
Un colpo secco, poi un altro.
Metallo contro metallo. Catene e campanacci che si toccano nel buio, irregolari, pesanti e sempre più vicini. Le ombre si allungano tra gli alberi.
Giù, nel villaggio, qualcuno sussurra: “arrivano.”
Infine, eccoli. Sbucano dal limitare del bosco a decine. Creature dall’aspetto demoniaco, sfilano in processione per le strade del villaggio a caccia di bambini cattivi, facendo un baccano d’inferno.
Sono arrivati Krampus!
Chiunque abbia avuto la fortuna di assistere a una sfilata dei Krampus sa che la spettacolarità dell’evento sfida ogni descrizione. E chi, come me, coltiva una curiosità ostinata per ciò che è insolito, incerto e spaventoso, dopo averli visti non può fare a meno di chiedersi da dove nasca una tradizione simile e se, dietro quelle maschere, ci sia qualcosa di autentico.
Si narra che, nei tempi della fame, i giovani dei paesi dell’arco alpino si coprissero di pelli, piume e corna per non essere riconosciuti. Di notte scendevano nei villaggi vicini, portando paura e prendendo ciò che serviva a sopravvivere all’inverno.
Un giorno, si accorsero che tra loro camminava qualcun altro.
Non si trattava di un uomo travestito, ma un demone vero, tradito dagli zoccoli di capra sotto le pelli. Per scacciarlo venne chiamato Nicola, il vescovo.
Da allora, alla vigilia del giorno dedicato alla festa del Santo, il 5 gennaio, i giovani tornano a indossare le maschere. Non per rubare, ma per ricordare che il male può confondersi con gli uomini — e che va riconosciuto prima che sia troppo tardi.
HORROR PORNO ILLUSTRATO
Anni ’70. Tra le strade di una torrida New Orleans, dove il jazz si mescola all’aroma di spezie e ai corpi in vendita, prende vita “La scolopendra d’oro”, novella horror erotica intrisa di sensualità e mistero. Il libro è arricchito con numerose illustrazioni esplicite senza censura realizzate dall'artista Alessandro Amoruso. Disponibile in ebook e cartaceo entrambi illustrati.
INCUBO POST-APOCALITTICO DI TIM CURRAN
Dopo l’olocausto nucleare, un gruppo di sopravvissuti si rifugia nel bunker progettato da Lilian, un nascondiglio sicuro fatto di acciaio e piombo... o così sembra.
Con un ritmo incalzante e un’atmosfera claustrofobica, Aftermath incalza tra spettri di follia e oscuri desideri, trascinando il lettore in un’odissea dove la più grande minaccia non è la radioattività… ma il male che si cela nell’animo umano. Disponibile in ebook e cartaceo entrambi illustrati.
MANUALE PER SOPRAVVIVERE ALLE STREGHE
Questo è un testo rivoluzionario che spiega come riconoscere le vere Streghe e affrontarle. Le Streghe sono entità malvagie con un unico obiettivo: seminare caos e distruzione. Lo dimostrano i numerosi casi documentati nel Manuale, tra cui la strage del passo Djatlov, i fatti di Burkittsville, l’incidente alla Darrow Chemical Company e catastrofi di portata mondiale come Chernobyl o l'avvento di Hitler.
Il Manuale è inoltre arricchito da numerose illustrazioni e fotografie inedite e top secret. Disponibile in ebook e cartaceo.
EROS E ORRORE
Questo non è un racconto. È una possessione. Una lunga, dolorosa, eccitante possessione. Un ragazzo come tanti ma con un terribile segreto di famiglia, un amore troppo grande per poter restare umano. Lei non è solo una ragazza: è una Dea tatuata, un'ossessione che divora e trasforma. Tra desiderio e dannazione, "Lovecantropia" esplora i confini sottili tra amore e dipendenza, eros e orrore, passione e follia. Disponibile in ebook e cartaceo entrambi con illustrazioni senza censura.
Le ricerche di Michelle Scalise Sugiyama, psicologa e antropologa evolutiva specializzata nell'evoluzione del comportamento simbolico, mostrano come, nelle società umane più antiche, le figure mostruose che rapiscono o divorano bambini non siano superstizioni irrazionali, bensì strumenti educativi estremamente funzionali. I bambini sono fragili, curiosi, rumorosi. Si allontanano, piangono, attirano attenzioni indesiderate. Non possono essere sorvegliati in ogni momento. Il mostro, invece, è sempre presente, vede tutto, arriva quando gli adulti non ci sono.
Il Krampus, con il suo cesto sulla schiena e i suoi rami di betulla, appartiene a questa famiglia universale di creature liminari: come i mangiabambini, le streghe dei boschi, le figure che abitano i confini tra il villaggio e la foresta. Non servono a spiegare il mondo, ma a renderlo più sicuro perché come tutti mostri, essi sono posti dall’uomo a guardia di un confine.
Eppure, come spesso accade, ciò che nasce per necessità finisce per acquisire una vita propria. Qui il racconto popolare inciampa contro la ricerca storica. Non esistono prove di un’origine pagana o precristiana del Krampus. Gli studi di Matthäus Rest e Gertraud Seiser, antropologi sociali, mostrano come l’idea di un Krampus arcaico, germanico, residuo di culti antichi, sia in larga parte una costruzione moderna, nata nell’Ottocento e alimentata dal folklore romantico e, più tardi, da letture identitarie tutt’altro che innocenti. Le prime attestazioni chiare sono relativamente recenti e collocano il Krampus all’interno delle rappresentazioni cristiane legate a San Nicola. Non come antagonista autonomo, ma come figura complementare e punitiva, un demonio addomesticato e messo al servizio dell’ordine morale. Il Krampus è il male tollerato perché utile, la minaccia necessaria affinché il bene possa essere credibile.
Nel tempo, questa figura muta ancora.
Nel XXI secolo il Krampus conosce una rinascita spettacolare nelle regioni alpine: maschere sempre più estreme, corse notturne, campanacci, corpi maschili che occupano lo spazio pubblico con una violenza ritualizzata. Qui il folklore smette di essere solo memoria e diventa performance identitaria. Rest e Seiser parlano apertamente di politiche dell’identità. Il Krampus come messa in scena di forza, appartenenza e, per l’appunto, confine. Non è più soltanto il mostro dei bambini. È il custode simbolico di una soglia, il segnale che separa il dentro dal fuori, il noi dagli altri. Non è un caso che questa rinascita avvenga in un’epoca inquieta, in cui la paura non riguarda più solo i boschi, ma il futuro stesso, e in cui le tradizioni diventano rifugi sicuri.
Il cinema ha colto questa ambiguità meglio di molte analisi accademiche.
Nelle sue declinazioni più riuscite, la figura legata al Natale oscuro non viene mai davvero spiegata né definitivamente sconfitta. Non è un semplice antagonista, ma una presenza.
In Krampus di Michael Dougherty [2015], la creatura emerge nel momento in cui il nucleo familiare si disgrega. Quando il Natale smette di essere rito condiviso e diventa solo consumo, frustrazione, rumore. Il demone non arriva dall’esterno, non invade, viene chiamato, evocato dalla rottura del patto comunitario.
Il Krampus cinematografico non è tanto un mostro quanto un sintomo.
Nonostante gli sforzi della scienza di spiegare le origini culturali, le funzioni sociali, i meccanismi cognitivi che rendono la figura del Krampus così efficace e persistente, resta sempre una zona grigia, un margine non illuminato, in cui le storie continuano a funzionare anche quando sappiamo che sono storie. Il Krampus forse non esiste come creatura, ma esiste come ombra collettiva, memoria incarnata della paura che educa. E allora, senza rinnegare nulla, senza tornare superstiziosi, una preghierina a San Nicolò sotto Natale non guasta. Non perché crediamo davvero al Krampus, ma perché sappiamo che, tra il bosco e il buio, ci sono ancora cose che la ragione comprende solo fino a un certo punto.
Ricordo che molti anni fa mi piaceva uscire in bicicletta molto presto, alle cinque del mattino, d’estate, appena la luce lo permetteva. Facevo un paio d’ore di strada e poi andavo a lavorare.
Una mattina decisi di salire sul Korada.
A quell’ora il bosco non è ancora giorno, ma non è più notte. A un certo punto, tra gli alberi, intravidi una sagoma con le corna che avanzava lentamente dal margine del sentiero. Non era una visione nitida, solo un profilo scuro che si staccava dal bosco.
La spiegazione più ovvia sarebbe stata quella giusta — una delle mandrie che pascolano tra boschi e prati in quel territorio — e infatti era così, l’avrei capito di lì a poco.
Ma non fu quello il primo pensiero.
Il primo pensiero fu un altro, immediato, irrazionale ma perfettamente coerente con quel luogo, quell’ora e quel silenzio: "Stanno arrivando."
(Oresta Patrone: 17 dicembre 2025)
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