Incubo

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2022 - edizione 21

Nebbia fitta. Silenzio assoluto. Solitudine.
Mi trovo in un vagone delle montagne russe. Il resto del luna park è scomparso, inghiottito dalla fittissima nebbia. A malapena sento il mio respiro. La sensazione di essere disperso nel nulla è fortissima.
La sbarra di sicurezza mi impedisce qualsiasi movimento.
Senza alcun preavviso, il carrello si muove con uno scatto secco che mi risuona nelle orecchie come uno sparo.
Il vagone comincia a salire. La rotaia si snoda sotto di me, sempre più su. Finalmente si ferma. Anche a quell’altezza non riesco a distinguere nulla nel mare di nebbia. Il senso di smarrimento e l’angoscia crescono. Vorrei gridare ma mi trattengo perché so istintivamente che nella nebbia c’è qualcosa di malvagio.
Il vagone si muove e dopo una brusca svolta a sinistra inizia una folle discesa. La velocià è incredibile. Fatico a respirare. Mi sento mancare.
Infine un cambio di pendenza. Ritrovo un po’ di fiato. Una curva. Un tratto di avvitamenti. Altre curve. Un dislivello verso il basso.

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Finalmente il vagone si ferma dandomi la speranza che quel supplizio stia per finire.
Sono fermo. La nebbia continua a celare il resto del paesaggio. Al di sotto del carrello scorgo una distesa liquida, nera e minacciosa. Improvvisamente i miei sensi vengono travolti da un odore ripugnante: quello sotto di me è un mare di sangue e corpi in disfacimento.
Il fetore è insopportabile. I tetri miasmi mi stordiscono. Le narici sono annientate dagli odori di empie catacombe pervase dal lezzo della decomposizione.
La sbarra di sicurezza si apre. Il carrello si rovescia sul fianco e cado in quell’incubo liquido. Vorrei gridare, ma la bocca è piena di nauseabondo fluido denso.
So che resistere è inutile. Mi lascio andare e affondo in quel ripugnante abisso di sangue e putrefazione. Più giù, sempre più giù...

Stefano Sbaccanti

Nato a Roma, fin dalla più tenera età sono sempre stato affascinato da tutto ciò che ha attinenza col genere horror: film, fumetti, libri, musica, giochi e chi più ne ha più ne metta. Tra i tanti autori letti, HP Lovecraft è stata la classica folgorazione che è diventata una passione per la vita. Da qualche anno mi diletto a scrivere dei racconti brevi che – mi illudo – possano avere una qualche tinta lovecraftiana.
L’altra mia grande passione, anch’essa coltivata fin dall’adolescenza, è la fotografia. Il genere che prediligo è l’urbex perché mi permette di “indagare” sul rapporto tra uomo e natura, cogliendo con uno sguardo intimo e personale le relazioni spesso conflittuali tra le persone e il loro ecosistema. Guardare all’abbandono attraverso l’obiettivo fotografico è il mio modo di far scaturire la bellezza laddove i più non vedono altro che degrado e distruzione.



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