Tomba

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2021 - edizione 20

Mordred correva gareggiando con il sole per chi fosse arrivato a casa prima.
Stava portando alla bella mogliettina un mazzo di orchidee colorate.
Quando si fermò un momento, per riprendere fiato e non rischiare che il suo cuore esplodesse in mezzo al bosco, rimase quasi ipnotizzato da quella tomba a bordo sentiero. Era più fuoriposto di un occhio sotto un’ascella. La terra era fresca e mossa, mentre l’epigrafe era dolorosamente logora e storta. Sembrava che avessero appena sepolto qualcuno e usato una lapide di seconda mano.
Intanto il sole era tramontato e lui cominciò a tremare talmente tanto che gli parve che la terra del tumulo si muovesse. L’aria aveva iniziato a puzzare di topo morto. Stava per andarsene quando una voragine cominciò a disegnarsi nel terreno. La lapide cadde provocando il rumore di un osso triturato e una piccola creatura alta meno di un metro sbucò dalla tomba.
Sotto i granelli di terra la sua pelle era talmente pallida che sembrava fosforescente. Le sue pupille luccicavano come se avessero preso fuoco.
Mordred era congelato dal terrore.

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Il bambino gli saltò addosso, mordendolo alla gola con i suoi canini cariati ma affilati come katane.
L’uomo piombò a terra in stato di shock, mentre il moccioso defunto cominciò a succhiargli il sangue come se fosse un ghiacciolo umano.
Il sangue annaffiò le orchidee e Mordred, inerme, pensò che quel pezzettino di merda stava rovinando i fiori per sua moglie.
Mentre l’uomo percepiva che la sua anima veniva spolpata, vide una bambina bionda, bella come una visione angelica, che timidamente si avvicinava. Sembrava la cucciola di una divinità.
La bambina dagli occhi di zaffiro si chinò accarezzando la faccia di Mordred e con il cucchiaio, che nascondeva nel suo vestitino celeste, gli cavò gli occhi per farne una deliziosa zuppa.

Ronald Arkham



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