“Ma era una di quelle deboli creature astute e sornione, che non osano guardare in faccia né Dio né gli uomini né se stessi, anime prive di orgoglio, timorose, fiacche e odiose.”
(H.G. Wells - La guerra dei mondi)
"Presidente? Gli ospiti sono in attesa nella sala grande." "Oh," stupì l'uomo. "Arrivo, Gerardo." Nella semioscurità della stanza, si strinse delicatamente il nodo della cravatta, per poi trascinarsi nell'androne signorile. La residenza era arredata in uno stile vagamente veneziano, con sofà e palchetti di legno pregiato e costosi pezzi d'antiquariato. Il lucidissimo tavolo della sala da pranzo era imbandito con posate d'argento e graziosi calici di cristallo intagliato traboccanti di Dom Pérignon. L'illuminazione era tenue e calda.
"Gentili ospiti. Perdonate l'attesa." I banchettanti stavano discutendo delle più varie argomentazioni, dalle partite di tennis alla caccia all'inglese, ma sedettero compiaciuti non appena il cameriere spostò la cloche sul carrello portavivande. Il Presidente tintinnò un colpetto di posata sul calice.
"Cari signori. Soci di una lega per un mondo migliore. Che questa serata possa appagare i nostri intestini!" Ci fu una risata collettiva. Sollevò poi il coperchio: una testa tranciata prese a fumare. Era accompagnata da due arti minuscoli e qualche ortaggio stufato. Gli astanti rimasero sbigottiti.
"Santo cielo! Direi si tratti d'un giovane. Eccellenza, sopraffino, aggiungerei!" Il Presidente cominciò ad affilare un coltello da taglio. "Sono i più teneri," disse. "È la stessa cosa di assaporare la carne di un vitellino. Animale giovane, muscoli molli e delicati. Dolce sul palato."
La cena andò per il meglio, tra chiacchiere e sogghigni piacevoli, alternati al rumore della carne lacerata e qualche schiocco di osso frantumato durante la masticazione. Al termine, tutti brindarono e fumarono. Qualcuno ruttò di gusto, un altro ridacchiò per la magra figura.
INCUBO POST-APOCALITTICO DI TIM CURRAN
Dopo l’olocausto nucleare, un gruppo di sopravvissuti si rifugia nel bunker progettato da Lilian, un nascondiglio sicuro fatto di acciaio e piombo... o così sembra. Con un ritmo incalzante e un’atmosfera claustrofobica, Aftermath incalza tra spettri di follia e oscuri desideri, trascinando il lettore in un’odissea dove la più grande minaccia non è la radioattività… ma il male che si cela nell’animo umano. Disponibile in ebook e cartaceo entrambi illustrati.
"Signor Presidente?" Un corpulento uomo baffuto, a capotavola, indicò la cloche ormai vuota. Muoveva la lingua come una biscia per estrarre un pezzo di cibo incastrato nei denti. Una delle sue pupille si assottigliò come un rasoio e qualcosa di squamoso gli spuntò all'improvviso sotto il collo, costringendolo ad arrochire la voce come i ruggiti di un alligatore.
"Se posso... È da non tralasciare il problema della digestione. Eccellenza e presenti, ahimè. Per quanto squisite possano essere le nostre pietanze, finché essa non termina, non ci si può certo permettere il lusso di godersi una passeggiata tra la folla con il proprio cane!" Uno dei presenti intervenne: "Immagino non ce ne sia il bisogno. Avrai mangiato anche il povero quadrupede, suppongo!" Un'altra risata generale echeggiò nella sala. L'ospitante tracannò di botto il mezzo bicchiere di vino. "Piccolo e momentaneo sacrificio per vivere al meglio delle nostre possibilità."
Quando lo disse, quasi sibilò. Delle piccole scaglie verdognole gli erano apparse sulla fronte. I banchettanti stavano manifestando i risultati di una mutazione corporea, come mostri provenienti da dimensioni del terrore. Ad alcuni spuntarono denti acuminati, ad altri lingue
biforcute e terze palpebre rotanti. La pelle olivastra e i vocalizzi oramai gutturali. Tutto intorno al grande tavolo, l'odore divenne pungente e muschiato, come trovarsi in una foresta preistorica.
"Adesso, ospiti cari! Su i bicchieri." I calici, tra le mani artigliate, scintillarono. "Un brindisi. Alla lega. All'ordine. Al cibo squisito. A noi." Tutti brindarono all'unisono. Una donna dell'alta borghesia, squamosa e cresciuta in altezza, il cui volto si era allungato gradualmente come quello di un'iguana, tastò con i denti aguzzi una falange avanzata nel piatto. Poi grugnì, un attimo prima di parlare: "Eccellenza, mi aspetto molto da lei per quanto riguarda il dolce. I nostri consanguinei nordici mi parlano di certe prelibatezze prodotte nelle loro terre da leccarsi i baffi."
Il Presidente ruttò. Un rivolo di bava verdognola gli era sceso per il mento verde e grinzoso. "Mia cara. Non tema il problema del dolce. Vedrete, ospiti cari. Vedrete!" Tutti si dilettarono in un altro cin-cin. Il cameriere apparve poi nella sala con una seconda cloche, di quelle per i dessert. Sollevò il coperchio. Gli astanti, allibiti, le lingue biforcute vibravano per l'incessante piacere. Erano cervella in gelatina.
"Diavolo a pensare alla digestione! Che ci becchino pure per come siamo veramente!" Il Presidente ingoiò un pezzo del dolce, deglutì ringhiando e intervenne: "Per l'appunto li teniamo impegnati con tutti quegli aggeggi. Finché li vedrete ridicoli a danzare davanti a un cellulare, beh, certo è che non ci sarà da preoccuparsi."
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