L'isola dei morti

di Fabrizio Valenza - pagine 172 - euro 8,99

Il mio rapporto con questo libro è stato particolare sin dal primo momento. Ricevuto in un momento durante il quale dovevo dare la precedenza ad altre letture, seppur molto attratta da storia, titolo e copertina, ho dovuto metterlo da parte per un po’. Iniziato finalmente durante un’influenza che mi ha costratta a letto, ho subito capito che non si trattava di una lettura distensiva e semplice, una di quelle che si leggono per ingannare il tempo, quindi ho deciso di rimetterlo da parte in attesa di tempi mentali migliori, in attesa che il mal di testa mi passasse e mi permettesse di avere un livello di concentrazione adatto a questo libro.

Ma procediamo con ordine. Il titolo del romanzo riprende quello della serie di cinque dipinti del pittore simbolista Arnold Böcklin (presente nella storia stessa come amico del protagonista). L’Isola dei morti, nelle sue cinque versioni, rappresenta un’isola solitaria dalle alte rocce, nella quale grandi cipressi dalle punte aguzze si innalzano verso il cielo livido, e i cui grandi scogli emergono dal mare denso e piatto sul quale aleggia un cielo plumbeo e opprimente. Una piccola imbarcazione, sospinta da un nocchiero di spalle, sta per attraccare sull’isola in compagnia di una figura misteriosa vestita di bianco, anch’essa di spalle, e con una bara coperta da un telo. L’artista descrisse l’opera come “Un’immagine onirica” in grado di “ produrre un tale silenzio che il bussare alla porta dovrebbe far paura”.

La bara sulla barca sembrererebbe indicare la presenza di un cimitero nell’isola, e suggerire un’atmosfera sospesa, oscura, impenetrabile, e lo stesso fascino cupo e misterioso è quello che aleggia nelle pagine di questo breve romanzo scritto in forma epistolare. La narrazione avviene durante i primi anni del novecento, e si riferisce ad episodi avvenuti sul finire del secolo precedente, nel 1885 per la precisione. Il protagonista, l’antropologo Andrea Nascimbeni (discepolo, nella finzione letteraria, di Paolo Mantegazza, uno dei fondatori dell’antropologia italiana) rimane talmente affascinato dal dipinto dell’amico pittore Böcklin, da volersi recare di persona sull’isola in questione per svolgere delle ricerche sulla natura insolita ed oscura dei riti di sepoltura del luogo che l’autore, Fabrizo Valenza, situa in Italia, lungo la costa ligure.

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Lentamente avvolto dall’atmosfera soffocante dell’isola, dai suoi scorci sinistri eppure affascinanti e dai suoi bizzarri abitanti, il ricercatore viene coinvolto in una serie di misteri alla ricerca di quei sepolcri che sembrano voler essere a tutti i costi celati ai visitatori, per niente graditi sull’isola. A ciò si aggiunge la misteriosa festa del 32 ottobre alla quale accenna la scostanate locandiera presso la quale lo studioso alloggia, e che suscita immediatamente la curiosità quasi morbosa dell’uomo, deciso a rimanere sul posto per svelarne i segreti.

Ma non c’è solo il riferimento alla pittura, perché il romanzo è inoltre ispirato all’omonimo poema sinfonico di Rachmaninov del quale l’autore, sul suo blog, consiglia l’ascolto per meglio immergersi nella storia da lui narrata. Sicuramente un’idea di grande fascino, una narrazione che si immerge in un’atmosfera cupa, opprimente, oscura che ho apprezzato molto.
Ho trovato inizialmente interessante la scelta dell’autore di utilizzare un linguaggio lontano dai nostri tempi, una prosa non attuale e del tutto calata nel contesto storico della narrazione, ma se l’idea iniziale poteva contribuire a dare all’opera quel sapore antico e misterioso che tanto gli si addice, nella pratica non ho apprezzato particolarmente la resa. Personalmente credo che il linguaggio sia il punto debole del libro, essendo poco naturale, poco scorrevole e soprattutto posticcio, tale da rallentarne molto la lettura e l’immersione nella storia. Un conto è scrivere nel tardo ottocento, un conto è farne un’imitazione, operazione coraggiosa ma non immune da trappole.
Nonostante ciò L’isola dei morti resta un romanzo particolare e non privo di un certo fascino.
(Carmen Cirigliano)



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