Adoro le feste in maschera, e ancor di più amo il momento in cui davanti allo specchio, fedele compagno della mia narcisistica perversione, mi spoglio dei miei vecchi abiti e ne indosso di nuovi.
Per prima cosa mi sfilo i guanti: un lieve rumore di lacerazione ne accompagna la svestizione. Nulla di cui preoccuparsi; erano vecchi e forse troppo stretti.
Via anche il cappello e la buffa maschera col sorriso un po' cadente; si afflosciano a terra mollemente, come spiaccicati. Non è lo stesso spettacolo di schiantare al suolo un pomodoro, ma ci si avvicina parecchio.
È il turno del maglione, e quello personalmente lo detesto. Troppe volte il colletto si impiglia sotto la nuca e tocca pregare in cento lingue per uscirne interi. Roba da perderci la testa!
Le scarpe preferisco toglierle da seduto: basta un attimo e perdi l’equilibrio, finisci a terra e bum! Ti sei rotto tutte le ossa.
Questi pantaloni son davvero larghi e sgualciti. Basta un niente per strapparli in due parti uguali e sbarazzarsene come se nulla fosse.
IL CANTO DI VETRO
Arizona. Un uomo si fa esplodere all'interno del centro di ricerca aerospaziale St. Lucy.
Palermo. Nell'ambiente della criminalità serpeggia il misterioso “Canto di Vetro”: è il nome di una nuova droga o il folle messaggio cifrato dei terroristi?
Un poliziotto dell'antiterrorismo indaga e scopre quanto è spaventosa la verità che collega questi due eventi. Il raffinato horror
di Francesco Corigliano è disponibile in ebook e cartaceo illustrato
Finalmente lo specchio mostra la mia bellezza integrale: il mio scheletro nudo, vecchio di mille anni e più, splende nella luce tenue delle candele sparse nella stanza.
Dopo un breve momento di auto compiacimento apro l’armadio e fisso i ganci a uncino che pendono dall’alto. Decine di corpi, freschi di scuoiatura, zampillano sangue contro le pareti del mobile.
Scelgo quello un po più grosso: ho deciso che a questa festa vestirò i panni dell’uomo in carne!
Ripeto il rituale al contrario e poco per volta vedo tibia, perone, rotula e femore ricoprirsi di carne molliccia e sanguinolenta.
Lascio sempre per ultimo il viso, su cui stampo il mio sorriso migliore.
Cambiarsi d’abito in fondo è un po' come mutar la pelle...
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