Cambio d'abito

3° classificato al concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2022 - edizione 21

Adoro le feste in maschera, e ancor di più amo il momento in cui davanti allo specchio, fedele compagno della mia narcisistica perversione, mi spoglio dei miei vecchi abiti e ne indosso di nuovi.
Per prima cosa mi sfilo i guanti: un lieve rumore di lacerazione ne accompagna la svestizione. Nulla di cui preoccuparsi; erano vecchi e forse troppo stretti.
Via anche il cappello e la buffa maschera col sorriso un po' cadente; si afflosciano a terra mollemente, come spiaccicati. Non è lo stesso spettacolo di schiantare al suolo un pomodoro, ma ci si avvicina parecchio.
È il turno del maglione, e quello personalmente lo detesto. Troppe volte il colletto si impiglia sotto la nuca e tocca pregare in cento lingue per uscirne interi. Roba da perderci la testa!
Le scarpe preferisco toglierle da seduto: basta un attimo e perdi l’equilibrio, finisci a terra e bum! Ti sei rotto tutte le ossa.
Questi pantaloni son davvero larghi e sgualciti. Basta un niente per strapparli in due parti uguali e sbarazzarsene come se nulla fosse.

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IL CANTO DI VETRO
Arizona. Un uomo si fa esplodere all'interno del centro di ricerca aerospaziale St. Lucy. Palermo. Nell'ambiente della criminalità serpeggia il misterioso “Canto di Vetro”: è il nome di una nuova droga o il folle messaggio cifrato dei terroristi? Un poliziotto dell'antiterrorismo indaga e scopre quanto è spaventosa la verità che collega questi due eventi. Il raffinato horror di Francesco Corigliano è disponibile in ebook e cartaceo illustrato

Finalmente lo specchio mostra la mia bellezza integrale: il mio scheletro nudo, vecchio di mille anni e più, splende nella luce tenue delle candele sparse nella stanza.
Dopo un breve momento di auto compiacimento apro l’armadio e fisso i ganci a uncino che pendono dall’alto. Decine di corpi, freschi di scuoiatura, zampillano sangue contro le pareti del mobile.
Scelgo quello un po più grosso: ho deciso che a questa festa vestirò i panni dell’uomo in carne!
Ripeto il rituale al contrario e poco per volta vedo tibia, perone, rotula e femore ricoprirsi di carne molliccia e sanguinolenta.
Lascio sempre per ultimo il viso, su cui stampo il mio sorriso migliore.
Cambiarsi d’abito in fondo è un po' come mutar la pelle...

Alessandro Mazzi



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