L'allievo

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2019 - edizione 18

Il dottor Castelli termina l’incisione della plica uterovescicale, poi fa un passo indietro.
«Adesso» spiega «prosegui tu. Incisione dell’utero, a livello del segmento uterino inferiore. Ricordi qual è?»
L’allievo annuisce e impugna il bisturi. Con movimenti lenti ma precisi esegue la manovra e si prepara a estrarre il bambino.
Per essere la prima volta è bravo.
Il dottore rimane impassibile.
Ha smesso di chiedersi se sia quello giusto: è il quarto che loro gli mandano negli ultimi nove giorni. Hanno commesso tutti lo stesso errore, ma a loro non interessa, prima o poi troveranno quello adatto e di lui non avranno più bisogno. Saranno autosufficienti. Fino ad allora a Castelli è concesso di vivere e soprattutto di insegnare.
Presto o tardi il cibo inizierà a scarseggiare e hanno agito secondo logica: allevare gli umani per avere scorte perpetue. La loro intelligenza ha spiazzato gli uomini.
L’allievo estrae il neonato, che si dimena strillando, ma le mani gli tremano mentre il respiro diventa affannoso.
Il dottore retrocede ancora, per sicurezza.
Un fremito, poi l’allievo crolla: solleva il piccolo davanti a sé e gli mangia la faccia, spruzzando sangue.

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Ci risiamo, scuote la testa Castelli. La carne di neonato li fa sballare: l’istinto prevale sulla ragione.
L’anestesista, le dita putrescenti che ticchettano nervose sul ventilatore artificiale, continua a monitorare la puerpera mentre l’allievo, che si tiene ben stretto il resto del suo spuntino, viene trascinato via.
Il dottor Castelli è stanco ma finché c’è vita c’è speranza.
E poi il suo lavoro, in mezzo a quegli orrori, è l’unico vero piacere che gli è rimasto.
Un infermiere, dalla cui fronte marcia cola essudato giallognolo, gli porge un nuovo paio di guanti.
Con calma li indossa e fischietta come di consueto mentre si appresta a suturare.

Gabriele Lattanzio



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