Doreleen

Doreleen non riusciva a capire cosa fosse successo a suo marito. L’ultima volta che lo aveva visto prima della partenza le sembrava l’uomo meraviglioso di cui si era innamorata. Poi quelle strane telefonate a sera, dalla stanza dell’albergo. Ogni giorno il suo comportamento pareva peggiorare. Non sarebbe stata in grado di spiegare cosa la preoccupava di più, se i suoi silenzi prolungati, o la parlantina frettolosa di altri momenti. Era per questo che dopo un mese d’assenza, ne attendeva con timore il ritorno. Ma quando lo vide non notò nulla. Fatta eccezione per alcune macchie rosse che l’uomo aveva sul collo. Alle sue domande, lui minimizzò. Ritornarono a casa e seppur le desse fastidio che George si fosse chiuso nel bagno per quasi un’ora, anche per questo fatto lasciò correre. Lo affrontò mentre stava disfacendo le valigie sul letto. Cercando di parlare delle banalità più ovvie, provando a farsi raccontare qualcosa del lungo mese trascorso a Londra. Lui sembrava infastidito dalla sua presenza, ed aveva persino interrotto una faccenda che in precedenza sembrava improrogabile. Poi si fece scostante ed infine le chiese di lasciarlo riposare, perché il viaggio lo aveva affaticato. In cuor suo, Doreleen avrebbe voluto urlargli in faccia tutta la rabbia che la ghermiva da tempo, ma per una imprecisata ragione si trattenne. Lo lasciò solo nella stanza e gli disse che sarebbe andata a fare la spesa per la cena. In realtà non uscì nell’immediato, attese una mezz’ora circa. Sentiva dei rumori provenire dalla camera da letto. Parevano sommessi bisbigli. Accostò l’orecchio alla porta e le parve di udire una frase sinistra: - State tranquille piccoline, da questa sera potrete rifocillarvi a dovere, ma fate attenzione a come vi muovete, quella balena di mia moglie può essere molto pericolosa per voi. Se si tralascia il terrore provato nel sentir parlare l’uomo da solo o con non precisati esseri, per Doreleen fu sgradevole accettare l’epiteto riguardante il suo peso, proveniente poi dalle labbra di colui il quale lei amava e che mai ne aveva sottolineato prima con tanta cattiveria la più dolorosa imperfezione. A stento trattenne le lacrime e s’incamminò verso l’uscio. Aveva bisogno di una boccata d’aria fresca. Quella casa, che era stata per 3 anni un nido d’amore, nel breve spazio di poche ore era divenuta il suo inferno sulla Terra. Consumarono poi una frugale cena in silenzio. Che proseguì per il resto della serata. E venne l’ora di andare a dormire. Doreleen rabbrividiva all’idea di stendersi accanto al marito. Con chi avrebbero condiviso il talamo quella notte? Ma la stanchezza prevalse e non riuscì a seguire il proposito di rimanere sveglia. Al mattino si alzò più tranquilla. Pensava in fondo che una buona notte di sonno le avesse restituito forze e lucidità per affrontare ogni tipo di situazione. Andò in bagno e con terrore si accorse di avere anche lei strani segni sul collo. Doreleen non era mai stata una grande lettrice, ma conosceva le terribili storie che si raccontano sui vampiri. Pensò anche questo, mentre, accarezzandosi il collo, iniziò a sentire un insopportabile prurito attorno a quelle chiazze rossastre. Più si grattava e più le prudeva, avrebbe voluto quasi strapparsi di dosso la pelle. I giorni passavano e la situazione non migliorava. Da un lato George appariva a tratti ancora un marito premuroso. Dall’altro, ogni dì, nuove macchie apparivano in zone del corpo sempre diverse, sia a lui che a lei. E sul letto inoltre, screziature minuscole di sangue ticchettavano la superfice nivea dei lenzuoli. Da cosa erano provocate entrambe? Vi era una correlazione fra esse? Non potevano essere solo le sue piccole ferite la cagione di quei segni, perché quest’ultimi erano troppi. Doreleen si sentiva sopraffatta ed estremamente spossata. Una stanchezza particolare la pervadeva, intorpidimento ed apatia. Ma si fece coraggio ed in un pomeriggio in cui il marito si trovava fuori casa, decise di ispezionare il letto. Cercando e ricercando in ogni minuscolo anfratto. Poi la vide... era grossa poco più che una lenticchia, di color marrone, sgusciante alla presa. La seguivano altri piccoli insetti del color rosso vivo sangue. Dopo una breve ricerca capì che si trattava di cimici. Quelle che sono solite dimorare nei nostri letti. Chiamò immediatamente la disinfestazione e non appena George fece ritorno a casa, gli disse tutto. Voleva vedere la sua reazione.

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Che fu flemmatica, a differenza di quanto lei si aspettasse. Poi però d’un tratto le disse con voce suadente: - Doreleen, amore mio, non devi avere paura di loro. Non vogliono farci del male. Hanno bisogno di noi, del nostro sangue. Le nutriamo come potremmo fare con un figlio. Se ne avessimo uno. Potresti mai uccidere tuo figlio? I tuoi figli? Doreleen era allibita nell’ascoltare quelle affermazioni. Gli urlò contro, questa volta sì, tutta la rabbia ed il disprezzo celati, che non aveva voluto esprimere in precedenza. Ma l’uomo non batté ciglio. Sembrava caduto in una specie di trance. Insensibile agli stimoli esterni. Nessuna coscienza lo sosteneva più, si avvicinò alla moglie, pareva innocuo, invece la colpì con un pugno fortissimo che la fece cadere e le fece battere la testa. Quando riprese i sensi si trovava già a letto, legata mani e piedi ai due lati della struttura portante. La dissociazione psichica di George era evidente. Chino su di lei ne leccava la ferita, assaporando l’umore del suo sangue. Che in un rivolo sottile le attraversava il viso. Tra le lacrime Doreleen lo implorò di ritornare in sé. Ma George era oramai schiavo di una potenza superiore, le sue piccole in fila composta come tanti soldatini s’accalcavano dinnanzi la preda. Un’armata ubbidiente e dominante in egual maniera. A Doreleen sembrò persino di sentirle rumoreggiare, un suono insopportabile a metà tra il vociare convulso di tante genti ed il fischio stridente di qualche misteriosa fiera, provenuta dall’aldilà. Chi fosse infatti oramai l’umano o gli insetti, il padrone o l’oppresso, la guida o la sua servitù, era difficile a dirsi. Doreleen nel frattempo provava in ogni modo a divincolarsi e con la stessa tenacia combatteva, come poteva, il nemico dirimpetto. Cercava di schiacciarle e soffiava per allontanarle da sé con George spettatore inerme della scena. Un totem diabolico, che si produceva sottovoce in orrifiche preghiere. Dopo uno sforzo immane, per non si sa bene quale provvidenziale ragione, Doreleen si trovò libera, nelle mani che a loro volta liberarono anche i suoi piedi. E George non intervenne mai, assorto nel suo mistico requiem. La luce filtrava a stento dalle persiane accostate. Era il crepuscolo di una giornata assurda. Era la fine di ottobre o già novembre chi poteva dirlo. I lampioni della strada opposta violavano soli, la solitudine oscura di quel microcosmo in delirio. La donna corse in cucina dove sapeva di avere dell’alcool. Aveva letto che l’unica alternativa alla disinfestazione era quella di uccidere le belve con il fuoco. Oramai anche lei era stata colta dal furore, il medesimo che solo l’incubo della morte, una morte atroce, sa provocare. Prese l’accendino posato sopra il tavolo, strappò un pezzo della sua camicetta intrisa di purpurea materia organica e la infilò nella bottiglia di vetro. Accese la fiamma scagliando la bottiglia con tutto il vigore possibile dentro la stanza. Poi corse fuori. Il meraviglioso cottage dei loro sogni ardeva nel buio ed il fumo divampava, alzandosi sino al cielo. Alle stelle che lo contornavano. Doreleen seduta a terra, stringeva in pugno l’erba fresca d’un prato raso alla perfezione. Possedeva ancora una vita. Oramai distrutta. George e le piccole, perirono abbrustoliti dalle circostanze. Non lasciando ai posteri alcuna traccia di questa storia. Fino ad oggi. Fortunatamente. Ma se per caso vedeste qualche macchia rossa sul vostro cuscino e non sapeste di cosa si tratta, rammentate la povera Doreleen che, sconfessata, finì i suoi giorni miseramente rinchiusa in un ospedale psichiatrico.

Nicoletta Spinozzi

Nata a Genova il 21/02/1982. Ho studiato al liceo classico e ho la passione per la scrittura. Dopo aver pubblicato un libro intitolato "La neve seguiterà a sciogliersi" oggi mi dedico alla scrittura sul web. Collaboro con alcuni siti e blog. Nel frattempo partecipo ad alcuni concorsi di poesie e racconti. Sogno di fare della mia passione un lavoro vero e proprio.



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