I tempi d'una volta

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2019 - edizione 18

L’espressione demoniaca dei suoi occhi. Ecco cosa mi è rimasto impresso di quel giorno.
Sono passati trent’anni, ma è come se fosse oggi. Ero avvinghiata alla gamba di mia mamma, sopra di noi il cielo plumbeo come solo l’Inghilterra riesce ad avere, il calore del fuoco mi scaldava la faccia e ardeva viva la strega.
Molti ricordi sono confusi, ma gli occhi rossi di quella cosa me li porto dentro da decenni. Ogni volta che un nodo del legno accatastato ai suoi piedi scoppiava, la strega lanciava un urlo lancinante, tanto che qualcuno, tra la folla, si doveva tappare le orecchie. In mezzo ai ceppi potevo anche scorgere dei libri. Erano quelli scritti da lei, quelli che l’avevano fatta giustamente condannare.
Non avevo mai visto mamma così arrabbiata, mentre rinfacciava alla “donna” sul rogo le sue idee strampalate sul nostro pianeta e su altre amenità scientifiche. Ma molto probabilmente mi ricordo male, perché lo sanno tutti che la Terra è piatta: oggi sarebbe semplicemente folle pensare il contrario, figuratevi andare a dirlo in tv o a scriverci dei saggi.

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Stamattina ne hanno bruciata un’altra. C’erano molti bambini alla parata, compreso il mio, ed è un bene: molto meglio che stare a scuola su quei libri, che presto, finalmente, saranno aboliti per sempre.
Quando all’essere immondo si è sciolta la faccia, mio figlio ha urlato di gioia. Gli ho stretto forte la mano, con l’altra sgranavo il rosario; poi ho preso due fazzoletti e ce li siamo legati sul volto, per evitare di respirare le particelle avvelenate della nube che si levava dal rogo e che presto avrebbero lasciato delle scie nel cielo.
Fra qualche tempo comunque si passerà all’impiccagione: le foreste e i suoi animali hanno cominciato a morire, con tutto quel fumo.

Stefano Porta



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