La scala mobile

Linda aveva sempre avuto il terrore delle scale in generale, in particolar modo delle scale mobili.
Il coraggio non era di certo una delle qualità che poteva vantare di possedere.
Sin da bambina, infatti, preferiva di gran lunga stare in casa, al sicuro, piuttosto che giocare all’aperto con i suoi coetanei ad arrampicarsi sugli alberi o a fare giochi del genere.
Adesso, però, era cresciuta.
Aveva trentotto anni e, come si fa crescendo, aveva affrontato e imparato a convivere con gran parte delle sue paure, ma non con quella delle scale mobili.
Quel meccanismo, quei rulli, quei gradini mobili, le avevano sempre suscitato non poco timore, nonostante la loro comodità.
Era una ragazza decisamente timorosa e quindi per lei era estremamente semplice figurarsi situazioni o incidenti improbabili proprio sugli scalini delle scale mobili.
Strano come il destino decida di beffarsi degli esseri umani.

Quella mattina si svegliò con i raggi timidi e tiepidi del sole che le colpivano il viso. Non immaginava sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe visto la luce del sole.
Giorni prima, aveva ricevuto un messaggio su Instagram da un suo vecchio amico, Matt, per il quale aveva avuto una cotta da ragazzina.
Avevano messaggiato di continuo per giorni, parlando della loro vita e di quello che era accaduto loro in tutti quegli anni che si erano persi di vista.
Era riuscita ad aprirsi con lui, si sentiva relativamente più serena; così, avevano deciso di incontrarsi per bere un caffè. Matt si sarebbe trovato in città per lavoro e avrebbero potuto fare quattro chiacchiere “dal vivo”.
Era normale sentirsi eccitata per quell’incontro? Non usciva con un ragazzo da tanto, troppo tempo, ormai ci aveva addirittura rinunciato. E adesso era arrivato lui, dolce e sicuro di sé; ingenuamente, come un’adolescente, dopo qualche giorno aveva cominciato ad affezionarsi a quella figura, a quei messaggi, a quelle attenzioni.
Cominciò a prepararsi canticchiando e decise di indossare il suo abito migliore per quell’incontro, quello verde militare che le arrivava giusto un po' più su delle ginocchia.
Stava per uscire di casa, quando si voltò e osservò la sua sciarpa preferita appoggiata sull’appendiabiti: una sciarpa semplice, viola melanzana, vecchia e usurata dal tempo, stretta e lunga. Indossarla le dava una sensazione di protezione.
La prese al volo e la mise al collo.

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La caffetteria dove avevano deciso di darsi appuntamento era situata al secondo piano del centro commerciale della città, proprio nei pressi delle scale mobili.
Era un posto delizioso, elegante e raffinato.
Avevano concordato di incontrarsi in quella caffetteria perché Matt, le aveva spiegato, era intenzionato ad aprire una succursale del suo negozio proprio lì, in quel centro commerciale; si trattava di un negozio di pegni, dove Matt valutava ed eventualmente acquistava oggetti antichi di un certo valore , anche storico, e poi li rivendeva a collezionisti.
Persa fra i suoi pensieri, in tram, a fantasticare su quell’incontro, per la prima volta dopo tanti anni si sentiva sicura di sé e, forse, anche felice.
Era arrivato anche per lei il momento di assaporare la felicità? Forse non avrebbe dovuto smettere di sperare, forse Matt era quella scintilla che avrebbe attivato nuovamente il meccanismo della sua vita.
Sì, ne era proprio sicura: doveva riprendere in mano la sua vita.
Arrivata al centro commerciale, chiamò Matt per avvertirlo e lui le disse che la stava aspettando al piano superiore. Riagganciò e guardò davanti a sé: le scale “normali”, accanto alle scale mobili, erano transennate. Un gradino aveva ceduto e stavano facendo dei lavori per aggiustarlo.
Deglutì. Iniziò a sudare non appena si rese conto che sarebbe dovuta salire sulle scale mobili.
Il panico iniziava a prendere il sopravvento e si conficcò le unghie nei palmi per evitare di svenire.
Vide tante persone salire sulle scale mobili, anche dei bambini, e si sentì come una stupida per quella sua paura assurda.
Alzò gli occhi e lo vide.
Era più bello di come lo ricordava, era più bello delle foto che lo ritraevano. Lui abbassò gli occhi e si accorse di lei.
Si guardarono, le sorrise.
Linda si sentì avvampare e il suo cuore, così come il tempo, si fermò per qualche istante. Si maledisse per le sue paure assurde e per le sue paranoie, ma le bastò un cenno di lui che la invitava a raggiungerlo per dissiparle.
Deglutì nuovamente, si conficcò le unghie nei palmi più forte di prima e mise un piede sul gradino della scala mobile; mise il secondo e cominciò a salire, tenendosi stretta al corrimano.
Stava per cedere al panico, di nuovo, ma ormai era arrivata, vedeva Matt seduto a pochi metri da lei, che stava per alzarsi e andarle incontro.
Era tutto finito. Ce l’aveva fatta, aveva superato una delle sue folli paure e si rese conto che, in fondo, le scale mobili non erano nulla di che.
Un paio di gradini e sarebbe arrivata.
Purtroppo, però, nella fretta, nel panico e in tutto quel mix di emozioni, non si rese conto che la sciarpa da un lato le era arrivata fino al piede.
Accadde tutto velocemente.
La sciarpa si incastrò fra i gradini metallici e cominciò a stringerle il collo.
Panico.
Non riusciva a toglierla e nel frattempo stringeva sempre di più. Non respirava, soffocava, annaspava mentre si accasciava a terra. La scala continuava ad andare, non si bloccava e negli ultimi secondi di lucidità vide Matt e altre persone che cercavano di aiutarla.
Fu impossibile liberarsi dalla presa della scala mobile.
I tecnici bloccarono la scala, arrivarono i paramedici ma non poterono fare altro che constatare la morte di Linda, davanti agli occhi increduli di Matt.
L’odore di fumo che usciva dai gradini della scala mobile e quelle immagini lo avrebbero accompagnato per il resto della sua vita.

Simona Rosia

Simona Rosia nasce in un piccolo paese in provincia di Reggio Calabria il 23 settembre 1996. Lavora in uno studio di tatuaggi e coltiva da anni la passione per la scrittura, per la lettura e per l'arte in generale.



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