Non bussate a quella porta

Regia: Caradog W. James
Cast: Katee Sackhoff (Jess), Lucy Boynton (Chloe), Javier Botet (Baba Yaga/Mary Aminov)
Sceneggiatura: Ostler Nick e Huckerby Mark
Musiche: Barker James Edward e Moore Steve
Fotografia: Frisch Adam
Produzione: USA
Anno: 2016
Durata: 89 minuti

Trama

Jess è un’artista di talento con un passato difficile da superare. A causa della sua dipendenza giovanile dalla droga e dall’alcol, è stata costretta ad affidare a un istituto la figlia Chloe ancora bambina e quando cerca di riallacciare i contatti con la ragazza ormai adolescente, lei si dimostra ostile nei suo confronti. Ma anche nel passato di Chloe c’è un terribile episodio da dimenticare: la scomparsa di un amichetto, di cui viene incolpata la presunta strega Mary Aminov, una baba jaga. Quest’ultima abitava vicino all’istituto per bambini abbandonati e si è tolta la vita a causa dei terribili interrogatori a cui la sottoponeva il detective, incaricato di occuparsi del caso.
Durante la prima visita della madre Chloe rifiuta di andare a vivere con lei e con il suo nuovo compagno, un affermato libero professionista, ma quando si sente perseguitata dal fantasma della Aminov, decide di accettare la proposta di Jess. La strega inizia a spaventare le due donne, facendole spesso litigare, fino a che la protagonista trova valide ragioni per credere alle paure della figlia.

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Recensione

In un momento tutt’altro che felice per il cinema horror, in cui le pellicole sembrano adeguarsi nella maggior parte dei casi ai modelli narrativi imposti dal mercato, Caradog propone una produzione interessante per alcuni aspetti. Non si distacca dal canone prevalente, siamo sempre di fronte al solito thriller horror dove una famiglia problematica finisce per trovarsi di fronte entità paranormali o serial killer, ma stavolta il tema viene affrontato con una serie di vicende che si intrecciano tra passato e presente e rendono la pellicola abbastanza godibile. Il trauma mai superato della scomparsa del piccolo compagno, che spinge Chloe a bussare insieme al suo ragazzo alla porta della Aminov per evocarne lo spirito; la vita felice di Jess che si contrappone ai suoi problemi passati, sempre perseguitata dal rimorso per aver abbandonato la figlia; la storia della Baba Jaga torturata dal detective che voleva a ogni costo fosse lei la responsabile della scomparsa del bambino.
A livello psicologico i personaggi rivelano la complessità delle loro emozioni. Jess appare una madre forte pronta a riscattare il suo passato, abbastanza coraggiosa da sfidare la strega che sta perseguitando sua figlia e ne ha fatto il suo punto di riferimento per avere un contatto con il mondo dei vivi, ma in molte reazioni improvvise mostra le insicurezze che ancora albergano nel suo animo. Chloe nasconde dietro il suo carattere aggressivo una chiara richiesta di affetto. Le tristi vicende di cui è protagonista la spaventano, ma la avvicinano alla madre, permettendole di dimostrare i veri sentimenti che prova verso di lei. Il detective non nasconde il suo scetticismo nei confronti del paranormale. È disponibile a proteggere i bambini dell’istituto, ma nel modo spietato con cui ha torturato la Aminov rivela un’inattesa aggressività.

Anche il personaggio della Baba Jaga ha aspetti controversi: nelle scene del suo passato, che appaiono come brevi filmati agli occhi di Jess, dà l’impressione di essere una donna debole, vittima della sue ossessioni o forse di qualcosa di più forte di lei, ma il suo fantasma è portatore di morte e di terrore.
L’ultimo ruolo rilevante è affidato alla modella di Jess, una mamma con un bambino piccolo capace di notevoli poteri da sensitiva, che avverte subito la presenza del male in Chloe. Il suo scopo è far capire alle due donne la grave condizione in cui si trovano.
Malgrado non si possa proprio parlare di capolavoro, “Non bussate a quella porta” è una pellicola divertente, ricca di scene terrificanti abbastanza efficaci e di effetti speciali in alcuni momenti ben curati. Dopo il fantascientifico “The Machine”, Caradog passa all’horror con estrema naturalezza, anzi realizzando un prodotto di livello qualitativo superiore alla media. È apprezzabile anche l’interpretazione della Sackhoff, che riesce a non far rimpiangere più di tanto i tempi del capitano Kara Thrace, entrando nella psicologia di un personaggio dilaniato da molteplici emozioni.
Il finale non è di livello inferiore al resto del film, godibile anche se si riallaccia in modo palese al modello narrativo che prevale nel cinema horror contemporaneo.
Voto: 7
(Giampaolo Giampaoli)



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