Incubus

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2017 - edizione 16

Il dolore al basso ventre la risvegliò di colpo. Il senso di lacerazione che aveva percepito nel sonno era stato terribile, piacere e sofferenza al contempo. Nell'oscurità, gli occhi di Sara registrarono un'ombra allontanarsi velocemente, nascondendosi negli angoli più intimi della sua mente. La stanza grigia, fuorché per il sangue rosso fra le sue cosce.

Il medico la ammonì severamente. Sara aveva passato più di un'ora, quella notte, tentando di arrestare l'emorragia. Era uscita alle prime luci dell'alba dirigendosi verso l'ambulatorio più vicino.
“Le analisi mostrano uno squarcio esteso e brutale... Deve decisamente controllarsi...”.

“Polluzioni notturne”, le disse la psicologa della scuola. “Sono normali alla tua età”.
“A parte che le polluzioni sono maschili, non femminili. Ma poi, le dico che qualcosa non va. Non dormo, mi risveglio stanca, vomito ogni mattina”.
“Stress, di certo. Ultime interrogazioni, insegnanti esigenti, gli esami...”.
Sara uscì, sbuffando. Mentre chiudeva la porta, le sentì dire: “Prendi delle vitamine...”.

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Quella notte Sara finse di addormentarsi. Quando udì un movimento sul letto, strinse le dita attorno all'oggetto che aveva poggiato sotto il cuscino. L'essere si avvicinava lentamente.
Sara non aspettò: colpì con forza. Il coltello si fece strada, trapassando il cuore.
Si alzò. Quelle mani, come artigli: il collo peloso, le corna simili a quelle di un fauno. O di un demonio. E quel membro mostruoso, eretto e spinoso: emise un conato, al pensiero di quante volte l'avesse infettata con il suo tocco.
Corse fuori e vide sua madre che la attendeva in corridoio. “Lo hai visto? E' splendido, vero?”. Sara la fissò inorridita. “E’ mio fratello: Incubus e Succubus. Virtus Diabuli Lumbis Est. Io rubo il vigore degli uomini, e lui lo usa per fecondare e generare i figli dannati che domineranno il mondo”.
Sara cadde sul pavimento, comprendendo finalmente il perché delle nausee mattutine.

Gianandrea Parisi



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