Da alcuni giorni è finalmente emerso online il primo trailer di World War Z, il film fortemente voluto da Brad Pitt e tratto dall’opera di Max Brooks che ha incontrato il favore di pubblico e critica anche dalle nostre parti. Le reazioni dei fan alla visione del filmato sono state tutto sommato prevedibili e ben polarizzate secondo schemi ormai consolidati: da una parte abbiamo una fetta di appassionati che pare esaltata dalle masse di zombie intraviste in questi pochi minuti, poi abbiamo quelli che lamentano una sostanziale infedeltà al “romanzo” di partenza, chi non sopporta l’uso massiccio della CGI e infine chi rispolvera una diatriba che ormai comincia ad accumulare qualche annetto, ovvero la critica alla figura dello zombie veloce come deterioramento di un archetipo.
Si tratta, a mio modo di vedere, di posizioni poco interessanti in
quanto spesso rivestono di connotati negativi dei fatti di per sé neutri
e non attuano nessun tipo di considerazione critica della qualità degli
stessi. Ci possono essere, sembra lapalissiano ma a quanto pare occorre
ribadirlo a ogni piè sospinto, zombie veloci molto efficaci così come
esiste dalla CGI di estrema qualità che svolge spesso un lavoro migliore
del “vecchio artigianato”.
Lo stesso concetto di “artigianato” è ormai da un lato svuotato di senso
e dall’altro lato si può benissimo applicare anche a certi lavori in CGI.
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Per meglio valutare il possibile impatto di World War Z, che le sale statunitensi attendono per il 21 giugno 2013, occorre forse accompagnare la visione del trailer a uno studio un po’ più attento della travagliata storia produttiva del film.
Il film “nasce” più o meno intorno al 2007, con la Plan B di Brad Pitt
che vince una agguerrita asta contro la Appian Way di DiCaprio e si
accaparra i diritti dell’opera.
Il difficile compito di trasporre il tutto in uno script coerente tocca
a J. Michael Straczynski che setta immediatamente una visione che bene o
male è stata mantenuta fino alla fine: ci sono parecchi soldini in
ballo, abbiamo un attore di punta come Brad Pitt e quindi la complessa
cronaca storica polifonica orchestrata da Max Brooks deve bene o male
trasformarsi nella vicenda di un singolo eroe, facile da seguire e che
può, se il primo film incasserà bene, continuare l'opera in almeno
altri due episodi per formare la trilogia d’obbligo.
Nulla di male, la produzione è medio-alta, Brad Pitt può garantire da
solo un certo ritorno al botteghino e Marc Forster ha dimostrato in
precedenza di essere a suo agio a dirigere scene d’azione.
Nulla di male ma a quanto pare ci sono alcuni intoppi a livello di
script, visto che viene ben presto chiamato Matthew Michael Carnahan a
rivedere il tutto.
Ci troviamo di fronte a uno scrittore meno esperto di Straczynski e, a
sentire molti siti e critici, anche qualitativamente inferiore.
Poco male, si dirà: il materiale alla base del tutto continua a essere
buono, gli zombie tirano come non mai e comunque c’è sempre Brad Pitt...
E così si comincia a girare e gira che ti gira, fra ritardi che
cominciano a preoccupare, aggiunte di ulteriori finanziamenti in corso
con mamma Paramount che cerca e trova la Skydance di David Ellison, il
film comincia a prendere forma e non sembra una forma convincente.
Lo shift da narrazione storica a più voci a vicenda di un singolo
protagonista già appiattisce buona parte delle trovate innovative e
vincenti di Max Brooks e il resto del cast sembra piuttosto debole,
privo di un adeguato star power a far da contraltare o spalla a Brad
Pitt.
Aggiungiamo a questo un grande direttore della fotografia come Robert
Richardson che qui però si appiattisce inverosimilmente in un lavoro di
routine tutto giocato sull’abusata contrapposizione fra arancioni e
azzurri e cominciamo a sentir scricchiolare qualcosa.
E i timori aumentano quando la produzione, ormai in affanno, chiama
Damon Lindelof a riscrivere il terzo atto, scelta che oltre a un certo
stato di crisi denota anche scarsa comprensione di quello che è il
cinema statunitense contemporaneo: Lindelof può anche essere bravo a
imbastire trame e situazioni ma quasi sempre frana verso il finale dei
suoi copioni e qui viene scelto proprio per riscrivere il finale.
A ogni modo lo sceneggiatore ci prova ma non può, interviene anche Drew
Goddard e siamo quindi alla quarta riscrittura...
Il risultato lo avete ora sotto gli occhi: attori poco ispirati a parte
qualche sorriso del protagonista, bicromatismo esasperato, score
super-imitativo da parte di un Beltrami che bada solo a portare a casa
l’assegno, situazioni di scarso spessore e personalità che potrebbero
adattarsi a mille film simili e una CGI che, da quel poco che si è
visto, che è azzeccata come concezione (gli zombie come un fiume
disumano veloce e inarrestabile meritano molto) ma plasticosa e poco
riuscita come esecuzione.
Staremo comunque a vedere quando il film arriverà anche da noi. Cosa
pensate di questo trailer? (Elvezio Sciallis)
Elvezio Sciallis: Non vi deve interessare chi sono. Leggete quanto scrivo e discutete di quello: chi sono non è importante, sono solo (cambia una consonante) una persona qualunque, appassionata di cinema e letteratura, specie quel cinema e quella letteratura che giocano e dialogano con il Perturbante. Ho all'attivo alcune pubblicazioni in antologie collettive e personali. Ho collaborato con diverse riviste cartacee e online. Traduco dall'inglese all'italiano videogiochi e testi per alcune società estere.
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