Quando la femme fatale si tinge di sangue

Nessuno potrà mai dimenticare Sharon Stone nel film “Basic Instinct” nei panni della focosa scrittrice Catherine Tramell: mitico il suo accavallare di gambe con il quale seduce un ignaro Michael Douglas e allo stesso tempo strega tutti noi. La Tramell è solo finzione; un personaggio da film che ha segnato un’epoca, però è l’emblema perfetto della donna fatale. Il regista del film ci lascia intendere che Sharon Stone, protagonista della pellicola, sia una fredda assassina: in questo caso una femme fatale che si tinge di giallo. La figura della donna ammaliatrice, bella e seducente e che usa il proprio fascino per legare e costringere gli uomini a piegarsi ad ogni suo capriccio nasce nell’Ottocento, Charles Baudelaire la definisce capace di suscitare desiderio ed ispirazione; Donna-Vampiro perversa e ripugnante, emblema del peccato e della morte. “Basic Instinct” non è l’unico esempio in cui la donna affascinante e cattiva uccide e manipola, una delle prime femme fatale della storia del cinema è la bravissima Barbara Stanwyck, che nel 1944 veste i panni della torbida Phyllis Dietrichson nel film capolavoro “La fiamma del peccato”: la bionda con la cavigliera non si fa alcuno scrupolo a pilotare l’amante per compiere l’omicidio del marito, arrivando a pronunciare la fatidica frase: “Sono guasta dentro”.

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Sì, perché la femme fatale è sempre una creatura complessa e tormentata, per cui sedurre è una conferma oltre che una necessità vitale. In un’altra pellicola abbastanza nota, “La vedova nera”, una giovane Debra Winger tenta di incastrare un’assassina seriale interpretata da Theresa Russell, ma rischia di finire lei stessa nella tela ordita dalla donna, il cui carisma fatale l’ha portata a conquistare una lunga serie di uomini per poi ucciderli. Esempio illuminante è poi il film diretto da Brian De Palma ed interpretato da Antonio Banderas e Rebecca Romijn: “Femme fatale” appunto, nel quale Laure è una ladra sensualissima e spregiudicata, capace di mettere nel sacco chiunque capiti nella sua vita. La lista è lunghissima, molti sono anche i film per la tv in cui si è abusato di questo clichè della donna bella fisicamente che strega ogni uomo le graviti attorno, e che spesso, per esigenze di copione, commette qualche crimine. Nella realtà, cioè nella storia vera, ci sono state tante donne fatali famose che non sono arrivate al punto di uccidere: creature semplicemente ammaliatrici e incapaci di legarsi ad un uomo, pensiamo alla famosa attrice Sara Bernhardt, più rare quelle che hanno portato gli uomini alla rovina. Nel libro di Giuseppe Scaraffia: “Femme fatale”, l’autore analizza le principali femme fatale della storia, come Caterina di Russia, Cristina Belgioioso e Mata Hari, tanto per citarne alcune. Dalla letteratura basterà un esempio su tutti: l’amore/repulsione di D’Artagnan nei confronti di Milady, esemplificato egregiamente da Dumas con queste parole: “Quella donna esercitava un potere incredibile su di lui. La odiava e l’adorava nel medesimo tempo, generando un amore strano e n qualche modo diabolico”. Un mito senza tempo (Alessandra M Pagliari: 14 marzo 2012)



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