di Julia Armfield - pagine 226 - euro 17,00 - Bompiani
Leah è una biologa marina e le lunghe missioni in mare non sono certo una novità per lei. Questa volta, però, è diverso: non solo perché le tre settimane previste si allungano a dismisura, nel silenzio del Centro di Ricerche Marine, ma anche perché al suo rientro il suo corpo inizia a mostrare una serie di effetti collaterali inquietanti che non accennano a diminuire. In un susseguirsi di giorni angoscianti e domande senza risposta, mentre la distanza tra loro sembra farsi incolmabile, Leah e sua moglie Miri si trovano a lottare con un nemico sconosciuto e a chiedersi se sia veramente Leah la persona che è tornata dal fondo degli abissi.
La storia viene raccontata da due prospettive diverse che delineano tempi e spazi distinti, attraverso le voci delle due protagoniste, alternate (un capitolo ciascuna) in un ritmo perfetto.
Da un lato ci sono Leah e il suo diario: qui si ricostruisce la missione nei fondali oceanici, l'incidente (ma si è trattato davvero di un incidente?) e il lentissimo scivolare dell'equipaggio verso la tragedia, mentre il sottomarino si inabissa e anche i pensieri assumono una consistenza diversa da quella che avevano sulla terraferma. La sua ricostruzione si affida ai fatti così come sono avvenuti, ma nel narrarli Leah si rende conto che ci sono elementi che sfuggono alle spiegazioni della scienza.
INCUBO POST-APOCALITTICO DI TIM CURRAN
Dopo l’olocausto nucleare, un gruppo di sopravvissuti si rifugia nel bunker progettato da Lilian, un nascondiglio sicuro fatto di acciaio e piombo... o così sembra. Con un ritmo incalzante e un’atmosfera claustrofobica, Aftermath incalza tra spettri di follia e oscuri desideri, trascinando il lettore in un’odissea dove la più grande minaccia non è la radioattività… ma il male che si cela nell’animo umano. Disponibile in ebook e cartaceo entrambi illustrati.
Dall'altro lato c'è la voce di Miri e la sua prospettiva sul “dopo”: il ritorno di Leah a casa, gli inspiegabili effetti collaterali (presentati come “passeggeri”, ma in peggioramento costante), l'impossibilità di comunicare con il Centro che ha organizzato la spedizione. Miri oscilla tra l’ostinata volontà di fare qualcosa di concreto per tornare quanto prima alla normalità e l’impossibilità di accettare quello che sta accadendo a lei e alla sua amata Leah. Per trovare una spiegazione, Miri analizza se stessa, i propri pensieri e sentimenti, con grande onestà, e analizza anche la relazione con Leah, cercando di ricostruirne i passaggi sin dall'inizio, in un disperato tentativo di far rivivere ciò che non c'è più.
Con questi due racconti paralleli, l'autrice ci accompagna in un cammino in discesa verso le profondità più buie e inesplorate degli abissi marini, dalla zona epipelagica fino a quella adopelgica delle fosse oceaniche, nell'oscurità più totale. Con una scrittura fluida e avvolgente, capace di ricreare le atmosfere del mondo sott'acqua, capace di parlare di sentimenti e di creature misteriose che popolano il nostro pianeta, rimanendo coerente e credibile dall'inizio alla fine, l'autrice ci porta negli abissi del mare e anche negli abissi della mente umana.
“Le nostre mogli negli abissi” è una storia inquietante, ma anche struggente, in cui l'elemento soprannaturale (è una storia di presenze, che si rivelano e si nascondono ad ogni passaggio) e orrorifico si intreccia con riflessioni sulla psiche umana e su ciò che si nasconde nelle sue profondità, anch'esse inesplorate. È una storia che parla di lutto, distacco e, in definitiva, anche della fine di una relazione. Ma non è forse questo uno degli orrori più grandi, che stanno in agguato nelle nostre vite? L'orrore legato alla paura di perdere per sempre chi amiamo? Non è forse uno sprofondare verso abissi che non conosciamo, dove non abbiamo più punti di riferimento e ci troviamo completamente soli ad affrontare l'ignoto?
Voto: 9,5
[Blackstar]
Incipit
Gli abissi marini sono case infestate: luoghi dove cose che non dovrebbero nemmeno esistere si aggirano nell’oscurità. Irrequieto, è questo il termine che usa Leah, inclinando la testa di lato come per reazione a un qualche rumore, anche se è una serata tranquilla: fuori dalla finestra solo il monotono brusio della strada e ben poco che solleciti l’udito.
“L’oceano è irrequieto,” dice “non hai idea di quanto sia profondo. vai giù, sempre più giù, e ci sono cose che si muovono.”
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