di Stephen King - pagine 1238 - euro 11,00 - Sperling Paperback
Stati Uniti, 1957. A Derry ogni quarto di secolo si verificano tremendi omicidi a danno di bambini e adolescenti. Il giovane Bill Denbrough e i suoi amici scoprono che l'artefice di questo orrore è IT, un'entità capace di cambiare le proprie sembianze e che da secoli dimora nelle fogne della città. I ragazzini riescono a sconfiggerlo ma dopo 27 anni, diventati ormai adulti, si accorgono che IT non è ancora morto e che la sua sete di sangue non si è per nulla placata.
Letto e riletto, considero "IT" non solo uno dei migliori libri di Stephen King ma anche di tutta la narrativa horror in assoluto. A metà strada tra romanzo di formazione e sontuosa fiaba orrorifica, questo tomo celebra in modo sublime l'adolescenza, l'amicizia e gli aspetti più sinistri e terrificanti delle paure che si celano nella mente umana. IT, o meglio Pennywise, è il non plus ultra dell'Uomo Nero, è un'orrore antico e primordiale; a decenni di distanza dall'uscita del libro è diventato ormai un archetipo a fianco del Vampiro e del Licantropo.
Un capolavoro imprescindibile da leggere assolutamente!
Voto: 9,5
[Alessandro Balestra]
INCUBO POST-APOCALITTICO DI TIM CURRAN
Dopo l’olocausto nucleare, un gruppo di sopravvissuti si rifugia nel bunker progettato da Lilian, un nascondiglio sicuro fatto di acciaio e piombo... o così sembra. Con un ritmo incalzante e un’atmosfera claustrofobica, Aftermath incalza tra spettri di follia e oscuri desideri, trascinando il lettore in un’odissea dove la più grande minaccia non è la radioattività… ma il male che si cela nell’animo umano. Disponibile in ebook e cartaceo entrambi illustrati.
Incipit
Il terrore che sarebbe durato per ventotto anni, ma forse di più, ebbe inizio,
per quel che mi è dato di sapere e narrare, con una barchetta di carta da giornale che
scendeva lungo un marciapiede in un rivolo gonfio di pioggia.
La barchetta beccheggiò, s'inclinò, si raddrizzò, affrontò con coraggio i gorghi
infidi e proseguì per la sua rotta giù per Witcham Street, verso il semaforo che segnava
l'incrocio con la Jackson. Le tre lampade disposte in verticale su tutti i lati del
semaforo erano spente, in quel pomeriggio d'autunno del 1957, e spente erano anche le
finestre di tutte le case. Pioveva ininterrottamente ormai da una settimana e da due
giorni si erano alzati i venti. Allora quasi tutti i quartieri di Derry erano rimasti
senza corrente e l'erogazione non era stata ancora ripristinata.
Un bambino in impermeabile giallo e stivaletti rossi correva allegramente dietro alla
barchetta di carta. La pioggia era tutt'altro che cessata, ma la sua violenza si andava
finalmente allentando. Tamburellava sul cappuccio giallo del bimbo e suonava alla sue
orecchie come pioggia su una tettoia: un rumore amico, quasi intimo. Il bambino con
l'impermeabile giallo era George Denbrough. Aveva sei anni. Suo fratello William,
conosciuto fra i ragazzini della scuola elementare di Derry (e anche fra gli insegnanti,
che mai avrevvero usato quel soprannome in sua presenza) come Bill Tartaglia, era a casa a
smaltire i postumi di una brutta influenza. Nell'autunno del 1957, otto mesi prima che
l'orrore si manifestasse definitivamente e ventotto prima dello scontro finale, Bill
Tartaglia aveva dieci anni.
Bill aveva confezionato la barchetta che George stava inseguendo. L'aveva fabbricata a
letto, seduto con la schiena appoggiata a una pila di guanciali, mentre la loro madre
suonava Für Elise al pianoforte del salotto e la pioggia batteva senza posa
contro il vetro della sua finestra.
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