Deneth

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2019 - edizione 18

Deneth si sorprese quando sul libro vide impresso il suo nome e una frase che pareva volerlo dissuadere dal continuare nella lettura. Diceva la frase: «Questo libro non ha finale Deneth, non voltare pagina ma chiudilo e riponilo».
«Non ci penso neppure visto che mi manca solo un capitolo» sussurrò Deneth fra sé. Sollevò il braccio e, dopo aver umettato il dito indice, girò pagina.
Il libro introduceva un nuovo capitolo e, di primo acchito, non sembrava ci fossero grandi novità ma non appena Deneth affrontò il primo capoverso si rese conto che la situazione era cambiata enormemente. Le parole, ora, non si presentavano più al lettore singolarmente ma parevano unite in un unico blocco, inoltre esse potevano separarsi dal foglio di carta sollevandosi nell’aria come vortici di fumo. La stanza ne fu presto satura e le parole, inanellandosi, produssero una sorta di continuo bordone, una vibrazione multisensoriale che coinvolgeva non solo la vista di Deneth ma anche il suo udito e l’intera sua struttura ossea.

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Da principio la vibrazione si era presentata come un semplice sussurro ma in pochi minuti l’intensità e la velocità del flusso erano cresciute a tal punto che Deneth, cercando riparo, si era scagliato in un angolo della stanza e qui, rannicchiandosi, aveva chiuso gli occhi e adagiato il capo sulle ginocchia.
Improvvisamente sentì freddo alle mani e si accorse che al di là dei polsi si estendevano solo più le cannule delle vene pulsanti. Anche i piedi erano scomparsi e, pezzo dopo pezzo, l’intero suo corpo si andava sciogliendo come zucchero e veniva digerito e trasportato dal flusso di parole che vorticavano nella stanza.
Di Deneth fu conservato il solo nome che comparve al termine del libro con le lettere leggermente mischiate: “The End”.

Ora il libro aveva un finale.

Alberto Bellocchio



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