Gocce

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2020 - edizione 19

Tic! Tac!
Due gocce d’acqua mi cadono sul visto ridestandomi dallo svenimento.
Mi fa male la testa. Il sangue mi rimbomba nel cranio come dopo una forte sbronza.
Mi fanno male gli occhi. Sebbene la luce sia flebile, acceca le pupille appena uscite da un buio abissale.
Mi fanno male i muscoli, per troppo tempo sono rimasti bloccati in una posizione innaturale.
Tic! Tac!
Altre due gocce cadono sulla mia fronte.
Penso all’invito alla festa, così ingenuamente accettato. Penso alle mani affusolate e agli occhi verdi che me lo hanno dato. Come può nascondersi tanta malvagità dietro tanta bellezza?
Penso al viaggio spensierato, il borgo immerso nella campagna, il vento che muove le spighe come le onde di un mare dorato.
Penso ai miei vent’anni e alla mia stupidità.
Tic! Tac!
L’alcool, la festa, i grandi stendardi in onore di san Cristoforo Cinocefalo. Strano che una festa patronale si svolga in quel modo. Niente messe, niente processioni, niente preti in abiti solenni. Solo le effigi di un essere semiumano e musica e vino e lunghe danze.

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Tic! Tac!
Sollevo leggermente la testa. Sono in una grotta o in qualche altro luogo sotterraneo. Ad una decina di metri, una piccola folla forma un semicerchio intorno al ceppo al quale le mie mani e i miei piedi sono legati. Tutti portano una maschera che riproduce i tratti di un cane.
La folla è silenziosa, solo una figura vestita con un lungo mantello rosso intona una cantilena in una lingua a me sconosciuta.
Tic! Tac!
Altre gocce mi rigano il viso.
Alzo lo sguardo direttamente sopra di me per capire la provenienza di quello stillicidio. Il terrore mi invade. Non è acqua quella che cade sulla mia testa ma saliva!
La cantilena si arresta, enormi fauci piombano sul mio corpo inerme.

Matteo Antonini



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