Kazzenstein

Victor era ormai fuori controllo, assumeva massicce quantità di laudano e lo si vedeva di notte nei cimiteri accompagnato da loschi e torvi manovali. Quando era da solo nel suo laboratorio non era mai in sé, sempre strafatto e allucinato all’ennesima potenza. Stava assemblando pezzi di cadavere, passatempo strano come direbbe qualcuno, ma ancora più strano era il fatto che all’essere umanoide cui stava dando forma il dottore aveva equipaggiato un fallo di proporzioni a dir poco fuori norma, quella mostruosità nera e asinina faceva contrasto col pallore del corpo dai toni cadaverici, la cucitura all’altezza del pube, inoltre, rendeva il membro equino ancora più inquietante. Il morto disseminato di punti di sutura, di statura imponente, se ne stava disteso sul tavolo anatomico da dissezione in una piovosa notte di novembre. Fuori imperversava la tempesta, i tuoni si schiantavano contro la grata in ferro del laboratorio come colpi di dissenso lanciati dal Creatore.
Il dottore iniettò nel cuore putrefatto di quell’orrore innominabile un siero di sua creazione, un misto di ormoni, steroidi e anfetamina di proporzioni blasfeme, capace di far crepare di infarto il tossico più scafato o il culturista più esagitato. Immediatamente il corpo del cadavere si gonfiò mosso da un tremito innaturale, la prima cosa che si issò, svettante e minacciosa verso il soffitto fu quell’enorme cazzo nero attorcigliato in vene turgide da palestrato dopato; poi gli occhi del mostro si aprirono, rossi e striati di nero come il diaspro.
Il colosso si alzò in piedi, maestoso, col membro puntato in avanti, duro come la roccia. Minaccioso in tutta la sua gigantesca statura avanzò verso il suo creatore, che allibito dall’orrore invece indietreggiava ad ogni passo del titanico cadavere riesumato.
La creatura parlò, non disse “padre” o “madre” né nulla del genere, le sue parole, aggressive e cavernose, esprimevano al tempo stesso un bisogno, un ordine e una minaccia:
- Kazzinzizzen - Egli disse avvicinandosi sempre più.
Victor non capiva, non ricordava bene dove avesse preso la testa e il cervello di quell’essere, in verità non sapeva neanche cosa cazzo intendesse fare con quel pupazzo di carne, non ci capiva molto in quel periodo di rincoglionimento drogato e letture necromantiche, poi ci si era messo pure il gas cadaverico emanato dalle tombe scoperchiate a fottergli il cervello del tutto.
- Io volere fottere -
Ecco adesso Victor aveva capito, aprì un baule e vi estrasse a fatica un cadavere, un bel cadavere di donna bionda dalle grosse tette, a parte il colorito giallastro era niente male, Victor estrasse la bambola di carne inerte dagli arti spenzolanti e inanimati dal baule facendole sbattere la testa molle sul pavimento.
- Ecco a te - disse sorridente il dottore alla sua angosciante creazione, omettendo il fatto che il cadavere era un po’ usato ed egli stesso ne aveva usufruito per tre giorni avendolo eletto a sua compagna. La solitudine è brutta anche per un luminare impazzito, ergo, la morta era già bella gonfia di sperma.
- Io volere fica viva, questa puzza -
Il mostro si stava incazzando, e quel fallo enorme non la smetteva di puntare contro Victor come una spada pronta a trafiggerlo.
- Tu dato me insaziabile fame di sesso e violenza, io non resistere -
Victor si portò una mano alla fronte in segno di disperazione.
- Iniziamo bene, già con i vizi, non ti ho neanche dato ancora un nome -
- Kazzinzizzen -
Questa volta questo tetro motto si espresse in un ruggito e il mostro colpì il dottore con un manrovescio brutale che lo catapultò contro la parete facendogli perdere i sensi. Intanto qualche scarafaggio fuoriusciva dalla vulva grigia della donna cadavere.
- Io volere fottere donna viva -
Il mostro, nudo, col fallo dritto come una sbarra, sfondò la grata e si lanciò senza pensarci due volte nel buio della notte striata dal blu dei terrifici lampi. Libera, immonda creatura in piena caccia.

*

Quando Victor rinvenne e si accorse che l’essere da lui creato (senza il minimo criterio logico tra l’altro) era scappato ed ora era libero e incustodito nelle strade, fu preso da forte panico e ansia. Allora si sparò dritto nella carotide un altro dei sieri fluorescenti di sua invenzione e si sentì subito meglio. Nessuna donna poteva sopravvivere a uno stupro della creatura, neanche la più slabbrata delle prostitute. D’un tratto il dottore ebbe un idea, iniettò lo stesso siero che aveva dato la vita alla creatura nel corpo della cadaveressa che giaceva sul pavimento. Lo stesso gonfiore scosse quelle membra morte, poi una nidiata abbondante di blatte scappò dalla vagina nella quale gli immondi insetti avevano fatto il nido, fu una veloce, disgustosa macchia nera e zampettante che si dissolse in ogni angolo del laboratorio.
La morta aprí gli occhi, lentamente si alzò in piedi, i seni grossi e grigiastri, le natiche statuarie d’un pallore mortifero, gli stessi occhi rossi di diaspro di suo fratello.
- Io volere fottere - Disse la bella risorta.
- Ecco, ci risiamo! - Pensò Victor e cominciò a denudarsi, visto che non trovava altra soluzione, e poi detto tra noi la morta, come ho già accennato, era veramente ben fatta.
Si accoppiarono, tutto andò bene durante i preliminari, una fellatio veemente, baci lussuriosi, succhi e risucchi da ambo le parti, la cadaveressa ci sapeva fare sul serio. Al momento della penetrazione però la morta si fermò, dopo qualche spinta convulsa provò a montare sopra, a cambiare orifizio schiaffeggiandosi l’ano col membro umido del dottore, ma niente, c’era qualcosa che non funzionava.
- Non andare bene così, io volere grande batacchio, io non sentire niente con tua piccola carotina! -
Che offesa, che smacco, rifiutato anche dalla morta!
Un lampo blu illuminò la stanza, seguito da un tuono che fece tremare le pareti, mentre Victor, nudo come un verme, si lasciava cadere afflitto, in ginocchio sul pavimento di pietra gotica.

*

Fortunatamente la creatura maschio tornò all’ovile, inseguita da un orda di contadini incazzati armati di forconi e fucili a doppietta, il mostro era riuscito a chiuderli fuori dal laboratorio.
Era tutto ricoperto di sangue, in paese aveva compiuto un evidente macello.
- Io preso giovane ragazza mentre dormiva, sventrato lei con mio grande bastone e sfondato anche letto, uscito molto sangue e lei morta, allora io provato con sua grassa madre culona, durato un po’ di più anche se lei paura dopo piaciuto e detto me ancora più spingere, ma appena spinto più a fondo fino a radice di mie palle gonfie sue budella scoppiate e uscito altro grande getto di sangue come fontana impazzita o tubo rotto, provato altre sei volte con donne di ogni taglia ed età, no bambine però, bambina non piace me, io tentato anche altri buchi, gole strozzate da mia enorme bestia, culi allargati a sangue, pance squarciate, tutte morte, io fatto strage, ora tutti morti, perché tu creato me così? Padre cattivo tu vuoi mio dolore, ora uomini arrabbiati con me, sparano e bruciano con fuoco, è colpa tua. -
La morta lo guardava estasiata, come se avesse visto l’amore della sua vita e forse così era.
- Lui, sì proprio lui, andare bene per me con grande clava nodosa, vieni gigante, vieni da me, io scoppio di voglia, entra dentro me con tuo enorme ariete! -
Il mostro non se lo fece ripetere, ignorò la sua tristezza e quei coglioni bifolchi di fuori. Si avvicinò alla bella cadaveressa con la bava alla bocca.
Fu un amplesso furioso, violento, senza precedenti, ogni posizione fu sperimentata, ogni appetito, anche il più sordido e inconfessabile fu saziato. Carne morta strisciava su carne morta, mani ruvide su seni e natiche grigi, salive verdi intrecciate e colanti, poi un urlo, un orgasmo disumano, si propagò in un onda sonora che pareva un’esplosione diabolica.
I contadini a quel suono scapparono senza guardarsi indietro, convinti che la porta dell’inferno si fosse appena spalancata liberando orde di demoni, invece quello non era altro che il grido d’estasi dei due mostri.
Victor intanto era già da tempo sgattaiolato dalla finestra senza essere visto, si allontanava, tutto nudo tranne che per il camice bianco, goffo e grottesco come un sorcio azzoppato, non aveva assolutamente intenzione di assumersi la responsabilità del casino che aveva combinato.

Davide Giannicolo

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