Horror puppet

Titolo originale: Tourist Trap
Regia: David Schmoeller
Cast: Chuck Connors, Jocelyn Jones, Jon Van Ness, Robin Sherwood, Tanya Roberts
Sceneggiatura: Arnaud D’Usseau, Julian Halevy
Produzione: USA
Anno: 1979
Durata: 86 minuti

Trama

Un’allegra brigata di ragazzi e ragazze viaggia attraverso l’America rurale. Un guasto al veicolo li costringe ad avventurarsi per i boschi in cerca di aiuto. Giungono così alla baita del signor Slausen, un eccentrico personaggio che li accoglie per la notte nella sua casa, un bazar/museo ricolmo di bizzarri manichini: quella che si suol dire una trappola per turisti.

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Recensione

Bambole, pupazzi, manichini... più persone di quante si creda ne sono terrorizzati. Quindi se sei un giovane regista alla tua opera prima ed hai un budget che basta a malapena per comprare quattro manichini, forse è un’ottima idea realizzare un film incentrato sulla fobia per i manichini!
Schmoeller confeziona questo B-movie horror seminale per chi si cimenterà in seguito nel sottogenere legato alla pediofobia: è evidente come pellicole più recenti e di successo come La casa dei 1000 corpi o Dead Silence ne abbiano colto la lezione e se ne siano cibate a piene mani. Horror puppet è un protoslasher nel cui soggetto vengono innestati ed assimilati gli elementi portanti dei più noti horror della sua epoca.

Shmoeller rifugge il mero splatter scegliendo di catturarci con immagini disturbanti e con la creazione di un’atmosfera delirante, mostrando di conoscere ed accettare i canoni del genere per poi giocare con essi e con le aspettative del pubblico. Imperfetto e confuso in alcuni passaggi, il film riesce a farsi apprezzare grazie alla ricca inventiva, alle musiche di Pino Donaggio, ad un Connors in gran forma e ad un valido colpo di scena finale.

Horror Puppet è però finito presto nel dimenticatoio: sicuramente manca della genialità perniciosa di Psycho o de La maschera di cera, dello spietato nichilismo di Non aprite quella porta, della sapienza estetica di Halloween; eppure meriterebbe perlomeno di essere ricordato come capostipite di un sottogenere.
Voto: 8

(Mauro Falchetti)



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