L'allarme

Un rumore di vetri rotti, all'improvviso lo svegliò, facendolo sobbalzare.
"Dannazione!" pensò l'uomo, guardando i pezzi del bicchiere sparsi sul pavimento.
Ancora una volta si era addormentato sul divano davanti alla televisione. E questa volta col bicchiere, ormai pieno solo dell'acqua di cui erano fatti i cubetti di ghiaccio, appoggiato sulle gambe, pessima idea. 
Ormai capitava sempre più spesso; la noia, le serate da solo in casa, l'alcool, lo portavano prima ad uno stato di apatia e poi al sonno senza sogni.
Diede un'occhiata all'orologio del cellulare, segnava le 02,45, nessun messaggio, nessuna chiamata e nessuna notifica. Solita storia. Apparentemente nessuno dei vicini aveva udito nulla, meglio così. "Chissene. Pulirò domani." pensò tra sé e sé, alzandosi per andare a letto.
D'un tratto, gli venne uno scrupolo. Si diresse verso la porta della cucina, dove stava il pannello dell'allarme. Lo trovò disattivato. Si era dimenticato di attivarlo.
"Merda! Merda! Merda!".
Corse per tutta la casa, ma trovò le finestre chiuse, d’altronde rincasava tardi ed era inverno, non c'era motivo di aprirle.
Decisamente sollevato fece per andare a dormire. Si coricò e cercò di riprendere il sonno senza sogni.
Un passo.
Un altro.
Un altro ancora.
Si facevano sempre più percepibili e vicini.
“Ma non dovrebbero essere tutti a dormire!?” Più incuriosito che spaventato, si alzò per dirigersi verso la porta d’ingresso. I passi si erano fermati, ora vi era silenzio assoluto. Dallo spioncino non poté vedere altro che oscurità.
Aprì comunque la porta per controllare.
Un suono agghiacciante lo scosse.
Questa volta aveva scordato di disattivare l’allarme. “Vaffanculo, testa di cazzo!!!” urlò furioso a sé stesso, correndo verso il display dell’allarme. Disattivò l’allarme, chiuse e chiave la porta e riattivò l’allarme.
“Dio, che serata di merda.” disse, questa volta a voce bassa. Sicuramente i vicini gliela avrebbero fatta pagare questa volta. “Si fottano”.

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Appena coricatosi, chiuse gli occhi.
Ma non riusciva a prendere sonno, c’era qualcosa che non tornava. Come di un ricordo lontano, un’immagine sfocata, come quando cerchi di ricordare di aver fatto un’operazione fatta migliaia di volte, tanto da non ricordare neppure di averla fatta.
Un passo.
Un altro.
Un altro ancora.
Improvvisamente, il ricordo lontano prese forma nella sua mente. “... ma, la porta non era chiusa a chiave quando l’ho aperta...”
Aprì gli occhi.
L’ultima cosa che vide fu il luccichio di una lama vicino alla sua gola.

Vittorio Pifferi



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