Regia: Richard Franklin
Cast: Antony Perkins, Vera Miles, Robert Loggia, Meg Tilly, Dennis Franz, Hugh Gillin, Robert Alan Browne
Sceneggiatura: Tom Holland
Fotografia: Dean Cundey
Montaggio: Andrew London
Scenografia: John W. Corso
Costumi: Robert Ellsworth, Brian O’Dowd, Marla Denis Schlom
Produzione: USA
Durata: 1:48
Anno: 1983
Dopo anni trascorsi in un istituto psichiatrico, Norman Bates viene rilasciato grazie ad una perizia che ne attesta la guarigione. Desideroso di farsi una nuova vita, Norman riprende a gestire il vecchio motel Bates; inoltre, stringe amicizia con Mary, una cameriera che adesso vive con lui nella casa dietro il motel e che lo aiuta, con la sua presenza, a combattere i fantasmi del passato. Il ritorno ad una vita normale si preannuncia però più arduo del previsto: qualcuno, infatti, fa recapitare a Norman biglietti che sembrano scritti da sua madre; gli telefona fingendosi la signora Bates; s’introduce nelle sua abitazione apparendo, vestito di nero, dietro una delle finestre dell’abitazione. Quello che a Norman e al dottor Raymond, il suo psichiatra, sembra inizialmente uno scherzo di pessimo gusto, comincia a diventare un incubo quando un ragazzo, appartatosi con la fidanzatina nella cantina della casa di Norman, sparisce nel nulla: secondo la giovane che era con lui, sconvolta, il ragazzo sarebbe stato ucciso da “una donna alta, vestita di nero”, nella cantina dell’abitazione. Mentre qualcuno continua a telefonare a Norman e a lasciargli biglietti fingendosi sua madre, l’uomo comincia a manifestare nuovamente segni di squilibrio, tanto da convincersi che sua madre sia ancora viva. Chi è che vuole fare impazzire di nuovo Norman? Chi ha ucciso il ragazzo in cantina, e dov’è il suo corpo? Ma, soprattutto: è possibile che Norma Bates, la madre di Norman, sia ancora viva?
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A dispetto di ciò che spesso si pensa dei sequel - che sono ripetitivi, senza alcunché di originale e che vivono totalmente nell’ombra del film di cui intendono proseguire la storia -, Psycho II si presenta invece come una pellicola molto valida, in continuità, certo, con il capostipite della saga, ma capace di crearsi una propria autonomia a livello narrativo e stilistico.
La pellicola di Franklin racchiude “più thriller” in uno. Si tratta tanto di un thriller psicologico - in cui si narra la vicenda di un ex-serial killer che deve combattere una dura battaglia con se stesso e col mondo circostante per conservare la riacquistata sanità mentale - quanto di un thriller “classico” - dove a colpire v’è un assassino la cui identità è sconosciuta, secondo il meccanismo del whodunit -; è un giallo “d’atmosfera”, che fa degli ambienti in cui la narrazione si dipana - soprattutto della lugubre casa di Norman - un aspetto fondamentale del film, ma è anche uno slasher movie, con qualche picco splatter (ad esempio, la scena della coltellata in bocca); si tratta, insomma, di un thriller a più livelli, ognuno dei quali corrobora e completa gli altri.
Il film sposa abilmente l’aspetto thrilling con quello più drammatico, incentrato su una tematica, quella della riabilitazione criminale, ancora oggi al centro di un acceso dibattito. Ne viene fuori un Norman Bates completamente nuovo: costui mostra, al contrario di quanto era successo nel primo Psycho, la sua parte umana, tanto da divenire una specie di eroe romantico, dibattuto tra un passato malvagio, che tenta continuamente di scrollarsi di dosso, un presente che mostra di non accettare volentieri la sua “parte buona”, e un futuro più che mai incerto, che non gli assicura neanche la stabilità mentale. Dunque, un Norman Bates “titano”, destinato a scontrarsi con un dio malvagio, il fantasma di sua madre, che aleggia ancora sulla sua esistenza e pretende di farlo ricadere nel baratro della follia: il plauso del sottoscritto va senza dubbio a Anthony Perkins, capace di intepretare un Norman Bates “uomo”, oltre che mostro.
Se Hitchcock è senza dubbio il “maestro del brivido”, Franklin si mostra degno dell’illustre predecessore relativamente alla resa della suspence, fondamentale per ogni buon thriller. Le scene che precedono gi omicidi non solo sono cariche di tensione, ma hanno un’ impronta, quella di Franklin, originale oltre che inquietante; lo stesso vale per le sequenze in cui Norman e Mary si aggirano per la casa in cerca dell’enigmatico “visitatore”, che attribuiscono all’abitazione di Norman un ruolo centrale, preminente, a differenza di quanto era successo nel primo Psycho.
La bravura del regista risiede anche nell’aver saputo differenziare, in Psycho II, i “livelli di mistero”. Sono tante, infatti, le domande che si affollano nella testa dello spettatore durante la visione del film. Chi è che vuole fare impazzire Norman? E’ la stessa persona che commette i delitti? Se no, chi è l’assassino? La madre di Norman è morta davvero? O c’è qualcosa che non sappiamo, che non è stato detto?
La verità sarà rivelata soltanto alla fine, in uno dei più sconvolgenti epiloghi che si possano ritrovare in un thriller. Che state aspettando, allora? Correte a vedere Psycho II. Di certo, vi sorprenderà, oltre a sconvolgervi!
Voto: 8
(Salvatore Napoli)
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