I guerrieri della palude silenziosa

Titolo originale: Southern Comfort
Regia: Walter Hill
Cast: Keith Carradine, Powers Boothe, Fred Ward, Franklyn Seales, T.K. Carter, Lewis Smith, Les Lannom, Peter Coyote, Alan Autry, Brion James
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1981
Durata: 101 minuti

Trama

Siamo nel 1973 nel profondo sud degli Stati Uniti, precisamente in Lousiana, e una squadra della Guardia Nazionale dell’Esercito ha il compito di attraversare alcune miglia per poi ricongiungersi con altre truppe presso il paese di Catahoula. In realtà ben presto il sentiero scompare a causa dell’esondazione di un fiume e la mappa approssimativa non li aiuta. I nove soldati si addentrano in una palude sterminata e si appropriano di piccole imbarcazioni di proprietà dei bracconieri cajun, una piccola comunità francofona che vive in mezzo alla palude, geneticamente ostile e temibile. E’ il pretesto per l’inizio di un duello a distanza tra i militari e i bracconieri, dapprima tiepido e sottovalutato, poi – nel momento in cui viene ucciso con una fucilata alla testa il sergente Poole – sempre più angosciante e drammatico. Caduti in acqua e perse bussola e radio, tagliati fuori da ogni comunicazione col quartier generale dell’Esercito, i soldati tentano una lenta e disperata avanzata tra paludi e foreste per raggiungere il primo posto civilizzato e fuggire dall’inseguimento dei cajun.

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Recensione

Walter Hill ha diretto tra i ‘70 e gli ‘80 film che sono diventati veri e propri cult, su tutti “I guerrieri della notte”, ma Southern comfort è probabilmente quello più intimo e sottovalutato, a partire dal titolo beffardo che vale sia come liquore a base di wiskey che come il calore o folklore del sud, accompagnato in sottofondo dalla chitarra blues di Ry Cooder per nulla ingombrante. Niente di più falso!! A parte i primi minuti di esercitazione collettiva, spariscono in un attimo i mezzi sorrisi e la spensieratezza della Guardia Nazionale, l’ingenuità e la stupidità del soldato Stuckey (si diverte a spaventare i cajun con una raffica a salve di mitragliatrice M60) fa da detonatore alla discesa in un mondo infernale fatto di fango e alberi secolari inquietanti, trappole mortali ad ogni passo, animali spellati e appesi in ordine sparso, possibili sabbie mobili e nessuna coordinata sul cammino. E’ un’odissea, un’avanzata lenta e stentata tra paludi e foreste, l’unico sollievo qualche battuta tra commilitoni che richiama i dialoghi e battibecchi militareschi dei Vietnam-movie.

L’idea geniale è un’ambientazione ostile da cui non si fugge, sfondo ma anche vera protagonista di tutta la vicenda, è stupefacente che nel 1973 nove militari della superpotenza stiano lottando con tutte le forze per uscire vivi da una palude non in Corea o in Laos, ma in Lousiana. Qui si potrebbe dire di tutto e avventurarsi in analisi introspettive e psicanalitiche (e ci sarebbe un senso!), ma limitiamoci a dire che il nemico è reale e sconosciuto, siamo capitati casualmente a casa sua ed è agguerritissimo, ameno, naif nelle barbe lunghissime, spietato con gli animali e con i propri simili, chiuso e serrato in tradizioni orali tramandate, arretrato e senza compassione, perciò destinato a prevalere. Non c’è traccia di progresso e diritti civili, di conquiste sociali, il rimando più forte è con i nativi di “Un tranquillo week-end di paura”, suonatori di banjo e tutti imparentati tra loro. Vai a sfidare una natura primordiale inizialmente col sorriso beffardo di chi la sa lunga, con abiti alla moda e idee progressiste, ma devi ricrederti, quei bifolchi sono più attrezzati di te e riportare la pelle a casa non sarà facile. Ne “I guerrieri...” addirittura sei lo Stato, l’Esercito, la massima istituzione, eppure devi tremare lo stesso di fronte ad una minoranza indigena che non conosce la TV ma sa usare fucili e coltelli come pochi, usa la crudeltà e decide all’istante senza alcun conflitto interiore. Hill vuole forse dirci che al di là di tante chiacchiere e propaganda la realtà talvolta supera l’immaginazione, anche negli Stati Uniti dei primi anni ‘80, anche nell’epoca consumistica dell’edonismo sfrenato, il precario e l’incerto ti aspetta a pochi chilometri dall’autostrada, in una palude silenziosa che di colpo si trasforma nelle pianure Cambogiane della guerra in Vietnam. La regia misurata e paziente di Hill, che sa dove e quando dare enfasi al racconto, unitamente alla superba fotografia di Andrew Laszlo (un fedelissimo del regista), danno grande spessore a questa pellicola sottovalutata e misconosciuta, in realtà una vera perla dei primi anni ‘80 per tensione, angoscia, e terrore strisciante.
Voto: 7

Claudio Bacchi è nato il 04-12-1970 a Foligno (PG) ed ha sempre avuto una grande passione per la scrittura, coltivata come profondo interesse e non come occupazione principale. Laureato in Scienze Politiche, nel corso degli anni ha pubblicato numerose recensioni cinematografiche su vari siti web di settore e collaborato con la rivista "C'Era 2000" per brevi racconti. Nel 2000 pubblica il romanzo giovanilista "Pursauenghi poi bang", con la casa editrice Laurum, e in seguito fa stampare alcune centinaia di copie dell'altro romanzo "Salvala guitar", nel 2017. E' un grande appassionato di cinema, animalista e vegetariano.



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