Gli anelli

Si chiamava Marty.
La conoscevo da un po', ma solo da poco avevo trovato il coraggio di chiederle di vederci per trascorrere un pomeriggio insieme.
Il mio cuore sembrò fermarsi in cui due secondi di silenzio prima che accettasse, con un mal celata punta di riluttanza, la mia proposta.
Decisi di portarla a fare una passeggiata nei pressi di uno dei numerosi piccoli laghi della mia zona. Avevo scelto un lago noto per la presenza di un isolotto situato al centro, facilmente raggiungibile tramite una zattera a corda.
Ero stato fortunato. Quel pomeriggio il clima era sereno e il luogo splendido. Lei sembrò apprezzare molto la giornata, e, immagino, anche la compagnia.
Come prevedibile, volle a tutti i costi visitare l’isolotto.
Acconsentii, benché sapessi che era poco più di una montagnetta di sabbia e ghiaia che spuntava dall’acqua.
Mentre io, tirando la corda fissata alla stessa, spingevo la piccola zattera, lei faceva fotografie col cellulare per immortalare quei momenti che, allora non lo sapevo, non mi sarei mai più dimenticato.
“Guarda, lo vedi anche tu?”, disse. Un leggero luccichio proveniente dalla minuscola spiaggetta aveva attirato la sua attenzione.
Senza aggiungere altro, appena scesa dalla zattera, scattò per raggiungere l’origine della luminescenza. Si chinò, ed emise un grido di sorpresa.
“Guarda!”, non sono meravigliosi?” mi chiese mostrandomi una coppia di anelli. Due fedi nuziali. Erano identici, uno leggermente più grande dell’altro, con un minuscolo brillante azzurro incastonato. Non fui in grado di identificare il metallo, ma chiaramente non erano bigiotteria, e dovevano essere stati lì da parecchio tempo a giudicare dalla sporcizia.
“Di chi potranno essere?”, chiese, “qui intorno ci siamo solo noi”
“Potrebbero essere qui da parecchio tempo”.
“Dovremmo provare a fare qualche ricerca, magari appartengono a qualcuno.”
Scrutò l’interno degli anelli “Guarda” mi disse “all’interno sono incisi dei nomi, vediamo... Erika e Luca”.
Guardai anch’io. Era vero. Notai anche delle cifre. 04-03-1975. Probabilmente la data del matrimonio. “1975, quasi 50 anni di matrimonio!!! Dobbiamo assolutamente fare qualche ricerca, magari riusciamo a risalire ai legittimi proprietari. Dobbiamo almeno tentare”.
L’idea non mi entusiasmava, temevo sarebbe stata solo una perdita di tempo, ma non volevo contraddirla al primo appuntamento.
Prima di congedarci, decise di tenersi l’anello più piccolo e mi diede l’anello più grande. E ci accordammo di tenerci aggiornati nel caso qualcuno scoprisse qualcosa sulla provenienza dei due anelli.
L’appuntamento non era andato come speravo, ma, pensai, almeno questa ricerca avrebbe potuto legarci di più, quindi acconsentii senza sembrare troppo esitante. Anche perché avevo un asso nella manica.

Il giorno dopo, contattai una mia zia, che lavorava negli uffici catastali. Le raccontai tutto e si offrì di aiutarmi entusiasta. “Entro sera ti dirò tutto quello che ho trovato. Chiamami dopo le 17”.
Contattai Marty, comunicandole la notizia, mi rispose semplicemente con un “pollice su”. “Ecco, ci sono ricascato.” pensai “Sono un idiota, avrei dovuto procedere con più cautela, lasciandole più tempo per fare qualche ricerca da sé, visto quanto entusiasmo aveva mostrato”. Ma ormai il danno era fatto.

Comunque, nel tardo pomeriggio, come concordato chiamai mia zia per chiedere se avesse trovato qualcosa. Il tono della sua voce era stranamente serio, lei, solitamente sempre allegra e solare. Quello che mi disse mi sconcertò. Ero tentato di lasciar perdere, di non dire niente a Martina, di mentirle, dicendole che non avevo trovato nulla. Ma sarebbe stato inutile, in qualche modo sarebbe venuta a galla la verità.

La sera raggiunsi Marty a casa sua come concordato. Portai anche l’anello che mi ero tenuto, anche se ormai mi ripugnava l’idea di averlo con me.
Mi accolse in maniera estremamente fredda. Si sedette e disse solo “Dimmi cosa hai trovato”, con voce quasi disinteressata. Non mi invitò a sedermi e rimasi in piedi. Mi sentivo come un bambino rimproverato dall’insegnante. “Devo davvero averla infastidita”, pensai.
Le mostrai una serie di fotocopie di vecchi articoli di giornale risalente al 1975.
“Ecco” iniziai “è saltato fuori che Erika e Luca erano due giovani del posto che effettivamente si sposarono esattamente in quella data, il 4 marzo 1975. Lei operaria in una azienda tessile, lui maestro di musica. Sembravano brave persone, senza problemi. Erano andati a vivere nel paese che si trova presso il lago che abbiamo visitato ieri”.
Nessun cenno da parte di Marty, solo una vuota espressione.
Continuai. “Accadde che, una notte, dopo pochi mesi di matrimonio lei uccise Luca, a casa loro, accoltellando più volte. Almeno una ventina di coltellate. Subito dopo, uscì di casa e si tagliò la gola con la stessa arma con cui aveva appena ucciso il marito”
Io stavo sudando mentre raccontavo queste cose, mentre lei rimase impassibile e in silenzio.
Ripresi. “Però non ho trovato scritto niente sul perché lei abbia fatto tutto questo, inoltre non riesco a spiegarmi come i loro anelli siano finiti sull’isolotto dove li abbiamo trovati noi”.
“Lei lo uccise perché aveva scoperto che lo tradiva, con una collega della scuola in cui lavorava.” disse Marty con un tono che sembrava di rimprovero.
Rimasi senza parole. Riprese “E subito dopo averlo ucciso, si tolse l’anello nuziale, e tolse anche quello di Luca, tagliandogli il dito perché non riusciva a sfilarlo”.
“E tu come l’hai scoperto? Sugli articoli che ho raccolto non sono riportati questi dettagli” chiesi.
Non mi rispose. “Quei maledetti anelli, simbolo di un’immensa menzogna, li gettai nel lago prima di tagliarmi la gola!!!” urlò.
Mi si gelò il sangue “Ma cosa stai dicendo? Sei impazzita?”
In tutta risposta, si rimise in posizione eretta, mi si avvicinò e alzò il braccio sinistro all’altezza del mio volto, tenendo quello destro dietro la schiena. Mi stava mostrando il dorso della mano sinistra. Notai un anello con un piccolo brillante azzurro sull’anulare. Aveva indossato l’anello di Erika.
“Ma... Marty...”
“Marty non c’è più. IO SONO ERIKA!!!!”
Prima che potessi replicare, mi si gettò addosso, cercando di colpirmi con un coltello da cucina che aveva tenuto nascosto dietro la schiena.
Riuscii a evitarla e con una forte spinta la feci cadere a terra.
Terrorizzato, mi diressi verso la porta per scappare, quando sentii una voce chiamare il mio nome.
Mi voltai. Erika, o Marty, era ancora a terra, esangue. Nel cadere, le si era conficcato il coltello nel fianco.
“Aiutami... Sono io Marty... ti prego, toglimi l’anello... non lasciare che ritorni”.
Mi chinai per aiutarla, ma mi afferrò la mano e stava cercando di mordermi. Erika era tornata.
Le afferrai il coltello, strappandoglielo dal fianco. Non avevo altra scelta, usai il coltello per tagliarle il dito con cui indossava l’anello. Erika urlò, poi svenne. Un istante dopo la porta si aprì dall’esterno con un colpo secco.

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La scena che si trovò davanti la polizia, allertata dai vicini, appena irruppe nella stanza fu quella di una ragazza a terra, insanguinata, senza un dito, e, accanto a lei, il suo aggressore. Io.
A nulla valsero le mie proteste, mi arrestarono e mi richiusero con l’accusa di tentato omicidio.
Ma ero tranquillo, perché sapevo che Marty, appena ripresosi, avrebbe raccontato la verità, scagionandomi.

Invece, venni a sapere che mi aveva accusato di averla assalita, approfittando di un suo invito a casa per una sera insieme. Disse che la tormentavo da mesi e che l’avevo aggredita perché aveva minacciato di denunciarmi. Quanto agli anelli, riferì agli inquirenti che me ne ero fatto fare uno identico al suo per poter raccontare in giro che ci fosse un legame tra noi.
Urlai disperato, volevo vederla a tutti costi, capire cosa fosse successo, chiederle perché dichiarasse il falso. Nulla da fare, ormai ero condannato.
Il processo fu davvero molto breve, le prove contro di me erano schiaccianti e non si presentò nessuno, né un parente né amico, a sostenermi.
Durante l’ultima seduta, si presentò Marty, per assistere alla sentenza.
Solo per un istante incrociammo i nostri sguardi, il suo era beffardo e carico di odio.
Era ancora Erika.

Vittorio Pifferi



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