The Japanese Voodoo doll

Questa è una delle tante storie che si sentono in giro: reali o meno, nessuno potrà mai dirlo, conta solo ciò che è stato detto, sentito, e vissuto. Ognuno di noi è libero di leggere come meglio crede.
Era il mio compleanno, in quel periodo vivevo a Londra, e mio zio pensò di regalarmi una bellissima festa a sorpresa.
Inutile raccontare la mia gioia, credo possiate immaginarla. Ricevetti numerosi regali, tra questi mi colpì una bambola in particolare. La ricordo ancora bene, è sempre davanti ai miei occhi. Era una bambola giapponese, una di quelle di pezza, ma la cosa buffa, così mi apparve allora, era che aveva l’aspetto di un vecchio. Non ci badai più di tanto, benché mi domandai, molto speso, chi potesse avermela regalata.
Nelle ore successive mi scordai di lei, godendomi ogni istante della festa. Bevemmo e ridemmo per tutta la notte, fu un party stupendo.
Purtroppo non ebbi nemmeno il tempo di smaltire i fumi dell’alcool. Ricevetti la telefonata di mio cugino, mio zio era morto in un incidente d’auto. Fu un flash, rividi la bambola giapponese, mio zio, e di nuovo lei, solo ora collegavo, la bambola somigliava a mio zio, perfino nell’abbigliamento.
Rimasi sconvolta.

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Ne parlai con mio cugino, cercammo subito quel feticcio, ma non riuscimmo a trovarlo da nessuna parte. Mi misi a bere, cercando sollievo, ma quella bambola non mi dava pace. Urlai, imprecai e maledì chi aveva dato, a mio zio, un simile destino. Solo a tarda notte, e dopo una doccia, sentii il sonno impadronirsi di me. Ricordo che entrai in camera e, sul letto, sdraiato, vidi mio zio. Perdetti i sensi, rinvenni nell’udire la voce del mio compagno che mi chiamava. Gli indicai il letto, gli dissi di mio zio, ma il letto era vuoto.
Continuo a ripensare a tutta la storia, a mio zio, alla persona che ha desiderato la sua morte, e ancora mi domando il perché (Isobel Gowdie: 12 settembre 2011)



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