Il miglio verde

Titolo originale: The Green Mile
Regia: Frank Darabont
Anno: 1999
Durata: 189 minuti
Produzione: USA

Trama

Nel periodo della Grande Depressione (anni ’30) guardie e criminali (o presunti tali) convivono ogni giorno in un piccolo carcere della Louisiana. In particolare il detenuto afroamericano John Coffey, che possiede una stazza ragguardevole, racchiude in sé grandi contraddizioni, accusato di crimini spregevoli ma di fatto dotato di un tatto e gentilezza sopra la media. Le giornate passano apparentemente nella solita routine, ma sta per accadere qualcosa di portentoso e imprevisto. Le guardie si accorgono che John Coffey ha dei poteri soprannaturali e che forse sta per essere giustiziato per crimini che non ha commesso. Vorrebbero aiutarlo ma per farlo si dovrebbe violare la legge. La battaglia epica tra bene e male prende forma all’interno del penitenziario.

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Recensione

Film di Frank Darabont, come il precedente notevolissimo “Le ali della libertà”, “Il miglio verde” esce nel 1999 e in poco tempo conquista una grande fama, di quelle pellicole destinate ad essere marchio di fabbrica e icona. Tratto dal romanzo di Steven King con l’omonimo titolo, narra le noiose giornate trascorse nel carcere di Cold Mountain, in particolare dal punto di vista del Capo delle Guardie, un sempre affidabile Tom Hanks - la faccia dell’America per bene, un Paul Edgecomb generoso e sensibile - ma la rigida e rassicurante routine sta per lasciare il passo a eventi malvagi e inaspettati.
Come aveva fatto in “Le ali della libertà”, anche qui la regia si impegna a connettere tra loro un cast di caratteristi che rendono assai verosimile il racconto, mentre ovviamente la star rimane l’ottimo Tom Hanks, oscurato solo a tratti dalla grazia infinita dell’enorme John Coffey – Micheal Clarke Duncan. Così questo importante crogiuolo di attori formato dall’altra guardia Brutus/David Morse, l’immigrato francese Delacroix/Micheal Jeter, il perfido Percy/Doug Hutchison, nonché lo psicopatico Wild Bill/Sam Rockwell, diventa il vero asse portante del film, il valore aggiunto, l’attrattiva principale e segreto di tanto successo.

Il tratto di strada che porta alla sedia elettrica è di colore verde, da qui l’insolito titolo vincente. Ovviamente “Il miglio verde” è anche un tantino retorico e ruffiano (e questo vale anche per “Le ali della libertà”), ma ha il pregio di farlo con notevole grazia e talento. E’ quella retorica che riconosci ma che tutto sommato provi piacere a guardarla, tanto più che la vicenda, sempre più fantastica e visionaria nel suo dipanarsi, rimane stranamente credibile e godibile fino in fondo. La regia vuole e riesce a sprigionare grandi sentimenti, grandi cadute e altrettante rinascite, con lo sfondo di un’America grande Paese e terra di redenzione. Nella dicotomia tra buoni e cattivi i primi vengono descritti con grande attenzione, per i secondi appare troppo isolato il raccomandato Percy, perfino troppo pivello per riunire su di sé tutta quella cattiveria. Il resto funziona egregiamente, i ricordi, le scene dentro il carcere, la pazzia di Wild Bill (grandissimo Sam Rockwell), il freddo David Morse e l’affabulatore Delacroix (un tocco d’internazionalità), a fare del “Miglio verde” un classico da vedere necessariamente, cult senza dubbi.
Voto: 8

Claudio Bacchi è nato il 04-12-1970 a Foligno (PG) ed ha sempre avuto una grande passione per la scrittura, coltivata come profondo interesse e non come occupazione principale. Laureato in Scienze Politiche, nel corso degli anni ha pubblicato numerose recensioni cinematografiche su vari siti web di settore e collaborato con la rivista "C'Era 2000" per brevi racconti. Nel 2000 pubblica il romanzo giovanilista "Pursauenghi poi bang", con la casa editrice Laurum, e in seguito fa stampare alcune centinaia di copie dell'altro romanzo "Salvala guitar", nel 2017. E' un grande appassionato di cinema, animalista e vegetariano.



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