I diabolici

di Pierre Boileau, Thomas Narcejac - pagine 173 - euro 15,20 - Adelphi 

Storia di un inganno al quadrato, di un’iper-macchinazione che acquisisce un fascino ancora maggiore se, a lettura ultimata, si torna indietro nelle pagine e si analizza il modo in cui i due autori hanno lavorato non solo per ottenere uno spiazzante colpo di scena finale, ma anche per torturare protagonista e lettore in un’angoscia che li tiene con il fiato sospeso fino alla fine.
La sensazione di paura, fondamentale in questo romanzo, è favorita da tre aspetti. Il primo è il lavorio sulla psicologia del personaggio, Ravinel, del quale apprendiamo che è sempre stato un vile e che della paura sarà succube fino all’ultimo in un crescendo di disperazione. In secondo luogo, alcuni eventi contribuiscono a un’impennata di tensione, funzionale a contrastare la monotonia della storia: la macchina della polizia, le lettere, l’obitorio, il pedinamento, etc. Il terzo aspetto sono le atmosfere, perennemente contraddistinte da una tetra e opprimente coltre di nebbia.
Ad essere apprezzabile, a questo riguardo, è l’insistito valore metaforico che assumono alcune immagini ricorrenti in tutto l’arco della storia – una caratteristica che si osserva anche ne La donna che visse due volte. Parlo della ricorsività dell’acqua e della stessa nebbia, che è, preme ricordarlo, acqua sospesa, quindi materia tangibile che diventa essenza impalpabile, fantasmatica.

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L’acqua tout court è senza dubbio in rapporto diretto con l’assassinio descritto a inizio libro (dal veleno nella brocca al lavatoio, passando per la vasca) ed è, parimenti, elemento deformante. La nebbia, dal canto suo, è un esplicito simbolo del turbamento psichico subito da Ravinel, così come delle apparenze ingannevoli che lo fanno cadere in errore, ma anche dell’inconsistenza che tradizionalmente connota gli spettri.
I diabolici è insomma un romanzo costruito in modo sapiente, che non mancherà di togliere il fiato e sorprendere, soprattutto se non si è vista precedentemente la stravolta, eppure bella, versione cinematografica di Clouzot del ’54, ma anche un po’ se la si è già vista, come ha fatto chi scrive queste righe, in quanto le situazioni descritte, in buona parte diverse da quelle del film, riescono comunque a realizzare la sapiente e non scontata magia della suspense.
(Andrea Bricchi)
Voto: 8

Incipit
- Fernand, ti supplico, smettila di camminare!.
Ravinel si fermò davanti alla finestra e scostò la tenda. La nebbia si infittiva. Virava al giallo attorno ai lampioni che rischiaravano il molo, al verdastro sotto quelli a gas della strada. Ora si addensava in grosse volute, in pesanti masse di vapore, ora si trasformava in un pulviscolo acquoso, una pioggerellina sottile, fatta di minuscole gocce che brillavano come sospese."



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