Gli urlanti

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2020 - edizione 19

Gli urlanti si inerpicarono veloci sulla collina.
La loro furia era incontenibile come sempre.
I loro versi laceranti squassarono l’aria gelida dell’alba imminente e penetrarono come coltelli affilati nella foschia, fiaccando gli animi già provati dei sopravvissuti che ci erano stati affidati.
Più su, in cima all’altura, il volto del mio maestro era impassibile. I suoi lineamenti sembravano scolpiti nella pietra. Non trapelava alcuna emozione.
La paura era un privilegio che quelli come noi non potevano permettersi.
Ma quando mi guardai intorno e vidi l’angoscia negli occhi dei nostri protetti, per un attimo anch’io fui sopraffatto. Erano stremati. Non dormivano da giorni. Da quando gli attacchi si erano intensificati.
Nelle ultime notti le urla erano echeggiate per tutta la vallata costringendoci a fughe continue e inutili. Quei demoni sembravano materializzarsi dal nulla, vomitati dalla terra e dall’oscurità delle grotte in cui trovavamo rifugio. Venivano e divoravano e poi sparivano per poi tornare, lasciando sgomenti e atterriti coloro che scampavano allo scempio.
Mi chiesi se il dono che aveva il mio maestro sarebbe stato sufficiente a riaccendere la speranza negli occhi di quei disperati.
Dopo averli aiutati ad imboccare l’ennesimo sentiero verso una temporanea salvezza, mi voltai verso la collina.
Il mio maestro era immobile.

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Le creature procedevano verso di lui a grandi balzi. Nude, grottesche, madide di sudore e fameliche.
Fu una cosa veloce. Artigli straziarono le carni, fauci si spalancarono snudando zanne rilucenti.
Ogni brandello di quell’uomo straordinario li saziò e, come previsto, grazie al dono, li placò.
Per quanto tempo non era possibile saperlo.
Ma ancora oggi l’effetto di quel sacrificio continua e le urla non feriscono più la notte.
Ed è un bene perché il dono in me non si è ancora sviluppato del tutto.
Sprazzi di paura offuscano ancora i miei pensieri.
Non sono ancora pronto.

Marco Fornari



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