Titolo originale: An American Werewolf in London
Regia: John Landis
Cast:
David Naughton,
Jenny Agutter,
Griffin Dunne,
John Woodvine,
Lila Kaye,
Brian Glover,
Frank Oz,
Michael Carter
Soggetto e sceneggiatura: John Landis
Effetti speciali: Rick Baker
Musiche: Elmer Bernstein
Paese di produzione: Regno Unito, Stati Uniti d'America
Anno: 1981
Durata: 97 minuti
David Kessler e Jack Goodman sono due giovani studenti americani in vacanza nelle campagne dell’Inghilterra settentrionale. Una sera di luna piena, camminando in mezzo alla brughiera, vengono attaccati da un lupo feroce che uccide Jack e ferisce gravemente David. Per fortuna il lupo viene poi ucciso a fucilate da diversi residenti e David soccorso prontamente.
In ospedale il ragazzo comincia ad avere pesanti incubi e riceve la visita del suo amico Jack (in fase di decomposizione) che lo avverte sul fatto che ormai è diventato un lupo mannaro e nelle prossime notti di luna piena si trasformerà in licantropo uccidendo degli innocenti. Inoltre tutte le persone che David ucciderà non potranno trapassare nell’aldilà finché il licantropo sarà in vita. Il ragazzo è turbato ma nel frattempo s’è innamorato dell’infermiera Alex, che l’aveva accudito in ospedale durante la degenza, e non vuole assolutamente togliersi la vita.
Poi come annunciato, alla prima notte di luna piena David si trasforma in lupo mannaro e uccide barbaramente diverse persone. Tornato umano comincia a riflettere sull’idea di farla finita suicidandosi, chiama allora la sua famiglia negli States per dirgli addio.
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I primi anni ‘80 sono stati un periodo molto interessante dal punto di vista artistico, nel rock personaggi come Bruce Springsteen e Mark Knopfler hanno trovato la propria consacrazione, la propria strada, e nonostante dominassero punk e new-wave qualcuno riuscì a sfondare riabilitando blues e country. Nel cinema escono vari film originali e pregevoli, "Toro scatenato" di Scorsese, "C’era una volta in America" di Leone, "Scarface" di De Palma, ed è in questo contesto ispirato e prolifico che John Landis realizza in pochi anni i suoi capolavori: "Animal House" nel 1978, "Blues Brothers" nel 1980, "Un lupo mannaro americano a Londra" nel 1981, "Una poltrona per due" nel 1983. Ne sfornerà anche altri nella seconda metà degli ‘80, nei ‘90 ed anche oltre, ma la magia è finita, il suo contributo più determinante avviene in quel periodo. E’ un’epoca che si sta liberando dalla tensione ideologica e militante tipica dei precedenti anni ‘70, di piombo in alcuni stati dell’europa occidentale, di contestazione e antimilitarismo nelle grandi città degli States, comunque influenzati dai grandi ideali. Evapora pian piano la tensione politica d’appartenenza lasciando spazio a creatività e inventiva, sommariamente fino al 1985, che la seconda metà degli ‘80 avrà viceversa modelli e fonti d’ispirazione ancora diversi con risultati talvolta meno brillanti e originali.
Tornando a Landis, se dunque "The Blouse Brothers" è considerata la sua opera più riuscita (per ritmo, sincronismo, amore smodato e contagioso per la musica soul, presenza contemporanea di miti viventi della musica mondiale), “Un lupo mannaro americano a Londra” è però il suo prodotto più sottovalutato e complesso, non soltanto un film horror ma molto di più, pioniere nella creazione di sequenze inedite senza l’aiuto degli attuali software digitali (su tutte la trasformazione da uomo a licantropo), in continua alternanza tra l’horror – appunto – e l’umorismo più anglosassone, e questa schizofrenia ne fa quasi un unicum, non cupo e gotico ma aperto a numerosi svolazzi e licenze poetiche – come la visita dell’amico morto Jack che lo mette in guardia, ancora vestito come la sera dell’agguato, volto e corpo sfigurati dai morsi del lupo, che approfitta della colazione di David per fare uno spuntino. Sono attimi in cui anche lo spettatore si stupisce e riprende fiato, per poi tornare al dramma del sangue fresco, alle facce contrite degli avventori del pub “L’agnello macellato”, ai sensi di colpa e dubbi se dirglielo o meno, “poveri ragazzi, stanotte è luna piena!!” Stacco sui due giovani yankees che camminano tranquillamente in mezzo alla brughiera (fantastico abbigliamento: jeans, piumino e zainetto!), un primo latrato, si guardano contrariati, aumenta il passo, un secondo ululato, disumano e profondo, il passo si fa veloce ma non è ancora panico, sono vicini e uniti ma ecco di colpo la svolta, lo spartiacque del racconto, Jack viene aggredito e David fugge via, non lo aiuta, corre a più non posso, al diavolo l’amicizia! poi però ci ripensa e torna indietro, Jack è in una pozza di sangue esala gli ultimi respiri...
Tre le scene madre: all’inizio del film i due ragazzi sono appena usciti dal pub e invece di tenersi sulla strada - come consigliato - si perdono in mezzo alla brughiera, coi loro piumini leggeri anni ‘80 in una serata nord-inglese fresca e piena di speranze - a quell’età tutto è meraviglioso - e in quelle battute durante il cammino, prima dell’agguato, c’è un mondo stupefacente d’amicizia e sogni e giovinezza, erasmus e vacanze estive..., sublime! di pensieri e parole che in quel momento ti rendono quello che sarai per sempre.
Due: la trasformazione di David in licantropo, i vestiti sono strettissimi e la prima cosa che fa è toglierseli con uno sforzo che implora compassione, il dolore per le ossa e i muscoli che s’allungano deformandosi, i tendini scoppiano, canini da 10 centimetri, i peli invadono tutto il corpo, David ragazzo non c’è più. Per quegli anni, con quei mezzi, una sequenza che ti fa rimanere a bocca aperta.
Tre: il licantropo uccide l’uomo d’affari Gerald Bringsley al termine d’un avvincente inseguimento nei corridoi della metropolitana di Londra. Vediamo l’angoscia crescente di Bringsley attraverso la soggettiva del lupo, il suo perdere la valigetta e cadere sulle scale, inerme (anche troppo!) ma soprattutto una metropolitana deserta e pulitissima, lucida nei pavimenti e precisa nei numerosissimi manifesti di eventi appesi alle pareti, altri tempi! altra geopolitica!
Il giocare con la morte cercando di sdrammatizzare (cosa difficile!), l’attenzione costante al ritmo, il legante tra le diverse scene, la leggerezza di Landis fanno di “Un lupo mannaro americano a Londra” un film non banale.
Voto: 7,5
Claudio Bacchi è nato il 04-12-1970 a Foligno (PG) ed ha sempre avuto una grande passione per la scrittura, coltivata come profondo interesse e non come occupazione principale. Laureato in Scienze Politiche, nel corso degli anni ha pubblicato numerose recensioni cinematografiche su vari siti web di settore e collaborato con la rivista "C'Era 2000" per brevi racconti. Nel 2000 pubblica il romanzo giovanilista "Pursauenghi poi bang", con la casa editrice Laurum, e in seguito fa stampare alcune centinaia di copie dell'altro romanzo "Salvala guitar", nel 2017. E' un grande appassionato di cinema, animalista e vegetariano.
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