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Déjà Vu: quindici racconti rievocati

di Marco Giorgini - pagine 248

Marco Giorgini è un veterano della scrittura creativa e dell’autopubblicazione: oltre ad avere all’attivo alcuni romanzi e innumerevoli racconti è cofondatore di KULT Underground, una delle più longeve pagine web italiane sulla narrativa, sulla quale da oltre trent’anni Giorgini legge, scrive e sperimenta, non solo con la parola ma anche con la tecnologia. Sul lavoro fatto da KULT e sulle trasformazioni vissute dal loro gruppo negli anni andrebbe scritto un articolo a parte, non c’è spazio per farlo qui, eppure conoscere almeno in parte la loro storia servirebbe a comprendere questa raccolta, il cui senso a mio avviso è ben riassunto nell’epigrafe: Alle storie che non sono più se non nei ricordi di chi le ha lette.
Déjà Vu: quindici racconti rievocati è appunto una raccolta di storie da conservare, comparse in passato su antologie, riviste e portali web ma ormai quasi tutte introvabili al di fuori di questa pubblicazione. Pur uscendo nel 2025 è un libro vintage, per così dire, poiché i racconti che lo compongono, sebbene rivisitati dall’autore, sono stati scritti in un lasso di tempo che va dal 1998 al 2010: sono alcuni riferimenti alla tecnologia e società del periodo a farlo intuire, dal Nokia Communicator al 118, ma è soprattutto lo stile di Giorgini, non mediato dalle idiosincrasie delle scuole di scrittura e degli editor contemporanei (abbondano gli avverbi: nel 2025 potrebbe sembrare un peccato mortale ma vent’anni fa ce ne preoccupavamo meno). Proprio nell’editing si trova uno dei pochi tasti dolenti, come accade sovente con le opere in self publishing: sebbene molti dei singoli racconti siano stati curati da diversi editor negli anni si nota la mancanza di un’ultima revisione finale sulla raccolta, cosa che risulta ad esempio in una certa incoerenza nell’uso dell’interpunzione (con dialoghi a volte segnati dalle virgolette e a volte dal trattino) ma anche ad esempio nella parola déjà vu che paradossalmente appare nel testo scritta in modo diverso da com’è scritta nel titolo della raccolta. Un problema meramente “cosmetico” ma che si sarebbe potuto risolvere con poco, ed è un peccato che non sia stato fatto.

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INCUBO POST-APOCALITTICO DI TIM CURRAN

Dopo l’olocausto nucleare, un gruppo di sopravvissuti si rifugia nel bunker progettato da Lilian, un nascondiglio sicuro fatto di acciaio e piombo... o così sembra. Con un ritmo incalzante e un’atmosfera claustrofobica, Aftermath incalza tra spettri di follia e oscuri desideri, trascinando il lettore in un’odissea dove la più grande minaccia non è la radioattività… ma il male che si cela nell’animo umano. Disponibile in ebook e cartaceo entrambi illustrati.

Un altro aspetto che potrebbe non piacere ad alcuni lettori è il modo in cui la raccolta spazia tra generi e argomenti: dal weird alla fantascienza, passando per l’horror, i racconti di Giorgini sono molto variegati, sebbene ci siano alcuni temi che pur essendo declinati in modo diverso ricorrono: l’alienazione, l’onirico, i pericoli in agguato appena al di là dei limiti della nostra percezione, raccontati muovendosi tra demoni e viaggi nel tempo, tra New Orleans e Costantinopoli, tra spie e alieni. Di converso, altri lettori non saranno disturbati da questa varietà, figlia tanto dell’elasticità dell’autore quanto del lasso di tempo lungo il quale i racconti sono stati scritti: Giorgini ha sperimentato, è cresciuto, ha percorso varie strade, pur legando il proprio immaginario ad alcuni capisaldi, ed è piacevole farsi guidare dalla sua penna tanto tra le strade di Modena quanto nei meandri dei tunnel quantici, ma soprattutto lungo un excursus nella carriera dell’autore.
Di cosa parlano queste quindici storie? Si va dal lungo racconto d’apertura (Strutture) che prende le mosse da una sorta di indagine pseudo-scientifica ma presto evolve in qualcosa di più, all’ultimo (Sono una regina) che in pochi caratteri tratteggia un quadro di letale follia autodistruttiva. Ci sono poi un simpatico soliloquio su un enigmatico artefatto (Lo Scafo), un fulminante omaggio a uno dei più famosi serial killer della Storia (The Ripper), una storia di fantascienza in cui il rapporto tra invasore e invaso si ribalta (Colonizzazione, forse il preferito di chi scrive questa recensione assieme al sadico Cavie da laboratorio), un breve diario forse delirante e forse no (Dietro), e altri ancora. Alcuni racconti avrebbero forse meritato di essere sviluppati di più, in particolare La fine delle trasmissioni che potrebbe avere il potenziale per diventare un romanzo, mentre altri si sarebbero forse rivelati più incisivi accorciandoli (il succitato Lo Scafo, che pur essendo simpatico, come si è detto, avrebbe forse beneficiato di maggiore sintesi).
A ogni modo il risultato finale è di tutto rispetto: una bella raccolta piuttosto corposa dalla quale si possono intuire la mole e soprattutto la qualità delle storie prodotte dall’autore modenese negli anni, qui presentate con spirito orgogliosamente e coerentemente underground. Il racconto breve è una forma di narrativa a volte sottovalutata: leggere questo libro è un buon modo per conoscere il lavoro di un appassionato che da decenni non smette di esplorarla.
Voto: 8
[Arturo Caissut]

Incipit
Il sogno era sempre lo stesso. Solo qualche dettaglio cambiava, e così al deja-vu si sovrapponeva a tratti un’impressione diversa, di smarrimento



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