300 Parole 2025: scadenza 31 ottobre

Di sotto

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2018 - edizione 17

Un alito freddo si sprigiona appena apro la porta. Puzza di muffa ed è denso. In fondo è buio e devo accendere la torcia per scorgere i gradini, mentre scendo di sotto.
«Merda» mormoro prima avventurarmi per le scale. «Qualcosa di meglio?»
«È l’unico lato negativo» mi ricorda. «Ma basterebbe pulire un po’. La casa è stata ristrutturata, la caldaia è nuova, anche l’impianto di riscaldamento. Per il resto, cucina e soggiorno separati, come da richiesta. E la moquette è solo nelle camere da letto. As you wish!» allarga le braccia e accenna un sorriso.
Il tizio dell’agenzia immobiliare mi invita a scendere. Tiene la pesante porta aperta, per scongiurare il panico da buio totale, da mancanza di aria, un attacco di claustrofobia. È il momento di scoprire cosa si cela tra i funghi e il buio e l’umidità dello scantinato. Centinaia di ragni, sacche di uova, sospese sulle ragnatele, pendono sopra la mia testa. L’intonaco scrostato è ammucchiato in un angolo e, sotto, qualcosa si muove. Qualcosa di grosso.
Ci sono tre stanze, mi stupisco di scoprire quanto sia vasto l’ambiente.

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INCUBO POST-APOCALITTICO DI TIM CURRAN

Dopo l’olocausto nucleare, un gruppo di sopravvissuti si rifugia nel bunker progettato da Lilian, un nascondiglio sicuro fatto di acciaio e piombo... o così sembra. Con un ritmo incalzante e un’atmosfera claustrofobica, Aftermath incalza tra spettri di follia e oscuri desideri, trascinando il lettore in un’odissea dove la più grande minaccia non è la radioattività… ma il male che si cela nell’animo umano. Disponibile in ebook e cartaceo entrambi illustrati.

«Se volesse arredare uno studio, sarebbe l’ideale» suggerisce l’agente. «Bisognerebbe dare una pulita» dice, come se non potessi vederlo da sola.
Non so se ne ho voglia. Non ne ho di toccare gli scarponi del precedente inquilino, abbandonati nella stanza a destra, davanti una parete. Sono enormi, sproporzionati. Doveva essere molto alto.
Osservo l’oscurità: ribolle come magma nero, memore del sapore dell’uomo con gli scarponi. Deve averlo ingoiato, malgrado l’altezza, senza saziarsi. E ora invita me, per essere accarezzata e nutrita.
Prendermene cura non pare una cattiva idea.
Torno su sorridendo.
«Sapevo che le sarebbe piaciuta» pregusta il successo.
«Non immagina quanto».
Non immagina che dopo aver firmato il contratto, mi aiuterà a sfamare il buio.

Olga Gnecchi



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