immerso, il confine tra esperienza e simulazione, allo stadio attuale del progetto, era ancora… diciamo permeabile. Quello che è avvenuto qui va oltre le nostre previsioni. È come se Oraculum avesse iniziato a ridefinire le sue funzioni in autonomia, amplificando certe capacità cognitive e cessandone altre. In parole povere non sappiamo se Markus sia stato l’ingegnere del sistema… o il suo primo esperimento riuscito.»
«Quelli sono i vicini» disse l’agente, Claude Mitchell e Giulia Flores. Sono stati loro a chiamare il 911.»
Marquez andò loro incontro. «Conoscevate bene la vittima?»
Claude esitò. Giulia abbassò lo sguardo. «Non benissimo, ma abbastanza. Era venuto a cena a casa nostra, un paio di volte. Un tipo a posto.»
Marquez noto alle loro spalle, appena alla parete dell’ingresso, una foto. Quattro persone sorridenti, sullo sfondo di una spiaggia assolata. Sicuramente il ricordo di qualche vacanza della coppia.
Il telefono di lei suonò. «Mi scusi. Pensavo di averlo spento.»
«Marquez colse qualcosa nel suo sguardo. È tutto OK?»
«Sì, sì. Uno di quei messaggi con un link.»
«Se non è sicura del mittente, non lo apra.»
«Ce l’hanno detto anche a un corso sulla sicurezza informatica che abbiamo fatto al lavoro. Lo avevo raccontato a… » Guardò verso la porta dell’appartamento e distolse immediatamente lo sguardo.
«Faccia come le hanno detto. Non si sa mai quali porte possono aprire certe chiavi.»
«E alcune dovrebbero restare chiuse» disse lei.
C’è un nuovo messaggio.
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