di Lamberto Bava - pagine 92 - euro 16,00 - Cut-up Edizioni
Sembrerebbe quasi l’inizio di una fiaba. Sembrerebbe... Invece il romanzo breve di Lamberto Bava, fin dal suo incipit, trascina il lettore lungo un incubo che, dato il momento storico che stiamo vivendo, appare fin troppo reale. È difficile leggere queste pagine restando impassibili, perché le vicende di Gianna e Andrea, ma ancora di più quella di Giulio, sono così vicine, così simili a quelle che nel 2020 viviamo anche noi, vittime di una pandemia, spaventati, ma al tempo stesso così desiderosi di vita, di normalità.
E proprio su una scena di normalità prende avvio il romanzo. Conosciamo i primi personaggi all’interno di una comunità, “un ricordo tra Hippy e minimalista”. Da questa comunità idilliaca si sono appena allontanati Gianna e Andrea, adolescenti partiti per il loro viaggio di formazione. Apprendiamo così che la comunità è costituita da superstiti a un virus, persone sopravvissute che si sono radunate dando vita a una collettività nella quale non ci sono più paure. Così Davide, il professore, il capo della comunità, parla ai suoi membri: “... voi non avete visto, siete nati dopo, volete conoscere e sapere, è un vostro diritto, ma troppi anni sono passati. Ieri è tornato Fabio. Da molto tempo, qui non arriva più nessuno. Questa comunità è la vostra casa, l’unica, pensateci, questo è quello che resta del mondo”.
Da qui in poi il romanzo si articola su piani temporali e spaziali differenti. Da un lato la vicenda di Gianna e Andrea, alla ricerca di risposte, alla ricerca di pezzi della loro storia, della storia dei loro padri, una storia che conoscono solo dai racconti del professore, da cui sono al tempo stesso intimoriti e affascinati. Parallelamente a questa, ma in un tempo precedente, si snoda invece il dramma di Giulio: un dramma che inizia un mattino in un tribunale di Roma e nel giro di pochi minuti si trasforma nella tragedia delle prime manifestazioni del virus: il primo giorno. C’è poi, quasi in secondo piano, la missione dei misteriosi 4 uomini e dei 4 piloti: qual è il loro compito? Arrestare il virus? Oppure fare in modo che si diffonda?
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Seguiamo quindi le diverse vicende che procedono e a tratti si intrecciano lungo il secondo e il terzo giorno, con Giulio e Barbara che vagano per una Roma devastata: “A ogni sosta uno sguardo, un abbraccio, per riprendere a sperare. La speranza di cosa. Ormai si è insinuato il sospetto, il futuro è finito ma loro non devono crederci; continuare a sperare a ogni costo, conta solo questo. Barbara guarda Giulio e sussurra: «C’è ancora vita se c’è l’amore. La vita è solo amore!»”; con Andrea e Gianna che proseguono il loro viaggio, incappando in scenari abbandonati di un mondo che non è più: “Sembra di essere in un presepio morto, in una rappresentazione senza vita. Ci sono decine, centinaia di manichini piazzati un po’ ovunque.”.
Difficile portare avanti la lettura del romanzo di Bava senza pensare a dei celebri antesignani, quali “L’ombra dello scorpione” di Stephen King, “Abisso” di Dean Koontz o “L’epidemia” di Per Walhöö. Indubbiamente un maestro come Lamberto Bava non può non aver avuto in mente i suoi predecessori, anche se lo sviluppo dato da Bava è innovativo, perché incentrato sulle relazioni umane, sul disperato tentativo di normalità che Giulio rincorre, nonostante tutti intorno a lui finiscano per soccombere al virus, dalla ex-moglie, ai genitori, a Barbara, conosciuta per caso, amata per poco e persa per sempre. Il tocco da maestro, per chi lo vuole cogliere, è il nome di uno dei personaggi: Lamberto Baviera.
Una lettura affascinante, coinvolgente, ma da farsi rigorosamente con la luce accesa.
Voto: 9,5
[Sarah Biandrati]
Incipit
C’è un cuore inciso sul tronco liscio dell’albero, all’interno le iniziali A e D si leggono appena, due nomi e una data, ancora più leggera, 3.4.2018. È il sigillo di un amore. Un amore diventato antico. L’albero è cresciuto. La prova di quell’amore si trova a circa sei metri dal suolo ne è passato di tempo per essere lassù.
C’era, una volta.
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