La creatura

Fu una mano, null’altro.
Roberto si sentì afferrato e qualcosa lo tirò nel buio: vide, allora, che si trattava di una persona spaventata, al pari di lui.
Dai vaghi contorni dipinti dalla luna, riconobbe il suo vicino di casa, con il quale egli non aveva mai parlato, ma che era uso passeggiare la notte tardi, consumando una sigaretta.
Costui, stava premuto contro il bordo del muretto che separava la strada dalla campagna, proprio ai margini del fiume, la cui acqua scorreva impetuosa.
Aveva piovuto tutta la giornata e sentiva la terra appiccicarsi sui pantaloni e il fango penetrargli nei calzini.
Avrebbe voluto protestare, dire qualcosa, ma una mano non meno viscida della terra, e tremante, gli serrò la bocca.
“Se parli... siamo morti!” disse il vicino, in un pianto sussurrato. E in quella voce distorta Roberto comprese tutta la gravità del momento, poiché un essere che non era di questo mondo avanzò strisciando al centro della piccola strada, ed un lontano latrato di cani gli fece accapponare la pelle.
Un essere la cui pelle, melmosa, sembrava della stessa natura del fango, oscenamente succube di una deformità che la notte, pietosamente, nascondeva.
“Avanza verso di noi...” disse il suo compagno, gli occhi sbarrati per lo spavento. “Dobbiamo rimanere immobili e sperare che passi senza notarci!”
“In nome di Dio... ma cos’è?” rispose Roberto, ormai tremante.
“E’ uscita dal fiume, ha strisciato sulla melma del canale e poi, lentamente, si è alzata in piedi! L’ho notata sul ponte, mentre tornavo indietro, è stato in quel momento che mi ha visto ed ha cominciato a seguirmi!”
“A seguirti?” Roberto rimase interdetto.
“Ma allora sa dove sei nascosto! Dobbiamo muoverci da qui!” e sussultò, aggrappandosi al cemento del muretto, per scattare in piedi.
“Cosa fai... pazzo!” biascicò il vicino, pallido come la luna.
Questo trambusto attirò l’attenzione della creatura che, al centro della strada, pareva essersi fermata. Sembrava che girasse l’enorme testa, respirando con un sibilo, ma poi continuò quel suo cammino strascicato, lasciando sull’asfalto una larga chiazza di acqua e fango.

Roberto fu spinto in giù, con più forza di prima, violentemente.
“Zitto!” sibilò l’uomo, rimanendo più rigido di un morto.
Roberto, allora, si rassegnò a stare accucciato ed, istintivamente, frugando con le dita tra il fango e l’erba, cercò una pietra con cui difendersi, invano.
La creatura, lentamente, si era portata presso il luogo dove i due uomini erano nascosti, talvolta accelerando i propri passi, talaltra rallentando e contorcendosi, come in preda ad uno spasimo.
Ora Roberto poté vederla meglio: aveva di sicuro una testa grossa, marrone come il resto del corpo, perfettamente tonda sulla sommità e adunca verso il collo, grondava melma e fango ma, per il resto, sembrava proprio avere due braccia e due gambe.
Udì solo pochi altri passi, poi, con un urlo soffocato, la cosa cadde proprio davanti ai due uomini.
“Scappa!” gridò urlando il vicino, e lo travolse con tutto il suo peso, cercando la direzione opposta a quella del misterioso essere.
Roberto, dal canto suo, annaspando, cercò anch’egli di seguire il fuggiasco, ma scivolò nella terra bagnata, picchiando il mento contro il cemento.
Fu allora che, la creatura, portò le due mani alla testa, e se la staccò di netto, suscitando l’orrore e le urla del sanguinante Roberto. Ma durò poco, perché un’altra voce, umana, rispose all’urlo a sua volta urlando e, con disperazione, disse:
“abbiate pietà, sono scivolato con la moto nel fiume... aiutatemi... aiutatemi, abbiate pietà!”

Pasquale Francia