Il campanello non funziona

E' sabato mattina e decido di fare una passeggiata in libreria per rilassarmi e trovare qualche libro da portare in vacanza. Mentre giro tra gli scaffali, noto un gruppo di persone raccolte in una piccola saletta. Sono intenti ad ascoltare un uomo che recita delle poesie. Mi avvicino per curiosità e scopro che si tratta di un incontro con l'autore.
L'autore è un un uomo di mezza età, con i capelli grigi e gli occhi vivaci. Legge le sue poesie con grande passione e coinvolgimento.
Al termine della lettura, i presenti iniziano a fargli domande, a parlare delle loro esperienze e di come le poesie toccano profondamente. E' un momento magico, un momento di condivisione e di scoperta.
Compro il libro dell'autore e attendo l'autografo in copertina.
Mentre firma, io guardo le sue rughe intorno all'occhio destro, i capelli bianchi della basetta, i peli grigi sulla mascella.
- Vuole anche una dedica?
- Perché no.
- Vuole pranzare con me o, se ha impegni, un aperitivo? Vorrei parlarle di un mio progetto letterario, una miscellanea di idee da approfondire e penso che lei sia un lettore molto attento alle sfumature linguistiche.
Sorpreso da tale invito, d'istinto:
- Se paga lei...
- Certamente, ma deve accettare l'aperitivo al bar dell'angolo e il pranzo nella casa di campagna di una mia lettrice, un bed and breakfast molto carino in una zona particolarmente attrattiva per runners ed amanti della natura, a soli 45 minuti di strada dalla città. Lei ha la macchina?
- No, sono venuto a piedi. Abito a due isolati da qui.
- Ha la patente?
- Certo.
- Bene. Andremo con la mia macchina e guiderà lei. Di solito il mio aperitivo è abbastanza alcolico.

Il bar Writer House è un locale spazioso e accogliente con pareti colorate. Il pavimento è in mattonelle grigio perla, mentre il bancone è lungo e rifinito in legno chiaro.
Ci sediamo nella zona divani e poltrone. Scegliamo il divano arancione a strisce viola. Alla nostra sinistra, sulle poltrone verdi, due ragazzi che seguono i social media sul cellulare. Al loro tavolo due bicchieri di prosecco e patatine al peperoncino.
Il giovane addetto alle ordinazioni, impagliato nell'abito coordinato pantalone nero-gilet nero e camicia bianca con farfallina marrone, ci allunga il menù. Tra i cocktail scelgo Old Fashioned con whisky, zucchero, bitter, arancia e ciliegia per guarnizione. Il poeta sceglie Sidecar con cognac, triple sec, succo di limone.
- Ho subito una grande perdita in passato – racconta il poeta. Ho vissuto momenti difficili e la mia vita sembrava non andare avanti: mi sono un po' isolato, non amavo scrivere, vedevo programmi televisivi sulla costruzione delle case in Alaska o come sopravvivere nudi nella foresta tropicale o come fare soldi vendendo cimeli delle guerre mondiali. Ore e ore passate davanti alla TV, dimenticando di mangiare e bere birra non filtrata. Ordinavo le birre con l'app Best Beer ed avevo ridotto il mio appartamento ad una vera discarica, piena di immondizia e lerciume ovunque. Non cambiavo neanche le lenzuola dove dormivo, né gli asciugamani. Un martedì, il ragazzo che mi consegnava la birra, si lasciò scappare una smorfia di disgusto: forse aveva sentito l'odore sgradevole dell'appartamento o forse aveva visto il caos della sala da pranzo o entrambe le cose. Comunque, prima di andarsene scrisse sullo scontrino il numero telefonico di una sua conoscente disponibile dietro compenso ad aiutarmi. Tra me e me ho pensato che non l'avrei mai chiamata. Aiutarmi per cosa? Mi sono disteso sul divano, ho buttato lo scontrino sul tavolo, ho aperto la mia birra ed ho continuato a vedere il programma sulla ristrutturazione della casa malridotta. Anch'io avevo bisogno di una ristrutturazione: morale, intellettuale e fisica. Paragonandomi ad una casa, pensai che bisognava partire dal fisico, forse sbagliando ma da qualche parte dovevo iniziare. Al fisico ho associato il sesso. Bisognava riprendere a pensare al sesso. Fare sesso. Ritrovare il piacere e condividerlo. Questo pensiero mi ha convinto a telefonare al numero scritto sullo scontrino. Ho la gola secca.
Con un gesto richiama l'attenzione dell'addetto alle ordinazioni. Rimango sulle mie e non commento il suo racconto. Preferisco sorseggiare il mio cocktail, mentre il poeta sceglie French 75 a base di gin, succo di limone, zucchero, prosecco. Dopo aver bagnato le labbra e la gola con il nuovo aperitivo, continua.
- Ho telefonato presentandomi e sintetizzando la mia situazione. Ha accettato di farmi visita per il giorno dopo. La prima impressione non è stata positiva, nel senso che non sarei mai andato a letto con lei. Non era il mio tipo. Aveva una dolcezza nella voce, nell'espressione e nei modi che buttavano acqua sul mio fuoco sessuale. Abbiamo trovato l'accordo economico e nel giro di una settimana il mio appartamento è rinato. Cucinava e preparava piatti saporiti e appetitosi. Non mi faceva notare che bevevo molta birra o lasciavo un po' di vomito sul divano o sul cuscino. Con delicatezza entrava nella mia psiche e modifica alcuni atteggiamenti mentali che evidentemente lei riteneva dannosi per la mia persona. Che donna!
Beve tutto il cocktail e ne ordina un altro. E' il momento di Cosmopolitan: vodka, Cointreau, succo di limone, succo di mirtillo rosso.
- Insomma, mi ha cambiato la vita, mi ha ristrutturato l'esistenza. A volte penso che il dolore sia inevitabile ed una volta superato, con empatia e compassione, dia grande amore per le piccole cose e per gli affetti. Da questa esperienza alcune cicatrici sono visibili nelle mie opere, altre le nascondo. Bene. Andiamo? La mia macchina è parcheggiata nel parking della libreria.
Viaggiamo da 30 minuti circa e a parte le indicazioni stradali non parla ancora dei progetti letterari che mi hanno persuaso ad accettare il suo invito. Inoltre la strada che stiamo percorrendo è una strada stretta, disastrata con alcune buche profonde e con un po' di distrazione rischio di forare o di rovinare i cerchioni delle ruote. Ho dubbi sulla direzione che stiamo seguendo, ma spero che le indicazioni non siano dettate dall'elevato tasso alcolemico del mio poeta-navigatore.
- Gira a destra, dopo quel cartello triangolare, e poi vai sempre dritto per 2 km. Sulla sinistra c'è il casolare dove ci aspettano. Fermati un attimo: ho bisogno di svuotare la vescica. Anzi. Io piscio e tu arrivi alla casa ed avverti che avevo bisogno di camminare un po'. Inventa una scusa plausibile. Grazie.
- Ma...
- Niente obiezioni. Raggiungi la casa: io arriverò presto. Puoi iniziare a mangiare se hai fame. Non mi offendo.
Detto questo vomita sul cofano.
- Sei sicuro di stare bene?
- Sono in ottimo forma, non vedi? Mi reggo ancora in piedi. Va e non discutere.

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La casa è una vecchia dimora in stile vittoriano. Le mura esterne sono di un bianco sbiadito, con finestre inframezzate da alberi scuri. L'ingresso principale è aperto, una porta massiccia di legno che cigola ogni volta che viene aperta con la scritta B & B Augusta in blu cobalto. Un'atmosfera tetra e opprimente mi accoglie. - Permesso? C'è qualcuno in casa? I pavimenti di legno sono scricchiolanti e decorati con tappeti sudici e stracciati. Le pareti sono rivestite da tappezzerie rovinate e pendono lampadari a gocce con ragnatele articolate. Mi ritrovo in un lungo corridoio ed osservo con stupore le stanze arredate con mobili logori e polverosi con gli specchi rotti e le poltrone consumate. I quadri alle pareti ritraggono volti sconosciuti e spaventosi, mentre l'aria è carica di un odore pungente di muffa. - Ho l'impressione che in questo edificio non ci sia nessuno da un po' di tempo. Trovo una stretta scala a chiocciola che conduce, presumo, in cantina. Scendo in un ambiente buio e freddo, dove si trova una cella aperta accanto ad altre porte sigillate. L'aria è soffocante e piena di odore di putrefazione.
Risalgo la scala a chiocciola e dopo il primo gradino sento un sussurro che sembra provenire dalle pareti. Provo ad ignorarlo, ma un cigolio metallico dalla porta chiusa, mi scuote. Resto immobile. Ancora uno stridio metallico accompagnato da un soffio gelido che mi tocca la nuca. Sono trasalito, inizio a sudare. Piccole gocce di sudore si formano sulla fronte, nelle braccia dietro al collo lungo la spina dorsale. Un leggero stordimento mi fa vacillare sul gradino. Afferro il mancorrente con la mano destra: tutta la forza che posseggo si trasferisce nella presa e serro i denti. Dall'oscurità, una scia luminosa – come di un fiammifero acceso – si avvicina velocemente e colpisce la mia zona ombelicale facendomi ruttare ed urlare di dolore. Ripetutamente colpito e con gli occhi chiusi, sento un odore di sandalo e di cipolla fritta. Vomito copiosamente, lascio la mano dal mancorrente a cui sono appoggiato, la porto sullo stomaco, apro gli occhi, con il capo chino ed osservo la fiamma spegnersi. Trovo il tempo di pensare alla parola Bastardo, percependo di fronte a me due occhi cerulei fissi sul mio sguardo. Non c'è testa, né corpo a sostegno dei due occhi. Non trovo modo di esprimere la mia sorpresa quando gli occhi si dividono ed iniziano a roteare intorno alla mia testa. Sempre più veloce, sempre più veloce e tale vortice mi stordisce e mi ritrovo disteso sul pavimento lercio ed impolverato con la guancia sinistra imburrata da una sostanza viscida e maleodorante. L'animale strisciante sulle mie labbra e il ronzio di una mosca sono le ultime sensazioni che stressano la mia mente.

Non so per quanto tempo sono incosciente in questa posizione e in questo luogo. Faccio fatica a muovermi, le gambe indolenzite, l'anca dolorante e il puzzo di vomito stantio mi accompagnano nel tentativo di riordinare le idee e risollevare il corpo. C'è ancora oscurità. Non un rumore né ronzii nell'aria e nemmeno occhi eterei e vaganti che vigilano e terrorizzano. Ho paura e non so come agire. Stringo al petto le ginocchia, assumo una posizione fetale, ruoto il capo a sinistra e poi a destra, lascio cadere sui fianchi le braccia, le mani nella sostanza viscida e maleodorante. Lo sforzo è notevole e il corpo segue la mia volontà: mi alzo. Eretto e superbo, a tentoni cerco i gradini della scala a chiocciola. Trovo il primo, il secondo e lentamente arrivo in cima dove trovo la porta. Spingo per aprirla, tiro per aprirla. Con la mano cerco la maniglia e non la trovo. Tasto tutto il legno della porta senza trovare ciò che vorrei, ma dei fili pendenti mi toccano il viso spaventandomi. Dopo un attimo di apprensione, seguo con la mano il percorso dei fili: trovo un interruttore che aziono. Una lampadina dalla luce fioca mi permette di vedere la porta nella sua interezza. Sopra l'interruttore c'è un pulsante nero, impolverato. Lo premo. Il click sonorizzato, mi lascia interdetto. Penso che fosse utile per aprire la porta. Riprovo. Nulla. Ancora. ANcora. ANCora. ANCOra. ANCORa. ANCORA. Con estrema rapidità colpisco la porta con calci e pugni: il dolore ai piedi e il sangue sulle nocche non fermano la mia rabbia che trova nutrimento dall'impotenza e dalla costrizione. Inizio ad urlare a squarciagola, tiro calci e pugni alla porta di legno speranzoso che ceda alla mia dinamica elettrica. A cedere invece è la lampadina che con un botto esaurisce il suo contributo lasciandomi nuovamente al buio. - Noooooooo! Urlo disperato e perso. Madido di sudore e singhiozzante, mi appoggio con le spalle alla porta. Noto una scintilla risalire dalla scala. Poi un'altra. E poi un'altra. Volteggiano armoniosamente nell'oscurità ad un metro di distanza. Per un attimo mi perdo nei loro movimenti, ipnotizzato dalla sinuosità descritta. - Bastardi! - grido, riprendendo il flusso adrenergico interrotto. - Bastardi! In risposta ai miei improperi, le scintille si compattano e si dirigono sul lato superiore della porta. Illuminano la zona circostante e noto una targhetta in ottone, catturata dalle ragnatele, con la scritta “cripta Dumas” e in basso “il campanello non funziona” scritta con il carboncino.

Vito Antonio D'Ambrosio



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