Scary Clowns

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2017 - edizione 16

L’eco di passi strascicati preannunciava l’arrivo di qualcuno, nel buio sottopassaggio della stazione. Un individuo corpulento camminava ondeggiando, come alticcio, lo sguardo perso a osservare i graffiti sui muri.
Fino a quando udì, dalla scalinata a destra, quella che conduceva al binario cinque, l’urlo di un folle.
Poco lontano, la spaventosa maschera di un pagliaccio dal ghigno crudele e dal trucco demoniaco se ne stava immobile, una spranga di ferro tra le mani.
Il malcapitato affrettò il passo, per uscire dal tunnel dell’orrore di quel luna park metropolitano.
Qualche metro avanti, un secondo clown agitava un macete, indicandolo.
Tornare indietro non era possibile: un tizio truccato da Pennywise versione Muschietti era comparso alle sue spalle, armato di motosega.
L’uomo, in trappola, arrestò la marcia, mentre le tre maschere gli si facevano incontro pochi centimetri alla volta, per poi mettersi all’improvviso a correre sghignazzando.

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Lo sferragliare del treno di mezzanotte coprì le urla di terrore e il gorgoglio degli intestini che si riversavano sul pavimento, così come il disgustoso rumore delle ossa spezzate e della carne lacerata.
Il ragazzo truccato da Pennywise mostrò la motosega di scena.
“È finta! C’è dentro una videocamera, vedi? È uno scherzo di Halloween!”
La corpulenta figura, imbrattata di sangue, non emise neppure una sillaba.
“È solo un cazzo di travestimento” supplicò il pagliaccio togliendosi la maschera di gomma.
Finalmente, quella che era sembrata la vittima ideale di una bravata pronta a diventare virale, si chinò verso di lui, afferrandosi con le dita la punta del naso. Poi tirò, fino a strapparsi tutto il volto per mostrargli le sue sembianze ripugnanti.
“Anche il mio” esplose in una risata simile a dei conati di vomito la creatura innominabile, prima di mietere l’ultima delle sue vittime.

Giuliano Conconi



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