L'urlo

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2007 - edizione 6

Il dottor Indovino aveva sempre cercato di scrutare nell’occulto e ora poteva dire di esservi penetrato. Intrappolato in un sentiero nebuloso, contemplava un lungo viale disperso nell’ignoto. Ramificazioni brulicanti di vermi gli accarezzavano il volto, sussurrandogli oscenità decifrabili solo da un orecchio arguto. Poi, un tuono divorò i suoni della selva e una pioggia vermiglia cadde dal cielo imperscrutabile. Le foglie frusciarono, i tronchi ondeggiarono, mentre un urlo disumano investì il dottore, scagliandolo in una pozza di sangue.
Di fronte a lui, due pupille fluorescenti fendettero la nebbia. Non trapelava nessun altro dettaglio, se non un intenso odore di putrefazione. Indovino sentì scricchiolare il tappeto di ramoscelli che si distendevano sotto i suoi occhi, mentre delle lingue di fumo, accompagnate da dei rantoli, danzarono nel buio. Qualcosa emerse lentamente dal grigiore: erano due zanne scintillanti, seguite da una sagoma capace di sovvertire la ragione del più razionale degli uomini. Fu un breve squarcio nell’irreale, poi le tenebre avvolsero la bestia in un valzer di inquietanti uggiolii, mentre il volto del dottore si contrasse in un’ultima espressione: un’espressione di puro terrore.

Non molto lontano, tre uomini rovistavano all’interno di un appartamento.
- Maresciallo -, urlò uno di loro, - venga a vedere.
C’era un quadro appeso a una parete e su di esso era raffigurato un volto distorto, come l’immagine di un uomo urlante riflessa su uno specchio d’acqua.
- Un dipinto sinistro direi -, sussurrò il militare, - ma che c’entra con la scomparsa del ricercato?
- Non so -, rispose il giovane, - ma posso garantirle che il soggetto dell’opera era un altro, si trattava di...
Un latrato risuonò nella casa, frustando vetri e lampadari. I tre ancora non potevano sapere, ma un qualcosa di mostruoso, finalmente libero di muoversi nella realtà, li stava osservando, squadrandoli con pupille fluorescenti...

Matteo Mancini