Il quadro

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2019 - edizione 18

Da che aveva memoria, il giovane Romolo era sempre stato inquietato dal quadro appeso nello studio del padre.
Non gli era permesso di entrare, tassativamente.
Il primo giorno di autunno del 1857 suo padre partì alla buon'ora a bordo del calesse per sbrigare delle faccende presso la piantagione di tabacco.
Quale occasione migliore per sbirciare quella così sgradevole ed allo stesso tempo attraente rappresentazione su tela?
Lo studio era chiuso, ma una copia della chiave era solitamente nascosta in fondo ad un cassetto della credenza. Romolo lo aveva visto riporla lì, una volta.
La trovò: grossa, pesante e con la superficie leggermente arrugginita.
Entrò.
Fu circondato da un odore di pelle, libri e sigaro. Piacevole, tutto sommato.
Raggiunse la parete con il quadro, restandovi a debita distanza.
L'uomo rappresentato, indossava una toga scura e portava la barba molto folta.
Ai suoi piedi era gettato un grosso capo di caprone nero con un sigillo dipinto sulla fronte.
In basso, sulla destra vi era una firma illeggibile ed una data: 1731.
Gli occhi di quell'uomo gli raggelavano il sangue; parevano osservarlo fino ad entrargli nell'anima come una lama.
Non lo aveva mai analizzato così a lungo e così da vicino. Si era sempre limitato a sguardi sfuggevoli e nulla più.

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Poi si accorse. L'uomo ritratto era suo padre.
Si rese conto di trovarsi improvvisamente a meno di un metro dal quadro.
Un brivido gli corse lungo la spina dorsale ed il sangue raffigurato sotto la testa del caprone parve muoversi quasi impercettibilmente, come fosse fresco.
Un rumore alle sue spalle lo fece trasalire, girandosi con la pelle d'oca fin alle guance.
Era il padre, seduto alla scrivania.
- Non ti avevo detto di non entrare?
Romolo girò nuovamente la testa verso il quadro. L'uomo raffigurato non c'era più.

Enzo Giano



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