Metastasi

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2022 - edizione 21

Cominciò con una stanchezza ingiustificata, qualche colpo di tosse.
Poi arrivò, inarrestabile.
Cancro è una parola che atterrisce, devasta, lascia sconfitti, getta anima e corpo in un pozzo stretto, riempito di fango, togliendo sensi e respiro. Eppure è una parola sporca di speranza, sempre. Per questo la definizione peggiore, limpida e perfetta nella sua esizialità, i medici non la pronunciano mai. Non lo fecero nemmeno stavolta, anche se il male aveva oramai colonizzato il corpo; così, suo malgrado, la speranza crebbe. I cicli di chemio terminarono e lasciarono sua madre stremata, fino al coma: una catalessi di pochi secondi, poi sua madre schiuse gli occhi cisposi e tornò.
E tornò, incredibilmente, guarita.
Le analisi confermarono, le forze parvero riprendersi i muscoli, ricominciò a camminare. Pochi giorni e in un caldo pomeriggio di luglio la riportò a casa.
Potevano festeggiare. Dovevano, festeggiare.

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Vanessa piangeva, tagliando la torta. La guardava scartare i regali, abbracciare tutti, familiari e amici, a decine, mentre riempivano di pacche le spalle e di baci le guance emaciate. Sua madre ghignava, piangeva, scherzava con il rantolo della sua nuova voce, tirava la sua pelle grigia sopra i sorrisi, schizzava saliva tra i denti anneriti e mostrava il cranio rigato dalle ultime ciocche, sotto il foulard allacciato male. Ma era felice. Era viva.
Morì la notte stessa, di nuovo e per sempre, smettendo di respirare al posto di addormentarsi.
L’immensa crudeltà del destino fu pari solo alla sofferenza.
Al funerale erano tutti provati, distrutti, non parlavano nemmeno per darsi una parola di conforto. Vanessa barcollava, stremata, sorretta dagli amici.
Poi, da tutto il corteo, ingiustificati, inarrestabili, cominciarono i colpi di tosse.

Raffaele Serafini



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