Amore

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2021 - edizione 20

Dicono che l’unico amore sconfinato sia quello delle madri, ma è una bugia.
Ci sono amori smisurati, rarissimi, tanto intensi da non tollerare la propria fine, la propria dissoluzione, da mutarsi in follia, imprigionandone i creatori.
Amori come il nostro.
Stelle incandescenti che hanno illuminato la galassia delle notti insieme, esplodendo di bagliori e scintille, ma che ora sono morte, pur brillando durante la caduta.
Io e te, Claudio, lo sapevamo.
Ce lo leggevamo negli occhi, mentre il silenzio cadeva sui piatti sporchi, mescolavamo chiacchiere sul meteo e cronaca del TG regionale, facevamo cin coi nostri banali aperitivi. Mi guardavi preoccupato, mentre piangevi, dentro. Eravamo incapaci di confessare che stavamo sbiadendo.
Ma sapevamo che non tutto era perduto.
Potevamo ancora salvarci, rimanere fianco a fianco, fondere le carni per bruciare di nuovo, come una cometa che ricomincia a brulicare di vita. Uno di noi doveva trovare il coraggio. Non l’avessi fatto io, saresti stato tu.
Ora dormi vicino a me, su questo giaciglio di legno intiepidito dal velluto. Sprofondiamo nel buio.

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L’avevamo ordinata assieme, questa cassa; ne pretendevi la comodità. Avevi ragione. Mi accoccolo e poggio il braccio sopra il tuo torace, respirando t’accarezzo il collo. Sono sfinita. Non sei più un giovanotto snello e ossuto.
È stato più facile convincere gli operai della nostra partenza e che lo scavo per la piscina non serve più. Ecco... il crepitio della terra sul coperchio.
Adesso ciao, Amore.
Non sentirai l’ultimo bacio: il veleno farà effetto prima che sparisca quello del sonnifero. Mi troverai fredda, ma so che capirai.
Saremo di nuovo cometa, che brulica di vita.

Raffaele Serafini



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