Amhed nella pianura di sabbia

Il disco solare aveva un occhio spento, nel cielo di Ponente. Ovunque c’era sterminio e desolazione. I miei passi si arrestarono di fronte a un gigantesco cartello, in parte mangiato dalla polvere.

PIANURA DI SABBIA, era scritto, in dodici lingue incomprensibili!

Una semplice suggestione, dettata da una voce: sono io, Lucio, cittadino dell’universo, o Amhed, principe designato di una terra che non esiste più?

L’uomo dalla carnagione scura, con due occhi di Arcangelo, mi fece segno con la mano.

- Sì, Il mio nome è Amhed, principe ereditario di Numa, e sono pronto per la prova suprema, prima di diventare uno Scelba Historicarum.
L’UOMO dagli occhi di Pantera si avvicinò, per parlarmi con voce suadente.
Che disse, ora non lo ricordo più.

“Sono vecchio, stanco e malato di nostalgia: di Akyra, la mia inseparabile moglie, persa dentro il fiume Zorahk, mentre pronunciava parole destinate solo a me; o della mirica Uhr, cara agli Dei del Fiume Eterno, distrutta dai barbari Sumeri.”

Ricordi di un tempo lontanissimo, quando Gavriel mi parlò, usando ogni lingua del Mondo, anche quella degli Esseri Oscuri filtrati dalle stelle ormai morte.
Ascoltai ogni cosa, mentre lingue di fuoco ardente sprigionavano dentro la mia testa.
<<Va, dove pioggia e desolazione sì tuffano nell’Oasi Perduta di Megheddo, il folle visionario>>
- ... il tuo cuore verrà afferrato alle estremità, e da te donato all’Altissimo, perché guidi un cieco, Amhed, fino alle sorgenti dei Mogull!
- Nello sterminato deserto di Sabbia? – dissi, tremando per il freddo e la fame.
LUI, l’Arcangelo caro al Signore della folgore e della tempesta, fece un cenno, con gli occhi spalancati, e parlò, facendo luce con la lampada di Al Ahzred. Una Croce di Calcedonio apparve sulla sinistra, PRENDILA, disse lui, ti aiuterà quando sarai faccia a faccia col Folle Maestro...
- ... che dimora nella più alta grotta di Petra!
- In Giordania?
- NO! Ovunque incontrerai la Prova Suprema, riuscirai, mentre il popolo degli Antichi scaccerà Madoch oltre la Via Della Giustizia!
- Ma io ti chiedo, Arcangelo Gavriel: sarò in Giordania, oltre le montagne del Kadat, o nella Babilonia, perduta tra la polvere dello Shimun!
L’uomo dalla pelle di leopardo, e occhi che fendevano milioni di nuvole, alzò il viso, fino a comprendere tutti i punti del Globo, mentre il cielo sopra di noi si ripiegò, come una grossa tenda, sollevandosi sopra il sole al massimo del suo Zenit rosso MORTE!
Poi, come era giunto, così disparve, lasciando ovunque Segni tangibili sulla sabbia bianca, bollente e arroventata!

***

Domina era il suo vero nome. Viveva in una capanna di legno e foglie di banano. Quanto coltivava, nel suo giardino strappato alla brulla terra, lo divideva con il padre e le sue tre capre.
Nessuno l’aveva mai vista in volto. Si diceva che in lei scorreva il sangue della Vergine, e il cuore della Meretrice.
Lasciai un obolo sul tappeto, per ringraziarla di non avermi ucciso, e nella notte senza luna in cielo, mi accinsi a varcare il Mare Tranquillo, un ginepraio di canne alte fino a dieci metri, rovi pieni di spine, erica e saggina, che si inoltravano fino alle Caverne Cieche che bucavano la terra, sprofondando per miglia e miglia negli antichi torrenti sotterranei, ormai in secca!
Alberi di gesso e plastica annerita giacevano lungo le pareti, insieme ai turbanti ciclopici, che si diceva appartenessero ai Giganti delle sette montagne.
<<Come erano capitati lì?>>
... insieme a cicche di sigaretta ficcate a testa in giù nelle fiorerie piene di sabbia!
Pozzanghere d’acqua sulfurea sbucavano in Piazza San Lazzaro, dalle crepe dei palazzi diroccati.
Un signore, molto distinto, in giacca e cravatta nocciola, fissava il tombino aperto, pronunciando: - La testa di Gargantuà controlla il ciclico fluire del sangue innocente dalla carne alla terra, e dalla terra al cielo!
“ALLELUIA, FRATELLI DELLA COSTA! DIO E’ VERAMENTE CON NOI”, urlava la gente, indicando i moderni grattacieli, con negozi lussuosi pieni di merce, pronta a partire per il Medio Oriente.
Io mi sentivo come un bambino al primo giorno di scuola, davanti alla Route 66, mitica autostrada che conduceva in posti lontani, così vicini, forse un po' tetri!

Dov’era Petra, la muta città deserta? Dove danzavano i coralli, tra le rovine della mitica Babilonia?
- Attento, - disse il signore in giacca e cravatta, - io sono già arrivato. La gente, che prima cantava la mia dolce ninna nanna, adesso urla frasi blasfeme al mio indirizzo, spingendomi oltre la Pianura di Sale: a te, il compito di decifrare il numero, la cui somma è: 666!
- Ma io sono Amhed, e il mio cuore è a pezzi! – urlai, mentre ai quattro angoli della strada, i Kruul suonavano le Trombe del Giudizio, pronunciando lettere e numeri del Pesce, che apparve in una immagine lontana, in fondo al Calvario!
Aveva occhi di fosforo, una corona di spine conficcata nella testa, e il costato spaccato in due, con una Lancia pilotata da Tamarhus, il legionario, in latex color nero morte, e un walkman, con i PIL a tutto volume.
Cominciai a correre, tra le macchine ferme in mezzo alla strada, schivando i parenti dei morti impiccati, che urlavano: - Morte a te, Ultimo, Erede del Papa Maledetto!!!!!!
L’ultima cappella la riconobbi subito. Mio padre riposava tra i crisantemi, cresciuti fino ai due Leoni di bronzo, mentre accanto a lui … scoppiai a piangere, pronunciando a voce alta una muta preghiera.
- Sono Lucio, o Ahmed, l’altra parte della moneta, che gelosamente custodisco nel portafoglio marrone?
La Sorte ha vinto. Eccola sbizzarrirsi con le facce da cancellare, le storie abortite e i simboli di un passato che sentivo più che mai remoto.
Varco la porta, che sta per chiudersi, nel luogo eterno dove da sempre dimora la Dea Camusa.
Scendo a precipizio la strada, ingombra di condom e siringhe, fermandomi solo quando sento l’acqua sgorgare lungo la chiusa, abbandonata da chissà quanto tempo.
“Perduto nei vortici temporali, insieme a quei baci di cui sento nostalgia!”
- Lucio, o Ahmed, - dico sottovoce, - che importanza ha! Le Ville Patrizie, abbandonate lungo la strada, sono mute sentinelle a guardia di un angolo del Paradiso Perduto.
Mentre saluto il grande Sonno, mi rimetto in cammino verso casa, in mezzo a Micro Demoni di fuliggine e torba, che coronano l’opulenta bellezza della Città, che splende in lontananza.

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- Ehi!
Mi giro di scatto. Qualcuno, pieno di alcool e solitudine, mi chiede l’ora.
- Vai a nanna, non ho tempo di mietere applausi - dico, e subito fermo un taxi bianco, spiegando alla tassista la via verso il Campo Sportivo.
- Stronzo, - urla l’uomo, tirando la bottiglia, che finisce in frantumi lungo il palo di un semaforo, spento da chissà quanto tempo.
Scendo, mi faccio strada in mezzo alla folla, raccolta per la scazzottata del sabato sera.
L’uomo calcola peso e muscoli, troppi per lui. Sparisce, insieme a tutti gli altri.
Il rumore un po' ovattato non guasta il contorno freddo di una stinta sfumatura di velluto. Ecco, lo sento penetrare fin dento le ossa, come una carezza …
- Vai piano, - dissi, - altrimenti sbucheremo oltre la galleria …
<<Di sabbia bollente!>>

SABBIA BOLLENTE!!!

- Ehi, bella Ilona, sterza, e riportami vicino al mare.
- Amhed, qui i tuoi propositi sono come cenere!
L’auto si ferma in cima a un burrone: la Pianura di Sabbia è la, un muto e sconfinato deserto, dove raccogliere i pensieri proibiti.
- Perché mi hai fatto questo? – urlai, nel vento caldo che soffiava da sud.
- Perché tu sei come un grottesco scenario di devastazione, - rispose l’uomo, con fattezze androgine.
- Il colore perduto del giorno appartiene al passato remoto.

<<Tu sei Amhed, questa la tua croce: un pulviscolo dell’universo per un grande Regno, come Babel, più di Giordania, una Sirena che non avrà mai fine>>!

Luciano De Feo

Ho 56 anni, da sempre scrivo racconti, è pubblico libri per varie testate, come Ilmiolibro, sono invalido, è il tempo lo passo dando forma e sostanza alle mie visioni.



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