La fabbrica degli orrori

di Iain M. Banks - pagine 208 - euro 13,30 - Fanucci 

Nella caligine opprimente di un'isola della Scozia, si consumano in sordina le efferatezze di Frank, problematico ragazzo introverso e solitario.
Il protagonista, un perdente American Psycho di campagna, conduce un'esistenza morigerata, dedita all'esecuzione di macabri rituali volti alla difesa dell'isola, alla preveggenza e al mantenimento di una sorta di simmetria universale, per cui ogni azione deve essere controbilanciata da un atto uguale e opposto. La solitudine di una vita condotta al margine, l'abbandono da parte della società e l'assenza di obiettivi e aspirazioni innescano nel personaggio la necessità di un malato divertissement che miete vittime umane e animali.
Attraverso la voce del protagonista, Banks presenta la storia di una confessione esistenziale, ora sottilmente compiaciuta, ora crudamente impietosa. Il suo linguaggio ha un potere ipnotico, evocativo di immagini che sfuggono dall'insignificante statica delle cose di ogni giorno per diventare sconvolgenti visioni di morte. I pensieri di Frank si susseguono in una corsa frenetica ed instancabile, e si presentano sempre come osservazioni paradossali, offrendo una vista privilegiata nel mondo della follia.

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"La fabbrica degli orrori" è la narrazione di come, sotto la spinta involutiva di ripetuti traumi psicologici, al processo di crescita dell'individuo possa essere sostituito un percorso di disaggregazione dell'io, "con l'immagine intera contenuta in ogni frammento acuminato, scheggia e contemporaneamente interezza"; è l'opera imperdibile di un artista geniale.
Voto: 8

Incipit
Stavo facendo il giro d'ispezione dei Pali Sacrificali il giorno in cui ci arrivò la notizia della fuga di mio fratello. Sapevo che sarebbe successo qualcosa. La Fabbrica mi aveva avvertito.

Mi chiamo Liana Africa, sono nata a Reggio Calabria nel 1988 e faccio il medico.
Avevo 9 anni quando guardavo con invidia la collezione di libri di King che arrivavano per corrispondenza ogni mese a mio cugino.
Non avevo il permesso da parte dei miei zii di leggerli e dunque rimanevo ore a guardarne le coste ed immaginarne le storie.
Un bel giorno vidi “Misery” tra gli scaffali di un ipermercato e chiesi ai miei genitori se potevo averlo; non vi furono obiezioni, nonostante l’ascia sulla copertina. Misery terminò due giorni dopo una crisi bulimica di lettura e da lì in poi la mia vita cambiò: avevo scoperto la letteratura horror.



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