All'ombra dei tigli la polvere cadrà

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2017 - edizione 16

Adoro i casolari abbandonati che stanno lì lì per crollare, che vengono però sostenuti dai tigli potenti. Quando ne vedo uno il brivido di mistero e terrore s’infila sotto la maglietta, sale su per il collo e mi muove i capelli in testa.
In un casolare così nel bel mezzo di settembre io e i miei più cari amici siamo entrati per pura curiosità.
Una nuvola maleodorante ci investì all’ingresso.
Entrammo lentamente. Il cuore del palazzo era integro e apparentemente sicuro. I pavimenti in marmo luccicavano sotto i nostri piedi e i soffitti decorati ci osservarono con gli occhi degli angeli. La scala finiva a metà bloccando il passaggio alle altre stanze.
Uno specchio enorme in fondo alla sala catturò la mia attenzione. Mi avvicinai.

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Era enorme, lucido, come se l’avessero appena incerato. Era inclinato, perciò dovetti avvicinarmi tanto per vedermi riflessa. Ebbi un tuffo al cuore alla vista della mia faccia completamente bianca. Cercai di pulirla, senza successo. Mi sporsi in avanti fino a sfiorarlo con il naso per rendermi conto che non era polvere. Il mio viso era diventato bianco, i capelli si seccarono e le rughe profonde solcarono il pallore. Ero ipnotizzata, immobile, incapace di gridare o di distogliere lo sguardo dalla sagoma nera con gli occhi penetranti che emergeva dall’oscurità dello specchio.
La sagoma non si muoveva, ma la sua coscienza si faceva strada dentro di me, riempiva ogni cellula, s’impossessava della mia mente finché non divenne tutt’uno con la mia ed è allora che mi staccai dal corpo per entrare a far parte dello specchio. Quel che prima era il mio corpo cadde a terra e si frantumò come un blocco polveroso.
I ragazzi pensarono che fossi uscita fuori e andarono via, senza tornare mai più.

Jelena Kuznecova



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