Il Gigante

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2019 - edizione 18

Il piccolo Baba sgranò gli occhi nel buio appiccicoso del rifugio. L'aria viziata gli bruciava nelle narici. «Il Gigante!» sussurrò. Senza respirare, rimase in ascolto di quei tonfi cavernosi che facevano tremare la terra e il cuore. La creatura sembrava essere lontana e l'aria fremeva di elettricità inquieta. Ma nessuno, nel rifugio, sembrava accorgersene. Anche suo fratello Kim, che per primo gli aveva parlato del Gigante, continuava a dormire indisturbato.
Quel cupo e ovattato calpestio, dapprima lontanto, pareva ora nitido. La mente di Baba prese a tratteggiare la sagoma deforme del Gigante che si stagliava contro il cielo; l'orrore erano le case sbriciolate dai suoi pugni nodosi; era quel ruggito, come glielo aveva descritto Kim: metallico e catarroso, capace di terrorizzare una bestia feroce; era nelle strade, che al suo passaggio si aprivano in abissali voragini che inghiottivano automobili distrutte e corpi maciullati. Questo fanno i giganti, Baba lo sapeva. E sapeva che questo gigante, il Gigante, avrebbe potuto incenerire un bosco intero con un sospiro.
«Pensa a come ridurrebbe un moscerino come te» gli aveva detto una volta Kim.
Quando il ruggito del Gigante tuonò sopra il rifugio, l'aria vibrò violenta; un urlo gravido d'odio che sembrava provenire dal ventre insondato dell'Universo.
«Baba», disse suo fratello «È qui!»
Il buio si animò di decine di altre voci. Poi il boato.

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L'8 giugno del 1972 il rifugio di Baba e di altre quattro famiglie fu devastato dalle bombe incendiarie piovute dal cielo sopra Trang Bang. Baba fu il solo a vedere la luce d'acciaio dell'alba. Con indosso degli stracci bruciati, fusi alla carne straziata in modo orribile, scappava dalle macerie fumanti; muoveva le gambe esili, chiazzate di viola, su una strada di rocce aguzze, schegge di vetro e cadaveri.
«È stato il Gigante» andava gridando «Vi prego, fermate il Gigante!»

Marco Sorbara



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