Il pozzo

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2019 - edizione 18

Guardò in quel budello scuro.
La morte non aveva cancellato il suo sguardo di terrore. Una ferita frastagliata si apriva sulla gota rosea, come se qualcuno vi avesse deposto un fiore vermiglio.
Si diceva che chi cadesse in quel buco profondo si perdesse nell’oscurità, come fosse un’enorme bocca pronta a ingoiare.
Così Mattia l’aveva trascinata fino al circolo di pietre. Fili d’erba lucenti le erano rimasti impigliati ai capelli.
Elsa era ancora lì, nessuno l’aveva morsa e inghiottita. Sul fondo Mattia scorse la piccola medaglia, ricordo della sua prima comunione.
Vederla gli provocò turbamento; doveva riprenderla. Ripensò alla gioia provata nel sentir sciogliere in bocca la carne di Cristo. In realtà, era qualcosa più della semplice gioia, era una sensazione di calore che gli partiva dallo stomaco, scendeva giù, e batteva proprio dove don Silvio non voleva che lui si toccasse.
Aveva realmente sentito sul palato il sapore dolciastro e sapido del ferro sgorgare da quel frammento benedetto. E subito dopo aveva inghiottito il bolo pastoso di saliva, bramoso di saziarsi.
Mattia non aveva resistito, doveva sapere quale fosse il sapore di Elsa, e così l’aveva assaggiata. Un grosso morso sulla guancia soda, coperta da piccole lentiggini ambrate che avrebbero mutato di poco il gusto delicato della sua carne.

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Si appese alla corda, sotto di lui il mastello dondolava, colpendo la parete. All’interno del pozzo le pietre sconnesse furono un appiglio, poi all’improvviso perse la presa e si ritrovò a scalciare nel vuoto.
Qualcosa gli afferrò i polpacci contratti. Un calore improvviso lo avvolse e gli inzuppò l’estremità dei pantaloni.
Un morso. Un morso profondo.
Tutto fu avvolto da una vertigine scura che lo attirò in profondità.
I vecchi giù in paese hanno ragione, nel pozzo c’è veramente qualcosa, ma come dice don Silvio, solo i bimbi cattivi vengono mangiati.

Miriam Palombi



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