300 Parole 2025: scadenza 31 ottobre

ProntoTaxi Rosso Sangue

Il display sul cruscotto segna le 4,55 e non si vede un cliente da ore, ormai.
Sposto la levetta dell’aria condizionata sullo zero, l’interno dell’auto è fin troppo fresco adesso. Apro la portiera e scendo un attimo per sgranchirmi la schiena, sono fermo da un pezzo e ho i muscoli intorpiditi. Gli ultimi ubriaconi reduci dalla notte di capodanno barcollano mentre fanno ritorno nelle loro dimore.
Un cagnolino spelacchiato si aggira tremante sul marciapiede, disorientato. Si deve essere smarrito per colpa dei petardi, poverino. Che gusto ci trovano, le persone, a terrorizzare il prossimo? Soltanto per semplice divertimento? Certo che c’è gente poco raccomandabile in giro di notte.
Il telefono all’interno della macchina squilla. Sbuffo e mi fiondo sul sedile. È il numero dell’ufficio, premo il pulsante verde. «Sì, ProntoTaxi, parla Rosso Sangue...»
«Rosso Sangue, qui centrale, corri in aeroporto che un tizio scalpita per essere portato in albergo. Lo riconoscerai subito. Chi è che prende un volo la notte di capodanno? Passo e chiudo
Già, me lo chiedo anche io. Vabbè, almeno mi aiuterà a tenermi sveglio per la prossima ora di lavoro, poi il turno sarà finito e me ne potrò andare a dormire.
È tutta la vita che lavoro di notte e, a essere sincero, un po' ce l’avrei il desiderio di stare sveglio di giorno.
Caccio via i soliti pensieri che mi tormentano da secoli. Andiamo a lavorare va, che è meglio.
Sollevo il thermos dal porta oggetti, svito il tappo, infilo la cannuccia e ci appoggio le labbra. La bevanda scende giù in gola, densa che è un piacere. La temperatura non è proprio ideale ma è meglio di niente. Meno male che ho fatto una bella scorta la settimana scorsa, mi aiuterà a mantenere i nervi saldi, ce n’è davvero bisogno.
Questa è la notte giusta per fare i buoni propositi dell’anno nuovo.

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INCUBO POST-APOCALITTICO DI TIM CURRAN

Dopo l’olocausto nucleare, un gruppo di sopravvissuti si rifugia nel bunker progettato da Lilian, un nascondiglio sicuro fatto di acciaio e piombo... o così sembra. Con un ritmo incalzante e un’atmosfera claustrofobica, Aftermath incalza tra spettri di follia e oscuri desideri, trascinando il lettore in un’odissea dove la più grande minaccia non è la radioattività… ma il male che si cela nell’animo umano. Disponibile in ebook e cartaceo entrambi illustrati.

Mi fiondo in aeroporto e il cliente è lì che mi aspetta. C’è solo lui in attesa del mio arrivo, mi fissa, poi controlla l’orologio al polso. Ha i capelli grigi, lucenti e indossa vestiti costosi. Dovrà avere, si e no, una cinquantina d’anni. Eh, beata gioventù.
Sicuramente è qui per affari: non ha neanche una valigia con sé ma soltanto una ventiquattrore. Per questa gente il tempo è estremamente prezioso. Non sia mai, quindi, rinunciare a viaggiare anche la notte di capodanno. Scuoto la testa. Carichiamo ‘sto tizio e andiamocene a casa che è meglio.
Accosto nell’area taxi a un paio di metri da lui e abbasso il finestrino. «Buonasera, signore, dove andiamo?»
Il tipo ingrugnito si sbottona il cappotto, è frenetico e molto agitato, tant’è che si allenta il colletto della camicia con affanno. Respira, tranquillo che adesso partiamo!
Ha gli occhi cattivi e nonostante il freddo ha le guance e il collo arrossato. Già so che dovrò mantenere la calma. Devo tenere tutto sotto controllo.
Meglio dare ancora una sorsata, senza cannuccia, direttamente dal collo della bottiglia questa volta. Ho voglia di una bella sorsata.
«Lo sa che è in ritardo di quattro minuti?» Il tizio appoggia la mano alla portiera del lato passeggero. Il cinturino d’oro del Rolex sul polso brilla sotto la luce fredda del lampione.
«Buon anno anche a lei, eh.» Iniziamo proprio male. «Prego, si accomodi dietro.»
Sistemo lo specchietto centrale mentre lui, con fare spavaldo, monta sul sedile posteriore. Ha esattamente quell’aria di chi, con i soldi, pensa di potersi comprare tutto, anche la cortesia e le buone maniere. Ne ho conosciuti a migliaia in tutta la mia vita: banchieri, magistrati, persino baroni, visconti e nobili di ogni specie. Ormai li fiuto lontano da un chilometro questi qua.
Sistemo l’inclinazione del sedile, quest’ultima corsa me la voglio fare comoda.
«Su, non perda altro tempo e mi porti immediatamente al Cristal Hotel, in via dei Rubini 186.» Proprio come immaginavo, indisponente e arrogante. Gli è andata bene che quest’anno mi sono promesso di fare il bravo.
Imposto il navigatore e parto, senza proferire parola.
Provo a smorzare la tensione, per una buona mezz’ora me lo dovrò tenere in macchina. «Cosa la porta da queste parti?» Fingo un sorrisetto.
«Senta, non pago il servizio per chiacchierare con lei.» Tiene lo sguardo fisso sul finestrino al suo fianco. «Pensi a guidare e basta.»
Non ho ingranato neanche la terza che non lo sopporto già più. Mi prudono le mani e devo stringerle forte sul volante, altrimenti… no! Anno nuovo, vita nuova.
Accendo l’aria condizionata, ho bisogno di rinfrescarmi.
«Ma cosa fa? Accenda il riscaldamento, qua dietro si gela!»
Vorrei tanto scaricarlo in mezzo alla strada, ma devo calmarmi. Lo accontento. Prima lo porto a destinazione e prima finisco il turno di lavoro.
Alzo leggermente il piede dall’acceleratore e rallento un pò. Voglio bere un sorso di questo… merda. Scuoto il thermos e le poche gocce che sono rimaste tintinnano sul bordo interno d’acciaio. Accidenti, è già finito.
«Acceleri, forza, si muova! Non ho viaggiato tutta la notte per arrivare tardi, ho degli impegni improrogabili tra poche ore.»
«Adesso basta, mi hai proprio seccato.» Tiro il freno a mano e le gomme slittano sull’asfalto. Fermo l’auto in mezzo alla strada deserta. Non ci sono case vicine, solo campi sui due lati della carreggiata. Mi sembra il posto ideale.
«È impazzito?» Urla stridulo e si aggrappa alla maniglia. «Cosa sta facendo?»
Scendo dal taxi e sbatto la portiera con forza. Il tonfo è amplificato dal silenzio della strada deserta, come un rullo di tamburi prima del grande momento.
Il cielo inizia a schiarirsi e i primi rossastri raggi di sole si innalzano dietro le montagne. Devo sbrigarmi.
Spalanco la portiera posteriore e lo tiro fuori per i capelli. Stringe la sua valigetta, come se potesse salvarlo. È l’unica cosa a cui può aggrapparsi. Caro mio, stavolta i soldi non ti serviranno a un bel niente.
È terrorizzato, si dimena mentre lo trascino a terra. Grida, capisce che la sua vita è arrivata alla fine.
Mi passo la lingua sul palato, le papille gustative sono in festa. Percepisco il sapore del suo sudore che sprigiona cortisolo. Quando capiscono che la morte si avvicina, gli ormoni impazziscono. È per via dell’adrenalina.
Lo alzo da terra per il colletto della camicia, gliela strappo. Ha le pupille dilatate e il respiro accelerato. Ora posso finalmente affondargli i canini sul collo.
Azzanno.
Sento la sua frequenza cardiaca aumentare, la pressione del flusso sanguigno è forte.
Estraggo i denti e sputo via brandelli di carne. Zampilli di sangue mi schizzano in faccia. Mi asciugo le labbra e mi lecco le dita. Che goduria, è ferroso al punto giusto. Zero negativo, la mia bevanda preferita.
Ne voglio ancora.
Squarcio, divoro, bevo. Gli succhio il sangue finché non sono veramente sazio.
Ora sì che mi sento bene.
Oh, per tutti i demoni! Ma non aveva nemmeno una valigia. E ora dove lo infilo questo qua? Vabbè, me lo porto a casa e lo metto dentro al frigo, così ho già la cena pronta per domani.
Comunque è proprio vero che i tempi sono cambiati. Non è più come una volta quando trasportavo la gente in carrozza. Le persone morivano per qualsiasi cosa e se lasciavo qualche cadavere in mezzo alla strada nessuno se ne accorgeva neanche.
Risalgo sul taxi e parto a tutta velocità. Abbasso il finestrino e lancio il thermos nei campi a bordo strada. Tanto non mi servirà più.
Anche per quest’anno, addio buoni propositi.

Manuel Marinari



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